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Separazione delle carriere per una vera imparzialità: i 10 motivi per cui è cosa buona e giusta

La riforma necessaria

Separazione delle carriere per una vera imparzialità: i 10 motivi per cui è cosa buona e giusta

Contro la difesa corporativa e mistificatoria di una parte della magistratura è necessario chiarire una volta e per tutte il perché la riforma ordinamentale è necessaria proprio per garantire la reale separazione dei poteri

Politica - di Maurizio Miceli - 20 Luglio 2025 alle 07:30

Con il sì alla prima “doppia lettura” tra Camera e Senato (atteso per martedì) della riforma per la separazione delle carriere si va verso le seconde ed ultime letture per l’emanazione di una riforma in discussione da decenni in Italia. La prospettiva è che si terrà un referendum entro tre mesi dalla pubblicazione della legge, se richiesto da un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Il dibattito si intensifica sempre più alternando una difesa corporativa mistificatoria che proclama scioperi e iniziative contro aspetti che non sono ricompresi nella riforma come l’assoggettamento del pubblico ministero all’esecutivo e il rinfocolare di rischi di autoritarismo o di smembramento della divisione dei poteri su cui si regge lo Stato – esecutivo, legislativo, giudiziario. Considerazioni, queste, che impongono allora di chiarire una volta e per tutte il perché questa riforma ordinamentale diviene innanzitutto necessaria, proprio per garantire le profonde ragioni di questa tripartizione.

L’impalcatura costituzionale post bellica demarcava in modo quasi congestionante il ruolo degli organi dello Stato, favorendo la maggior condivisione possibile delle riforme: su tutti il bicameralismo perfetto e il ruolo “notarile” del Presidente della Repubblica. Le norme, come noto, non sono immuni al principio di effettività e sono le variabili della realtà a condizionarne il vissuto, quindi l’interpretazione, suscettibili per esempio anche all’evoluzione delle sensibilità tra i cittadini. Per ritornare all’esempio citato, la figura del Presidente della Repubblica, nonostante il dettato costituzionale del ’48, negli ultimi mandati è più assimilabile ad un sistema presidenziale che non il contrario.

Questo vale per le norme di principio e a più forte ragione vale per la definizione degli equilibri tra poteri, dalla minima alla più intensa sovrapposizione dell’uno rispetto all’altro, ed è in uno stato delle cose in cui la magistratura, o meglio una certa parte, ha invaso il campo dei poteri esecutivo e legislativo, frustrando o tentando di frustrare anche le ragioni del consenso popolare che bisogna tracciare un solco, a garanzia di tutti i consociati, in primis proprio dei magistrati virtuosi che può certamente vantare la nostra Nazione.

Questa è la ragione più profonda di questa riforma e a corollario spieghiamo i dieci motivi per cui l’Italia oggi non ne può fare più a meno.

1. Terzietà ed imparzialità del Giudice.

La creazione di un doppio CSM, uno per la magistratura inquirente ed un altro per quella giudicante consentono di superare anche il solo sospetto di complicità tra pubblico ministero e giudice, rendendo quest’ultimo estraneo a qualsiasi forma anche “ambientale” di condizionamento dovuta all’appartenenza alla medesima corporazione e, peggio ancora, alla medesima corrente.

2. Parità delle parti nel processo

Il pubblico ministero, per l’appunto, sarà equiparato effettivamente ad una parte processuale, equidistante dal giudicante tanto quanto le altre parti del processo, recidendo il rischio che le proprie istanze o considerazioni siano accolte quasi d’ufficio e non senza una previa e oggettiva valutazione così come accade per quelle degli avvocati.

3. Professionalizzazione delle funzioni

Il pubblico ministero si concentrerà maggiormente sugli aspetti investigativi, specializzandosi nel suo campo mentre il giudice ad aspetti più strettamente valutativi e decisori. Questo migliorerà l’efficienza del sistema, una maggiore preparazione tecnica e una più profonda coscienza della propria funzione, del proprio ruolo nell’ambito del processo penale, migliorabile con la predisposizione di appositi corsi di aggiornamento.

4. Definizione rito accusatorio

In senso più proprio, la separazione delle carriere è sicuramente l’ultimo intervento costituzionale più significativo a definizione del processo avviato nel 1988/89 con la riforma Vassalli di passaggio dal rito inquisitorio a quello accusatorio, il completamento della riforma del giusto processo che supererà la signoria del pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari.

5. Sorteggio supera il correntismo

La riforma prevede che i componenti di entrambi i CSM, sia laici cioè professori universitari o avvocati con quindici anni di esperienza professionale, sia togati, sono scelti con il sorteggio da un elenco compilato mediante elezione dal Parlamento in seduta comune entro sei mesi dall’insediamento.

Il sorteggio supera il correntismo, la stringente logica corporativa che ha inquinato l’organo di autogoverno della magistratura facendolo scadere talvolta in un ruolo politico esercitato, per esempio, nella nomina di un procuratore capo piuttosto che del presidente di un tribunale.

Un sorteggio, sia chiaro, tra soggetti ampiamente qualificati per ruolo ed esperienza che consentirà comunque di avere un organismo qualificato per la funzione che gli sono riconosciute dalla legge.

6.  Superare ingerenza della politica

La composizione e la selezione dei membri di entrambi i CSM per come promossa con la riforma esclude categoricamente possibili ingerenze della politica nell’indicazione discrezionale di componenti che, seppur qualificati, non devono rispondere che alla propria esperienza e competenza, salvaguardando ulteriormente la divisione tra poteri e le prerogative di questi peculiari organi di autogoverno.

7. Valutazioni di carriera senza condizionamenti

La divisione in due CSM consentirà di evitare valutazioni professionali compiacenti, le promozioni e per l’appunto le nomine, garantendo una maggiore trasparenza e la previsione di scelte più genuine, senza condizionamenti reciproci tra rappresentanti degli inquirenti e del giudicanti.

8. Potere disciplinare fuori dal CSM

L’istituzione dell’Alta Corte Disciplinare, composta sempre tramite il meccanismo del sorteggio, con membri laici quali professori universitari e avvocati con vent’anni di esperienza professionale, e magistrati (tre inquirenti e sei giudicanti) con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità, con un grado di appello interno sempre a questo organo.

Il potere disciplinare così verrà presieduto da guardiani qualificati della legittimità delle forme e con esperienza tale da valutare le ragioni di merito con maggiore perizia e prudenza, avulsi da condizionamenti correntizi ed altri.

9. Sintonia con altri ordinamenti democratici

Finalmente l’Italia con la separazione delle carriere si uniforma alla gran parte dei paesi Europei e anglosassoni, atteso che questi ultimi hanno un regione diverso, ma il principio è sempre il medesimo quello di distinguere ruoli e funzioni per garantire giustizia.

10. Uniformare le norme alla volontà popolare

Il sistema giustizia che prenderà forma dopo la promulgazione di questa legge, con una divisione netta tra pm e giudice, con un controllo avulso da condizionamenti renderà i cittadini più fiduciosi nel sistema giustizia, si sentiranno certamente più garantiti, loro e le prerogative di chi purtroppo entra nel circuito della macchina giudiziaria dall’essere sottoposto ad un giusto processo.

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