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Macron caos Francia

Il caos

Bayrou è il pretesto, Macron il bersaglio: il problema non è il bilancio, è che “il re è nudo” e se ne sono accorti tutti

Il governo francese è appeso a un filo: senza fiducia in Assemblea e senza via d’uscita, Macron si ritrova accerchiato da un’opposizione infiammata, piazze in fermento e ministri in fuga. I conti? Solo l’ultima scusa di un «dilettante allo sbaraglio»

Esteri - di Alice Carrazza - 28 Agosto 2025 alle 15:49

All’Eliseo si recita ancora, ma il pubblico non applaude più. Emmanuel Macron, l’uomo che voleva incarnare la “modernità europea”, si ritrova oggi a essere “il re nudo”: attaccato da ogni fronte. Abbandonato dai suoi alleati. Ignorato dal popolo e sfiduciato dalla stessa classe dirigente che un tempo lo acclamava. La dissoluzione anticipata che slatentizzò con baldanza poco più di un anno fa, si è rivelata un suicidio politico travestito da manovra strategica. Oggi si torna al punto di partenza, ma con una differenza sostanziale: allora poteva ancora agire. Ora ha solo il fiato corto e un calendario traballante dalla sua…

“L’8 si caccia Bayrou, il 10 si fa cadere Macron”

Il voto di fiducia previsto per l’8 settembre ha già i contorni del funerale. Non tanto per François Bayrou – figura evanescente del centrismo di maniera – quanto per lo stesso capo dello Stato. «L’8 settembre si caccia Bayrou; il 10 settembre si fa cadere Macron», si legge sui primi manifesti di protesta che annunciano il ritorno in piazza. E non sarà per i soliti cortei sindacali: qui si parla di bloccare tutto, di «destituzione», di «dimissioni». La France insoumise e il Rassemblement national si passano la palla della rabbia popolare, mentre il Palazzo teme più le strade che le urne.

“Non è un voto sul bilancio”. È il caos

Il re, circondato dalla una corte stanca, e con la valigia già pronta, ha riunito il Consiglio dei ministri come se nulla fosse. «Né nella negazione, né nel catastrofismo», ha detto. Poi ha aggiunto, in un impeto di sincerità: «È un voto di lucidità e di responsabilità (…) È un voto sui principi, non è un voto sul bilancio».

Insomma, un referendum sul suo stesso mandato. Le percentuali ci sono già. In caduta libera dall’inizio della presidenza, Macron ha toccato il fondo con un misero 19% a metà luglio. Soltanto il 2% dei francesi osa dirsi «molto soddisfatto». Tutti gli altri hanno già voltato pagina. La vera domanda, Monsieur le Président, è una soltanto: non sarà che l’errore porta il suo nome? 

Tutti gli errori macroniani

La lista delle incoerenze è lunga. L’ultima? Difendere la Moldova dallo zar russo mentre i cittadini in Patria sono in balia della criminalità quotidiana. Vuole inviare truppe in Ucraina, ma le sue stesse forze dell’ordine non riescono a garantire l’ordine in periferia. Si atteggia a leader europeo, ma ogni suo governo dura meno di un giro di valzer. Parla di pace a Gaza e a Kiev, ma ignora le scintille di una guerra civile interna fatta di fratture etniche, religiose, sociali e generazionali. La sua lezione morale all’Italia suona sempre più come una stonatura. Specie quando i suoi cittadini iniziano a guardare con invidia alla solidità e alla fermezza di Giorgia Meloni.

Questa non è astuzia. È sopravvivenza improvvisata. Una politica da «dilettanti allo sbaraglio», come la definì senza troppi giri di parole Yves Thréard su Le Figaro già nel 2022.

Il bluff dell’ottimismo

Ieri mattina Macron ha incontrato Bayrou. Scena balzachiana da Comédie humaine. Il primo ministro ha giurato di battersi «come un cane» per evitare la caduta, mentre dai corridoi partivano scommesse sul prossimo inquilino di Matignon, il quinto in meno di due anni. Non importa che venga da destra, centro o sinistra: basta che galleggi, regga, finga. Monsieur le Président, nel frattempo, guadagnerà tempo. I bilanci slitteranno. Il Plf e il Plfess, che in un Paese normale andrebbero presentati tra settembre e ottobre, saranno discussi forse a dicembre. Magari in una sessione natalizia, quando l’opposizione sarà meno propensa a far saltare il tavolo, nel timore di vedersi addossare la colpa di una crisi alla vigilia delle municipali di marzo.

È un gioco sporco. Ma è tutto ciò che resta. «Di Bayrou non ce ne importa nulla. Lo conosciamo tutti e non nutriamo alcuna simpatia per lui. Ora lo molliamo e pensiamo al seguito», taglia corto un dirigente francese su Le Figaro, anticipando il «prossimo episodio» di «questa brutta serie tv prodotta da Emmanuel Macron».

Le maschere del presidente

Eppure, sebbene i suoi interlocutori lo descrivano lucido riguardo al destino del governo, molti restano sorpresi dall’ottimismo di facciata che continua a ostentare. Nei corridoi dell’Eliseo, dove lo si attendeva rassegnato, il presidente è invece tornato tutto abbronzato e ha parlato per oltre un’ora. Ha ripercorso i fatti, ha elencato i nodi, ha detto di voler «far cadere le maschere». Ma, a ben vedere, forse, l’unica maschera da far cadere è la sua.

Il piano ufficiale rimane fragile, e lo sa anche lui. Perché se oggi Macron continua a jouer il suo «né né» – né dissoluzione né dimissioni – non ci metterebbe un istante a sacrificare la prima pur di evitare la seconda…

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di Alice Carrazza - 28 Agosto 2025