
La guerra alle infrastrutture
Dai “No tv”, passando per i “No Tav” fino ai “No Ponte”: comunisti e progressisti contro le grandi opere italiane
Le grandi opere italiane sono state spesso osteggiate dai comunisti e dai progressisti contemporanei, . Oggi è il caso del Ponte sullo stretto di Messina, ma già a partire dagli anni ’60 e ’70, il Pci si era schierato contro l’introduzione della televisione a colori nel Belpaese per questioni meramente ideologiche. Nel 1974 alcuni esponenti del partito decisero di riunirsi nella frazione di Frattocchie, su via Appia nuova, per ribadire il proprio dissenso contro le trasmissioni a colori perché questa scelta avrebbe accentuato le disuguaglianze sociali. Come se i colori fossero una delle principali cause della povertà diffusa in Italia: una menzogna, ma all’epoca qualcuno ci credeva.
Anche la Cgil fece eco al Partito comunista, affermando che “l’adozione della televisione a colori si muoveva in senso del tutto opposto alle esigenze del nostro Paese”. Forse un mondo grigio, arretrato e privo di stimoli era l’obiettivo che i progenitori della sinistra avrebbero voluto ultimare per i propri fini politici, o magari avevano bisogno di un altro “mulino a vento” contro cui lottare.
Progressisti e comunisti contro le grandi opere: L’Unità osteggiava l’autostrada del sole
Ancor prima che qualcuno iniziasse a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina, gli antiquati comunisti degli anni ’60 avevano già trovato un altro nemico a cui dare la colpa sullo spreco delle finanze italiane. Si trattava dell’ormai realizzata Autostrada del sole, nota come A1, che consente il collegamento tra Roma e Napoli. Ebbene, la grande opera fu portata a termine nel 1964 sotto la presidenza del Consiglio di Aldo Moro, ma “L’Unità”, che all’epoca era l’organo d’informazione del Pci, si era già affrettata a definirla tropo costosa, costruita per un mero interesse capitalista che aveva a che vedere con il settore dell’automotive e un possibile luogo di incidenti stradali catastrofici. Una contestazione nel segno dell’Apocalisse, che mirava a sabotare un disegno di semplificazione nei trasporti con un diniego primitivo.
La Tav e le battaglie della sinistra assieme ai 5 stelle per il blocco dei lavori
La linea del treno ad alta velocità, nota come Tav, è un progetto nato per consentire il collegamento ferroviario tra Torino e Lione. Il suo tracciato passa attraverso il Canavese e la Val di Susa e questo, specialmente tra le file dei centri sociali è inammissibile. Per anni si sono ripetuti scontri nei pressi dei siti della costruzione tra i cosiddetti gruppi “No Tav” e la Polizia: lo scopo dei contestatori era quello di sabotare il disegno dell’infrastruttura italiana perché il suo impatto ambientale sarebbe stato negativo.
Ancora oggi i No Tav combattono contro le linee ferroviarie, lo fanno con la violenza nei confronti delle forze dell’ordine e causando disagi persino nelle autostrade, nel silenzio delle opposizioni progressiste che si preoccupano più del dl Sicurezza che del caos generato dai facinorosi. Con la scusa dell’inquinamento ambientale c’è chi pretende di annientare le grandi opere. Bisognerebbe preoccuparsi piuttosto di un Paese come la Cina, che si è classificato primo nella classifica tra gli emettitori di Co2.
I No Ponte sullo Stretto: sinistre all’attacco del buonsenso
Dopo il via libera del Cipess al progetto del Ponte sullo stretto di Messina, il Pd si è affrettato a parlare di una “giornata triste” e di uno “spreco enorme dei fondi” a disposizione del governo italiano. Un anno fa Angelo Bonelli, leader dei verdi, in un intervento a La7 pensava che le risorse dovessero essere concentrate altrove: purtroppo per lui, non è stato così. Collegare un’isola che fa parte dell’Italia con il resto del territorio, riducendo le distanze tra la popolazione dovrebbe essere un’idea tutt’altro che divisiva. Ma d’altronde si sa, la sinistra ragiona soltanto col quorum dei referendum.
Inoltre, nel 1998 l’allora sottosegretario ai trasporti Giuseppe Soriero, già attivo nel Pci, Ds e Pd, scrisse un editoriale su La Repubblica che dimostrava la sua convinzione positiva nella costruzione del Ponte sullo stretto. L’articolo si intitolava “Perché quel ponte si deve fare”, visto che l’esponente di sinistra era convinto che “possiamo superare la discussione sul ‘sì’ e sul ‘no’, per approfondire quella sul come e quando”. Insomma, qualcuno è stato anche intellettualmente onesto, ma oggi le opposizioni progressiste hanno scelto di voltarsi dall’altra parte e di attaccare la destra su tutto, senza collaborare attivamente alle infrastrutture. Sembra che i progressisti abbiano scelto di portare avanti la missione di sabotaggio che prima di loro hanno intrapreso i comunisti italiani.