
Per la scelta del capoluogo
Reggio Calabria e la rivolta di popolo che la sinistra non seppe interpretare: 55 anni dopo l’analisi di un’autodeterminazione
Per sei mesi la città fu preda di proteste e di sommosse che videro alla testa un sindacalista della Cisnal, Ciccio Franco, che poi diventerà senatore del Msi. Il pacchetto Colombo fu una risposta sbagliata. Un partigiano alla guida delle proteste
Reggio Calabria si accese il 14 luglio del 1970. E si spense solo dopo sei mesi, fra proteste di popolo che si rivelarono uno dei pochi momenti di autodeterminazione registrati nel dopoguerra. La rivolta, ancora oggi stigmatizzata e non compresa dalla sinistra, derubricata ad atto ritorsivo o criminale, segnò la storia non solo della Calabria ma dell’intero meridione.
La scelta di Catanzaro come capoluogo
Le Regioni nacquero proprio quell’anno. E la commissione ministeriale, dopo vari analisi, scelse Catanzaro come capoluogo regionale. Le prime reazioni furono tiepide, ma Reggio Calabria progressivamente decise di scendere in piazza. Lo fece con il sindaco democristiano Piero Battaglia, non adeguatamente difeso dal suo partito, e con movimenti di massa. Né la sinistra, né il Msi all’inizio decisero di schierarsi. Fu un sindacalista della Cisnal, un proletario autodidatta, Ciccio Franco, a guidare la protesta. Trovando successivamente l’appoggio di Giorgio Almirante.
I moti di Reggio Calabria e gli arresti
I moti provocarono subito scontri cruenti. Il 15 luglio furono assaltate dai manifestanti le sedi del PCI e del PSI, partiti che si erano sfilati dalla protesta. Nel reprimere la protesta, la polizia, durante una carica, uccise il ferroviere Bruno Labate iscritto alla Cgil. La città fu messa a dura prova. Il sindaco Battaglia fece un comitato per Reggio capoluogo, a cui aderirono esponenti missini come Fortunato Aloi, consigliere provinciale.
Ma il vero motore organizzativo e politico della protesta popolare fu il Comitato d’azione per Reggio capoluogo nato il 22 luglio 1970 i cui principali esponenti erano Ciccio Franco, l’ex partigiano Alfredo Perna, Rocco Zoccali, Rosario Cassone, Franco Arillotta.
Ciccio Franco e Alfredo Perna saranno arrestati nel settembre successivo.
In latitanza, il sindacalista rilascerà un’intervista ad Oriana Fallaci spiegando il senso del termine, “Boia chi molla”, preso in prestito dagli Arditi di Gabriele D’Annunzio.
“Non sono fascisti ma delusi dalla sinistra”
“Specie nei quartieri popolari v’erano tanti ragazzi che ritenevano che Reggio potesse esser difesa dai partiti della sinistra o di centro-sinistra. E, dopo la posizione assunta dai partiti di sinistra e di centro-sinistra contro Reggio, questi ragazzi hanno ritenuto di dover rivedere la loro posizione anche politicamente. Molti, oggi, fanno i fascisti semplicemente perché ritengono che la battaglia di Reggio sia interpretata in modo fedele solo dai fascisti”, dirà Franco alla grande giornalista.
I moti si concluderanno nel febbraio del 1971, purtroppo con sei morti complessivi, tra cui un poliziotto colpito da infarto e un autista della linea municipalizzata.
La scelta salomonica: a Reggio il Consiglio, a Catanzaro la Regione
Il governo dopo un’azione reprimente scelse di dare a Reggio Calabria la sede del Consiglio regionale, mantenendo Catanzaro come capoluogo e dando vita al “pacchetto Colombo”. Persino un grande statista come Giacomo Mancini non seppe capire quell’azione che non era una protesta di campanile.
Il pacchetto Colombo fallì miseramente nel tentativo di industrializzare la regione.
Arriveranno accuse di collusioni con la ‘ndrangheta che la magistratura considererà prive di fondamento. Il Msi, che all’inizio non aveva appoggiato le proteste, eleggerà Ciccio Franco al Senato con il 36% (a Reggio Calabria addirittura quasi il 50%) e tre deputati della città, Tripodi , Valensise e Aloi.
Successivamente da Reggio Calabria usciranno altri personaggi politici di spessore, come Renato Meduri, che diventerà senatore alla morte di Ciccio Franco, e Giuseppe Scopelliti che da sindaco farà avere alla città il riconoscimento metropolitano.
Cosa rimane di quei mesi
Reggio Calabria, oggi città metropolitana, meritava per dimensioni demografiche il ruolo di capoluogo. Ma quella protesta fu trasversale, coinvolse ceti sociali e politici diversi, e non era bieco campanilismo contro Catanzaro (che non aveva nessuna colpa). Era il volto di una Calabria che chiedeva sviluppo e che rimase delusa. Non capire un disagio e interpretarlo come fascismo fu un errore politico. In una città meravigliosa che visse con coraggio il tentativo di una protesta che ancora oggi andrebbe analizzata senza pregiudizi. Fu drammatico assistere a delle morti innocenti, a feriti, a degenerazioni ma quella rabbia poteva e doveva essere accolta diversamente.