
Il malato immaginario
Spegni il telefono, non la testa: i giudici assolvono i genitori che avevano tolto Internet alla figlia tredicenne. “Non è reato”
"Negare l’uso dello smartphone, soprattutto di fronte a segnali di dipendenza e cattivi risultati a scuola, non configura un abuso". Questa la sentenza dopo che l'adolescente aveva denunciato i suoi stessi familiari per averla privata dell'utilizzo della connessione. Uno studio certifica inoltre gli effetti negati dei cellulari sui minori
Disattivare la connessione internet a una figlia di tredici anni, preda della dipendenza da smartphone e incapace di affrontare un’interrogazione senza distrarsi ogni tre secondi, non è abuso. È buon senso. E i giudici lo hanno riconosciuto. Si è conclusa infatti con un’archiviazione l’inchiesta aperta dalla Procura di Trani nei confronti di una coppia di genitori, denunciati dalla loro stessa figlia per averle tolto l’accesso alla rete. Tutto nasce da un litigio familiare, uno dei tanti che attraversano le case italiane quando il rendimento scolastico precipita e la responsabilità genitoriale cerca ancora di affermarsi.
Tolgono internet alla figlia: “Non è reato”
La ragazza aveva accusato il padre di averle disattivato la connessione come forma di maltrattamento. Aveva quindi contattato il numero 114, emergenza per l’infanzia, parlando di presunti abusi domestici. I soccorsi erano intervenuti e, durante gli accertamenti, la giovane mostrava dei lividi. Tuttavia, non vi erano segni di violenza altrui. Piuttosto, erano emerse problematiche emotive, comportamenti autolesivi e una percezione distorta della realtà familiare.
Il giudice per le indagini preliminari Marina Chiddo ha stabilito: «Negare l’uso di internet, soprattutto di fronte a segnali di dipendenza e cattivi risultati a scuola, non configura un abuso». Né il padre, indagato per maltrattamenti aggravati, né la madre, accusata di omessa vigilanza, verranno processati.
Una generazione iperconnessa e iperfragile
Dalle intercettazioni ambientali è emerso un contesto familiare teso, ma privo di atti penalmente rilevanti. Un ambiente logorato, come tanti, dalla difficoltà di educare figli cresciuti nell’era della connessione continua. La ragazza passava fino a dieci ore al giorno al cellulare. Un comportamento compulsivo che ha alimentato tensioni e incomprensioni.
Smartphone precoce, salute mentale compromessa
Un recente studio condotto da Sapien Labs, pubblicato sul Journal of human development and capabilities, ha — e non a caso — lanciato l’allarme: «Possedere uno smartphone prima dei 13 anni può compromettere salute e benessere mentale».