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Roberto Occhiuto

Al voto il 5 e 6 ottobre

Elezioni della Regione Calabria: storta per diritta? L’analisi di una regione complessa

I calabresi chiamati di nuovo alle urne. Occhiuto ha dimostrato comunque coraggio e volontà di impegno ma i partiti devono fare uno scatto di orgoglio

Politica - di Ulderico Nisticò - 17 Agosto 2025 alle 07:00

Non mi attardo ad analizzare le dinamiche per cui si è giunti alle dimissioni del presidente Roberto Occhiuto (il 4 agosto formalizzate), quindi allo scioglimento del Consiglio, e a nuove elezioni il 5 e 6 ottobre. Salto tutti i passaggi, e, dopo un rapido sunto di storia… ops, di cronaca dell’ente, vengo alle elezioni, quindi al futuro.
Dal 1970, la sequela dellaRegione Calabria annovera i seguenti presidenti, quindi maggioranze: A. Guarasci, A. Ferrara, P. Perugini, A. Ferrara di nuovo, B. Dominijanni, F. Principe, R. Olivo, G., Rhodio, D. Veraldi, L. Meduri, A. Loiero, M. Oliverio e A. Viscomi di centrosinistra; e G. Nisticò, G. B. Caligiuri, G. Chiaravalloti, G. Scopelliti e Stasi, Santelli e Spirlì di centro(destra).

Di destra ce ne è stata poca

Scrivo così, perché di destra ce ne fu poca. Vagano per la Calabria persino degli ammiratori di qualcuno dei suddetti, ma a spegnere gli entusiasmi basta l’informazione che, statistica alla mano, la mia Calabria è l’ultima d’Europa, salvo la Guiana francese, posto sperduto dell’America Latina. Di tale pessima posizione calabrese, la Regione è responsabile in grandissima parte; e intendo per Regione sia la politica sia la pletorica e inetta amministrazione. La colpa più grave, dal 1970, non aver speso le valanghe di soldi stanziati dallo Stato italiano e dall’Europa. Speso in qualsiasi modo, e avrei preferito li avessero sperperati in coriandoli di Carnevale, piuttosto che rimandarli vergini indietro, come quasi sempre hanno fatto.

Occhiuto ha mostrato coraggio

Occhiuto, però, ci ha provato; e nessuno lo può accusare di inerzia e di aver trascorso il tempo in tagli di nastri di capannoni di cemento… con dentro il niente e l’eco: uno spettacolo endemico nelle Calabrie, su cui sono state scarse o nulle le indagini. Ha provato a spendere, Occhiuto, probabilmente trovando ostacoli proprio nei pigri passacarte; come commissario, ha messo mano al bubbone purulento della sanità: la calabra sanità in cui la politica ha corrotto la medicina, ma subito dopo la medicina ha corrotto la politica. Rispetto a tutti gli altri, Occhiuto può esserci riuscito o meno, però ha mostrato coraggio di decisione: quella capacità di decisione di cui la storia calabrese è purtroppo debolissima nei secoli. E ora?

I partiti in Calabria sono solo organigrammi

Nemmeno entro nelle discussioni dei partiti, anche perché i partiti in Calabria sono solo organigrammi, e non se ne vedono iscritti con sedi o congressi e riunioni. Gli organigrammi candideranno se medesimi, forse con qualche sporadica novità. E neanche ciò mi turba. Sotto l’ombrellone agostano, non sto nemmeno sentendo parlare delle elezioni. La stampa locale ne fa una paginetta q.b. come il sale nelle ricette; mute sono le università; tacciono gli intellettualoni, impegnati a vincere premi letterari estivi e cittadinanze onorarie di qualsiasi casolare.
La gente voterà. E attenti che la Calabria patisce un fenomeno strano, generato, decenni fa, da un raptus di patriottismo dalle pessime conseguenze: si contano trecentomila (300.000!) elettori fantasmi, abitanti a migliaia di chilometri e discendenti da qualche emigrato di molte generazioni fa; e accade che in un certo paese che non nomino perché è il mio di origine, ci siano 3.400 elettori… e 1.750 abitanti, pargoli inclusi. Fatta questa tara, la media calabrese delle urne è ufficialmente il 45%, ma non è vero: è il 60% come altrove. Lagente voterà, e non perché corrotta o costretta o minacciata o abbindolata con promesse; voterà come si vota nelle elezioni di massa, per simpatia o antipatia e parentela e appartenenza a qualche consorteria e amicizia. E non esiste una praticabile alternativa alle liste di partito. Ripeto: tutti muti.

Un piccola ventata di utopia è possibile?

Mi piacerebbe invece una piccola ventata di utopia, o sperare, come diciamo proprio in Calabria, che il 5 ottobre vada “storta per diritta”; o, se vi spaccio la solita inutile ostentazione di cultura classica, “una salusvictis, nullam sperare salutem”, ovvero, siccome la malattia è grave, curarla non con i pannicelli e i suffumigi, bensì con rimedi drastici e salutari. Utopia, perché le liste si presenteranno tra una ventina di giorni, e non c’è certo tempo per riflettere nemmeno sui temi.
Ora facciamo finta che qualcuno decida di intervenire sui programmi, e che da qui alle urne si discuta seriamente di:- agricoltura e allevamento, sapientemente coniugando tradizione e modernità; – cultura, possibilmente non lacrimevole, aggobbita, pesante e noiosa; – immagine della Calabria, gravemente compromessa dai piagnoni dalle laute retribuzioni o da vanagloria; – mafia, da considerare non un retorico esercizio sociologico, ma in quanto delinquenza organizzata e quindi organizzandone l’estinzione con mezzi drastici; – professionalità, una qualità urgente in una terra zeppa di dilettanti di genio e quasi deserta di tecnici; – responsabilità, cioè far pagare in solido l’incapacità politica e lavorativa; – storia regionale, ricchissima ma quasi sconosciuta ai più; – strade, ponte incluso, partendo da una nozione poco nota, che la Calabria ha la più lunga rete viaria d’Italia, solo che è di molti decenni fa, e spessissimo di origine clientelare, poi in abbandono; – turismo, per errore collettivo, o volutamente, ridotto a balneazione di un mese scarso; – varie ed eventuali.

Chissà cosa ascolteremo in campagna elettorale

Chissà se in questi velocissimi giorni, da oggi a ottobre, sentirò parlare di questi temi, possibilmente senza alate fantasie palingenetiche e ricerca di colpevoli, colpevoli qualsiasi purché siano “altri”, bensì stando con i piedi per terra? E non dico solo dai candidati, dico da quella che dovrebbe essere la pubblica opinione: rettori, professori, ecclesiastici, scrittori, scienziati, giornalisti, sociologi, antropologi, economisti, poeti, filosofi; e la gente.
Ci aggiorniamo da qui a un mese e mezzo.

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di Ulderico Nisticò - 17 Agosto 2025