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Ermal Meta, quell’inferno comunista vissuto in Albania tra spie in casa e terrore: “Ci arrestavano se guardavi la tv”

"Accadevano cose incredibili"

Ermal Meta, quell’inferno comunista vissuto in Albania tra spie in casa e terrore: “Ci arrestavano se guardavi la tv”

Il cantante di origine albanese, vincitore di un Sanremo nel 2018, racconta al Giornale l'infanzia terribile durante il regime di Henver Hoxha, uno dei più oppressivi. "Quando arrivai in Italia mi colpirono le luci di notte. Non ero abituato"

Politica - di Redazione - 23 Agosto 2025 alle 15:47

Le incredibili sofferenze durante il regime comunista albanese di Enver Hoxha, l’arrivo in Italia, la vittoria al Festival di  Sanremo nel 2018 e poi i libri. Ermal Meta si è esibito a Ravenna e Bormio nell’ambito della Milanesiana, la rassegna ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi. Ha parlato del suo nuovo romanzo, Le camelie invernali, (La nave di Teseo) e in queste occasioni ha avuto vari colloqui con Alessandro Gnocchi del Giornale che oggi dedica una bella pagina al cantante di origine albanese e dal vissuto complesso.

Ermal Meta: “Costretti ad avere la foto sulla tomba di Hoxa”

Una storia da Ermal Meta raccontata anche in altre occasioni ma che vale la pena rammentare perché offre uno squarcio di storia da non dimenticare. Ha vissuto fino ai tredici anni nell’ Albania comunista e ricorda con dovizia di particolari il giorno in cui morì il dittatore, Enver Hoxa. “Avevo 4 anni, era il 1985. Piangevano tutti. Era un paese in lacrime, eppure tragicomico. I fedeli al regime venivano a controllare, a casa tua, se avevi la foto scattata vicino alla tomba di Hoxha. Anche i più poveracci – lo eravamo tutti all’epoca ma c’erano quelli che lo erano più degli altri – dovevano recarsi alla tomba. E farsi una foto col pugno chiuso alzato”.

“Accadevano cose incredibili”

Il suo ricordo del dittatore rosso è sconvolgente: “Il dittatore, che possa riposare all’inferno, ha lasciato ferite ancora visibili. Tutti in Albania avevano paura di tutto- racconta al Giornale– . Accadevano cose incredibili. Il dittatore parlava dell’Albania roccaforte del leninismo sulle sponde dell’Adriatico. Tutti ci volevano invadere e, per convincerci, ha disseminato l’Albania di bunker. E le strade? Non c’erano strade dritte – ricorda Ermal Meta-  neppure quelle in pianura. Dopo due o trecento metri arrivava una curva. La propaganda diceva che non dovevamo permettere agli aerei nemici di atterrare”.

Il racconto al “Giornale”

Una vita di restrizioni, di controlli. “Non si poteva ascoltare la musica straniera. Era facile prendere Raiuno dalle città di mare. Ma tutti quelli che venivano beccati a guardare la tv straniera e ad ascoltare alla radio canzoni italiane venivano arrestati. Le canzoni di Sanremo le conoscevano tutti: quella era l’unica settimana dell’anno in cui persino le spie del quartiere, perché ogni quartiere aveva le sue spie, guardavano Raiuno. Tutti conoscevano i brani ma nessuno poteva cantarli”.

“Buttammo la statua di Hoxa nel fiume”

Nel 1991 terminò la dittatura rossa. “Ricordo le ambasciate straniere a Tirana. Erano state occupate da giovani desiderosi di partire e andare in Germania, Francia, Italia…”.  “Nel frattempo, la folla aveva preso la statua simbolo del dittatore, a Tirana, e l’ha buttata giù; e lo stesso è stato fatto con le statue del dittatore di tutte le altre città. Nella mia, la statua è stata buttata nel fiume. E tutti dovevano passare a lanciargli una pietra: la lanciai anch’io ma lo mancai”. Ricordi vivi di un allora tredicenne. Poi l’arrivo in Italia nel 1994 e una nota che la dice lunga: fu il passaggio dal buio alla luce, la prima cosa che lo ha colpito: “C’erano tante luci di notte, non ero abituato”.

Per la comprensione e l’uso dell’Italiano Ermal Meta ringrazia due maestri. “Capivo l’italiano della televisione. Ho imparato bene l’italiano con Antonello Venditti e Maurizio Costanzo. Quando ho conosciuto Antonello Venditti gli ho detto: maestro!

 

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di Redazione - 23 Agosto 2025