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Ponte sullo Stretto, la bellezza contro la casta dei “mummificatori”. Rivedere “Rosso Istanbul” di Ozpetek per credere

Dalla parte dei "pontisti"

Ponte sullo Stretto, la bellezza contro la casta dei “mummificatori”. Rivedere “Rosso Istanbul” di Ozpetek per credere

Politica - di Carmelo Briguglio - 13 Agosto 2025 alle 15:07

“Ho imparato che è meglio una scia bruciante, anche se lascia una cicatrice: meglio l’incendio che un cuore d’inverno”. (Ferzan Ozpetek). All’attuale dibattito sul Ponte sullo Stretto di Messina – Giorgia Meloni lo ribattezza come “Ponte degli italiani –  partecipo da convinto “pontista”. Da sempre. E sono molto contento che ci sia discussione, anche accesa, con opinioni fieramente contrapposte. Nell’Italia della destra a Palazzo Chigi, accade. Lo si faccia sempre nella legalità e, ove possibile, con un grano di ragionevolezza che sappia morigerare le passioni.

Il “modello turco” dei ponti sul Bosforo

In questa occasione voglio prendere la questione da un lato meno osservato. Sono stato ad Istanbul un po’ di anni fa, per una riunione istituzionale a livello internazionale, con la supervisione dell’Ambasciata d’Italia. In quell’occasione sono stato sul Bosforo, ho pranzato in battello sotto uno dei ponti sopraelevati che collega le due sponde. Inutile dire che Istanbul è stupenda, nelle sue contraddizioni e nei suoi colori, porta vera d’Oriente, in cui si mischiano i jeans e le shirt multicolori dei giovani con tanta voglia di Occidente al canto-preghiera dei muezzin che danno voce alle viscere asiatiche e islamiche della città. Spero di tornarci molto presto. E spero che la Turchia mantenga sempre le sue due nature, occidentale e orientale. Con un cammino deciso verso lo Stato di diritto e una laicità positiva che non offenda il sentimento religioso. Quell’atmosfera, magica del Bosforo, l’ho di nuovo respirata con gli occhi e la mente, rivedendo il film di Ferzan Ozpetek, “Rosso Istanbul”.

La Bellezza del Ponte di “Rosso Istanbul”

Non so se vi è capitato di vederlo. Ozpetek, com’è noto, è un regista turco ma naturalizzato italiano; ha studiato e fatto carriera qui da noi. È molto apprezzato e ha ricevuto premi e riconoscimenti importanti. È anche uno scrittore apprezzato: il film è tratto dal suo libro omonimo, edito da Mondadori. Avevo visto di lui “Cuore Sacro”, che mi aveva particolarmente impressionato. E ho visto, di recente, “Diamanti” che ho apprezzato. Ma questo può non interessarvi. Come, in questa sede, non mi importa soffermarmi sul fatto che la Turchia abbia costruito sul Bosforo, da tanti anni, ben tre ponti e un tunnel sottomarino che uniscono Europa ed Asia.

Ciò che invece desidero evidenziare – sollecitato nella riflessione dalle immagini del film – è che può esserci una Bellezza del Ponte. Le scene, i sentimenti, i conflitti, le parole, i cibi, gli sguardi che il regista ha messo su schermo si svolgono per buona parte in questa villa con il Ponte che sembra un nume tutelare dell’amore che il regista ha voluto consegnare allo sguardo e all’anima degli spettatori. Le inquadrature ci offrono, un Ponte sempre presente, giorno e notte: fa parte del film, ne esalta la forza estetica, i colori, il rosso dominante che dà il titolo al film e al romanzo. È la faccia visibile di una contemporaneità mitica che, attraverso la sua infanzia, Ozpetek ha voluto narrare. Ora, questa idea – contro cui lottano elites ambientaliste e politiche, a sinistra e onestamente un tempo – oggi mi sembra molto meno – anche alcuni ambienti minoritari di destra, secondo la quale il Ponte ucciderebbe la Bellezza dello Stretto, mi pare semplicemente un pregiudizio ideologico. O anche una opzione di mera conservazione dell’esistente.

 Nessuna ferita alla Bellezza

Tanto più efficace quanto più viene messo in un cocktail micidiale di banalità politicamente corrette. Quali il pericolo d’infiltrazione della mafia: possibile in qualunque opera e prevenibile con gli strumenti che lo Stato ha in campo, ad iniziare da Antimafia e Anticorruzione, oltre che magistratura e forze dell’ordine sul territorio. O il terrorismo sismico: anche il Bosforo è area soggetta a terremoti. Il che non ha impedito la costruzione dei manufatti, anche con la partecipazione di primarie imprese italiane. Né i turchi, né i milioni di turisti che li percorrono o vedono, sembrano percepire i collegamenti stabili come una ferita alla Bellezza, alla Natura, all’Ambiente o ancor meno alla Cultura.

Anzi, viene proprio da un errore di cultura, la visione che lasciare le cose come stanno sia l’unico modo per tutelare e promuovere i beni pubblici. In fondo è la stessa tesi dei soprintendenti ultrà, dei “conservatori” tout court, di certi burocrati che gestiscono i nostri beni culturali e ambientali: la casta dei Mummificatori; i quali poi dimenticano che l’Arte è un “facere”. Dalle Piramidi, al Colosseo, ai Teatri antichi, ai Musei. Alla Pietà di Michelangelo. Ad Amore e Psiche del Canova. E ai milioni di beni artistici, monumentali, architettonici, nel mondo, importanti o “periferici”: che nascono da una trasformazione dell’esistente. Altrimenti avremmo avuto solo lande deserte, nature “morte”, lastre di marmo immote, tele grezze. Certo, insieme a deserti, cascate, canyon, foreste. Che nessuno si sogna di violare. Ma, cambiare la vita a bambini insonnoliti in braccia alle madri, a vecchi con la valigia in mano che, a mezzanotte, d’estate o d’inverno, aspettano in riva allo Stretto i moderni “ferry boat” delle Ferrovie dello Stato o dei traghettatori privati, questo sì.

Per non parlare dei lavoratori pendolari che attraversano ogni giorno il tratto di mare tra le due sponde. Vale la pena creare per cambiare. Ricercare una dimensione dell’Estetica dentro la modernità. “In un mondo nel quale ci sono solo guerre, lo ha detto papa Francesco, noi dobbiamo costruire ponti, non muri. Quello è il ponte di Reggio e Messina, non è il muro di Reggio e Messina. Unisce, non divide”, sostiene Massimiliano Fuksas. É così. Spes  contra spem. 

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di Carmelo Briguglio - 13 Agosto 2025