
Scritta nel 2014
“La mia rinuncia perfettamente valida”: la lettera inedita di Benedetto XVI analizzata dall’autore del Codice Ratzinger: “Conferma la sede impedita”
Una lettera che doveva chiudere il caso sulla rinuncia di Ratzinger riapre invece clamorosamente il caso, con Andrea Cionci, autore del Codice Ratzinger, convinto invece che sia la prova della sede impedita.
Ma partiamo dalla notizia del giorno e cioè la pubblicazione odierna di una missiva finora ignota ai fedeli, firmata da Papa Benedetto XVI, morto il 31 dicembre 2022, nell’estate di undici anni fa. “Dire che nella mia rinuncia avrei lasciato ‘solo l’esercizio del ministero e non anche il munus‘ è contrario alla chiara dottrina dogmatica-canonica (…) Se alcuni giornalisti parlano ‘di scisma strisciante’ non meritano nessuna attenzione”. Così scriveva il Papa emerito Benedetto XVI in una lettera del 21 agosto 2014 a monsignor Nicola Bux, che lo aveva interpellato a proposito dei dubbi e perplessità che avevano accompagnato la sua rinuncia al pontificato l’anno precedente.
Il testo di questo documento viene pubblicato per la prima volta come appendice al libro “Realtà e Utopia nella Chiesa” scritto dallo stesso Nicola Bux con Vito Palmiotti per i “Libri della Bussola”. Lo annuncia lo stesso portale ‘La nuova bussola quotidiana’. Benedetto XVI, rispondendo alle obiezioni presentategli, giudica “pienamente” valida la rinuncia di un Papa e “fondato” il parallelismo “tra il Vescovo diocesano e il Vescovo di Roma in riferimento alla questione della rinuncia”. Inoltre difende il diritto di un Pontefice a parlare e scrivere al di fuori “dell’ufficio di Papa”, come ha fatto lui stesso continuando durante il pontificato a scrivere libri, come ad esempio i volumi dedicati a Gesù, che considera “una missione del Signore”.
Nel libro la copia fotostatica della lettera è presentata insieme al testo della lettera che gli aveva inviato monsignor Nicola Bux, in cui sono raccolte alcune obiezioni alla rinuncia e al relativo rischio di “desacralizzazione” del papato; e in conclusione ci sono anche alcune valutazioni critiche sulle risposte offerte dal Papa emerito.
La tesi di Andrea Cionci, autore del Codice Ratzinger
Il 12 aprile scorso, il giornalista Andrea Cionci, autore dell’inchiesta “Codice Ratzinger” sulle dimissioni di Benedetto XVI, è stato ascoltato – come testimone – per circa quattro ore dal promotore di giustizia dello Stato della Città del Vaticano. Nel giugno 2024, l’autore, già collaboratore del quotidiano Libero, aveva depositato presso il Tribunale vaticano un’istanza in 100 pagine sulla “Nullità dell’abdicazione di Benedetto XVI”.
Nel febbraio 2025, la prima istanza è stata corredata da un’integrazione aggiuntiva con le nuove acquisizioni sulla Declaratio di “dimissioni” di papa Benedetto. In cinque anni di lavoro, producendo oltre 1.200 articoli, 1.600 podcast, 170 conferenze, Cionci ha documentato come a suo avviso papa Ratzinger non avesse mai abdicato, ma come la sua Declaratio, manipolata da ignoti nell’originale latino e nelle traduzioni in lingua straniera per essere offerta pubblicamente come abdicazione, fosse in realtà una “declaratoria di decisio” con cui il Papa annunciava la sua prossima sede impedita e l’usurpazione del Papato da parte di un “manipolo di cardinali” autori di un “misfatto”.
In queste ore, lo stesso Cionci sostiene che la lettera inedita di Ratzinger collima perfettamente con la sua tesi. Lo spiega in questo video pubblicato sul suo canale Youtube.
Monsignor Nicola Bux e il carteggio con Benedetto XVI
Come scrive la Bussola quotidiano, la lettera inedita di Ratzinger si inserisce in un breve studio molto utile a capire quanto è accaduto nella Chiesa in questi decenni e a comprendere le dinamiche attuali. Benedetto XVI è anche tra i protagonisti del libro, di cui il carteggio con monsignor Nicola Bux è appunto un’appendice. Si tratta di un’analisi originale della crisi di fede che attraversa la Chiesa, mettendo a confronto il sano realismo di Giovanni Paolo II e appunto di papa Ratzinger («Il principio di realtà fatto persona», si intitola il capitolo a lui dedicato) con l’utopismo di papa Francesco e di quello che è definito un suo “precursore”: monsignor Tonino Bello, che tanta influenza continua ad esercitare nella Chiesa italiana e la cui figura è stata esaltata proprio da papa Bergoglio.
L’utopia è infatti una tentazione che affligge la Chiesa dal periodo post-conciliare e ha ripreso vigore con il pontificato di papa Francesco dopo che l’insegnamento e l’azione pastorale di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI erano state centrate sulle parole dell’Apostolo: «La realtà invece è Cristo». Gli autori imputano invece evidenti deviazioni dottrinali nel pontificato di Bergoglio, dall’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia all’enciclica Fratelli tutti, in cui Cristo non è più fondamento né del matrimonio né della fratellanza umana.