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Il blitz minestrone degli attivisti di Extinction Rebellion al Comune di Torino

Geo-pagliacciate e eco-addobbi

Torino, blitz di Extinction Rebellion al Comune: un minestrone tra clima e Gaza in salsa Pro Pal condito della solita propaganda

Gli attivisti si sono arrampicati sulle due statue ai lati dell'ingresso, vestendole simbolicamente con dei gilet della Palestina, ed appendendo un grande striscione tra le due colonne con la scritta "Torino 2030: clima o guerra?". E qualcuno direbbe: ma che c'azzecca?

Cronaca - di Lorenza Mariani - 4 Luglio 2025 alle 13:48

Rieccoci, siamo alle solite: all’ennesimo miscuglio di propaganda politica e interventismo ecologista. Blitz di Extinction Rebellion questa mattina a Torino davanti al Comune dove alcuni attivisti sono arrivati pedalando e, lasciate le biciclette a terra davanti all’androne, si sono arrampicati sulle due statue ai lati dell’ingresso, vestendole simbolicamente con dei gilet della Palestina, ed appendendo un grande striscione tra le due colonne con la scritta “Torino 2030: clima o guerra?”. Mentre un altro striscione è stato srotolato a terra con la scritta “Basta accordi con stati genocidi”.

Torino, il blitz di “Extinction Rebellion” davanti a Palazzo Civico

Da Torino a Gaza, passando per il clima… E vai col minestrone di recriminazioni, allarmi e accuse, mescolati alla bella e meglio. Extinction Rebellion sveste i panni dell’ecologista e infila _ sopra, un po’ a cipolla – quelli del geopolitico. Ma con i soliti (scarsi) risultati… E così, stamattina, a Torino, il palcoscenico di Palazzo Civico ha ospitato l’ennesima performance degli attivisti del movimento che si descrive come ensemble internazionale di «disobbedienza civile nonviolenta nato per affrontare la crisi ecologica e climatica», riparte lancia in resta, sferrata su più temi e in diverse direzioni. Ma se eravate pronti a vederli incatenati a un albero o a cospargere di vernice un capolavoro, siete rimasti delusi. La liturgia del “clima” ha ceduto il passo a un più audace, e decisamente più confuso, “clima di guerra”, con un tocco di esotico sapore mediorientale.

Un blitz scenografico che mescola piani, luoghi, recriminazioni e protesta

Nello specifico, invece, alcuni attivisti sono saliti sulle sculture a lato dell’ingresso, non per purificarle dallo smog, ma per “vestirle” con la bandiera della Palestina. Un tocco di originalità che, ammettiamolo, ha lasciato molti con un interrogativo: le statue torinesi, povere creature di marmo, avranno apprezzato il nuovo outfit e la forzata adesione a una causa che, onestamente, sembra lontana anni luce dalle emissioni di CO2?

Uno “strano” minestrone di propaganda politica e attivismo ambientale

Lo striscione appeso recitava: “Torino 2030: guerra o clima?”. Una domanda che, nelle intenzioni, voleva essere provocatoria. Ma che nella realtà suona più come uno stravagante dilemma che a qualcuno della vecchia guardia politica – magari in cerca di una risposta sensata – solleciterebbe una domanda: ma che c’azzecca? Perché, onestamente, qual è il nesso tra il conflitto israelo-palestinese e le promesse di azzeramento delle emissioni del Comune di Torino? Forse, nel loro fervore ideologico, i nostri amici ribelli hanno confuso il global warming con il global war-ming

Il blitz degli attivisti di Extinction Rebellion: da paladini della natura a sentinelle della geopolitica

Facili battute a parte, comunque, a terra altri tenevano un secondo striscione: «Basta accordi con stati genocidi». E qui il colpo di scena ha raggiunto il suo culmine: da paladini della natura a sentinelle della geopolitica internazionale, il passo è stato breve. Forse troppo breve per una credibilità che, a questo punto, è evaporata più velocemente delle emissioni che dovrebbero combattere.

Dalla lotta alle plastiche a quella dichiarata al sionismo

Intanto, però, «con questa protesta – spiegano, con la solita solennità gli attivisti – Extinction Rebellion chiede che il Comune mostri coraggio e coerenza, interrompendo i rapporti con Israele come fatto da altri Comuni e Regioni». Insomma, dalla lotta alle plastiche a quella dichiarata al sionismo. Un salto logico che farebbe invidia al più contorto dei sillogismi. E non contenti, rincarano la dose: “e faccia tutto ciò che è necessario per mantenere la promessa di azzerare le emissioni entro il 2030”. Il tutto condito con la sorprendente rivelazione che “il settore militare produce infatti il 5% delle emissioni di gas serra totali”.

Poche idee ma ben confuse?

Ecco. Siamo al paradosso. Questi giovani, animati da un’indubbia (seppur spesso malriposta) passione, trasformano una sacrosanta battaglia per l’ambiente in un minestrone ideologico dove il clima si mescola alla geopolitica, con risultati che danno da pensare… Pertanto, se l’obiettivo era confondere le idee, ci sono riusciti in pieno. Se invece era quello di convincere l’opinione pubblica sulla serietà della loro crociata ambientale, beh, lasciamo a tutti l’ardua sentenza… Nel frattempo, potrebbero tornare a occuparsi di ciò per cui si sono associati e scendono in piazza: la lotta contro l’inquinamento. Lasciando la complessa diplomazia internazionale a chi se ne occupa per mestiere e vocazione politica, e le statue alle loro secolari pose…

 

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di Lorenza Mariani - 4 Luglio 2025