
Non c'è diplomazia che tenga
Israele dà il via all’invasione di Gaza City, cos’è il progetto E1: il piano che taglia in due la Cisgiordania
Offensiva militare e colonie: Bibi non scende a compromessi sugli ostaggi nella Striscia e dà il via libera a oltre 3.400 unità abitative in una fascia di 12 chilometri quadrati, che taglierà in due la West Bank, isolando Ramallah da Betlemme
La guerra a Gaza e la questione degli insediamenti in Cisgiordania viaggiano oggi sullo stesso binario, con un unico protagonista: Benjamin Netanyahu. Ieri, il premier israeliano ha annunciato di aver ordinato all’Idf di «accorciare i tempi per la conquista delle ultime roccaforti terroristiche e per la sconfitta di Hamas». Un segnale chiaro dell’imminente assalto contro Hamas, preludio a uno degli snodi più duri del conflitto esploso con l’attacco del 7 ottobre 2023.
La stretta su Gaza e il nodo degli ostaggi
Nella notte, il portavoce militare Effie Defrin ha confermato che le forze israeliane «hanno iniziato le operazioni preliminari e le prime fasi dell’attacco a Gaza City e le nostre forze già controllano la periferia della città». Il movimento arriva mentre Egitto e Qatar insistono perché Gerusalemme risponda alla proposta di tregua accettata da Hamas, che prevede il rilascio di 10 ostaggi vivi e di 18 corpi in cambio di una sospensione dei combattimenti per 60 giorni.
Le milizie, in un comunicato diffuso su Telegram, hanno accusato Netanyahu di voler «ostacolare l’accordo per il cessate il fuoco» leggendo nell’offensiva israeliana un «palese disprezzo» per gli sforzi dei mediatori arabi. Tel Aviv ribatte che la priorità resta «riportare tutti gli ostaggi a casa»: sono ancora cinquanta, tra vivi e morti, intrappolati nei cunicoli di Gaza. Il governo dello Stato ebraico lo aveva già ribadito, e di fronte al diniego richiama in servizio 60.000 riservisti. La scelta militare ha ormai avuto il sopravvento. Non c’è diplomazia che tenga.
Cos’è l’insediamento E1
Sul fronte politico interno, la decisione destinata a incidere a lungo è l’approvazione del piano E1, il progetto di colonizzazione più controverso della Cisgiordania. Dopo vent’anni di congelamento, l’Alta commissione di pianificazione ha dato il via libera a oltre 3.400 unità abitative tra Gerusalemme Est e Ma’ale Adumim. Una fascia di 12 chilometri quadrati che, se costruita, taglierà in due la West Bank, isolando Ramallah da Betlemme.
L’E1, formalmente “Piano regolatore 420/4”, fu concepito nel 1999 per trasformare in area residenziale e commerciale circa 1.200 ettari di terre dichiarate statali. Non prevede solo case, ma strade, alberghi, zone turistiche e persino la sede della polizia israeliana, già completata nel 2008. Per i critici, si tratta di un disegno non urbanistico ma geopolitico: impedire la continuità territoriale di un futuro Stato palestinese.
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha rivendicato la scelta senza mezzi termini: «Ogni insediamento, ogni quartiere, ogni unità abitativa è un altro chiodo nella bara di questa idea pericolosa».
Reazioni e condanne
La comunità internazionale ha reagito. L’Alta rappresentante dell’Ue Kaja Kallas ha denunciato che la decisione «indebolisce ulteriormente la soluzione dei due Stati». Antonio Tajani ha definito l’ok al progetto «inaccettabile, contrario al diritto internazionale». Londra e Berlino hanno chiesto a Israele di fermarsi, mentre la Giordania ha parlato persino di «misure illegali che continuano a uccidere ogni prospettiva di pace».
Ramallah accusa Israele di voler trasformare la Cisgiordania in «una prigione a cielo aperto», dove città e villaggi palestinesi diventano cantoni isolati collegati solo da checkpoint e circondati da colonie.
Tra guerra e colonie
L’approvazione dell’E1 e l’imminente offensiva nella Striscia non sono episodi isolati, ma parti di una strategia più ampia dell’attuale coalizione di governo. Netanyahu, stretto tra le pressioni degli alleati oltranzisti e la perdita di consenso tra i giovani in Occidente — «Se mi dite che c’è del lavoro da fare sulla generazione Z e in tutto l’Occidente, sì», ha ammesso in un’intervista al podcast Triggernometry — sembra aver scelto la strada della forza.