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Cesare Pavese

L'anniversario

Cesare Pavese, a 75 anni dalla morte. Il gigante della letteratura e quel bigliettino d’addio: “Non fate troppi pettegolezzi…”

Il 27 agosto del 1950 lo scrittore piemontese si tolse la vita in un albergo di Torino. Le sue opere rimangono una pietra miliare della nostra letteratura

Cultura - di Sandra Fabiani - 28 Agosto 2025 alle 09:20

Cesare Pavese 75 anni fa pose fine alla sua vita. Lasciando un biglietto indimenticabile e il rimpianto di avere perso troppo presto uno scrittore e un poeta tra i più grandi del nostro Novecento.

Una vita contro e la timidezza dei grandi

Nato il 1908 a Santo Stefano Belbo, un paesino del cuneese, Cesare Pavese visse un’infanzia poco felice, segnata dalla morte di due fratelli e del padre, avvenuta quando aveva solo cinque anni. Fatti che segnarono la sua personalità mite, timida, introversa.

Dopo gli studi iniziò ad occuparsi subito di letteratura e di poesia. Iniziò a tradurre opere americane. Moby Dick, di Herman Melville fu il suo primo lavoro. L’interesse per la letteratura statunitense lo portò a interessarsi dell’Antologia di Spoon River. E nel frattempo scrisse la sua prima poesia della raccolta ‘Lavorare stanca’, che ebbe già un discreto successo.

L’arresto e l’esilio in Calabria

Arrestato per attività antifascista, il 1935 viene mandato in esilio in Calabria, a Brancaleone. Qui, in un paesino sperduto e isolato, trascorre le sue giornate, “in solitudine e con una grande noia”. Frequenta la civiltà rurale di una regione che rappresenta l’estremità della latitudine mentale e geografica del suo pensiero ma che imparerà ad amare. Rimarrà un anno iniziando a scrivere “Il Mestiere di vivere“, una delle sue opere più apprezzate.

Il mestiere di vivere

Iniziato a Brancaleone, “Il Mestiere di vivere” rappresenta una forma di autobiografia maestosa. Pavese lo paragona allo Zibaldone leopardiano. Un diario che rimarrà costante fino alla fine della sua vita e che segnerà il passaggio alla prosa.

In quel momento inizia una relazione con la giovanissima Fernanda Pivano. E prepara una produzione letteraria che nel dopoguerra vedrà alla luce altri capolavori.

Feria d’agosto e il pensiero leopardiano

Il 1947 Pavese pubblica “Feria d’agosto”. Un romanzo intrecciato di ricordi infantili ed estivi che si riallacciano alla futilità del presente. Qui, ancora meglio che nel “Mestiere di vivere“, si ricollega a Leopardi nella rielaborazione del passato come consolazione del presente.

Il rapporto con Einaudi

Cesare diventa la punta di diamante della casa editrice di Giulio Einaudi. Ne rafforza la sede romana, collabora con l’antropologo Ernesto De Martino, scopre Carl Gustav Jung. Ma continua a scrivere libri. Fino a quando non incontra Constance Dowling, una giovane attrice attrice americana reduce dal film cult, ‘Riso Amaro’, con Silvana Mangano e Vittorio Gassmann. Pavese se ne innamora perdutamente.

Constance Dowling

Constance Dowling, però, è legata sentimentalmente all’attore Andrea Cecchi. Per Pavese è l’ennesima delusione. Scrive, “La luna e i falò”, dedicandolo all’amata. Viene attaccato dal Pci, partito nel quale era iscritto, per una linea che andrebbe in dissenso con quella di Palmiro Togliatti. Scrive un altro bellissimo libro, “La bella estate” e vince il Premio Strega, il 1950. Ma questo non basta a risollevarlo dal senso di solitudine.

Il suicidio

Il 27 agosto del 1950, Cesare Pavese prende una stanza all’hotel Roma di Torino. Ingurgita dieci bustine di barbiturici ponendo fine alla sua vita. Lasciando un biglietto epico: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”. Poco prima aveva scritto, “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, dedicato a Constance Dowling. Con un finale meraviglioso e profetico: “E’ buio il mattino che passa senza la luce dei tuoi occhi“. La sua assenza è continua presenza. Immortale.

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di Sandra Fabiani - 28 Agosto 2025