
Illegittima la norma del 2011
Lo stop al tetto degli stipendi dei manager pubblici attirerà le eccellenze nella Pa: il plauso di Zangrillo alla sentenza della Consulta
Il ministro della Pa: "Il pronunciamento corregge un indirizzo che non si giustificava già da tempo. Si tratta di realizzare un cambiamento nelle politiche retributive per attrarre talenti manageriali di alto livello e migliorare così l'efficienza e la qualità della Pubblica Amministrazione
La Corte costituzionale ha bocciato il tetto fisso di 240mila euro applicato ai dirigenti e ai manager pubblici dal 2014. La notizia ha avuto risalto amplissimo su tutti i quotidiani e siti on line. Il limite massimo torna così ad essere parametrato al trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione, che viene indicato dalla sentenza a 311.658,23, cioè all’ultimo aggiornamento fatto nel passato. L’effetto pratico è l’aumento della retribuzione per un migliaio di dirigenti pubblici di prima fascia; di magistrati e anche di manager di società controllate dallo Stato, Rai compresa. E’ molto probabile, però, che l’importo cambi ancora. Il governo starebbe infatti studiando una ricalibratura della retribuzione di riferimento che potrebbe essere adottata con un Dpcm o entrare nella prossima manovra con la Legge di Bilancio. Il superamento del tetto per gli stipendi della Pa, del resto, era stata ipotizzato poco meno di un anno fa in una intervista dal ministro della Pa, Paolo Zangrillo: l’idea era quella di realizzare un cambiamento nelle politiche retributive per attrarre talenti manageriali di alto livello e migliorare così l’efficienza e la qualità della Pubblica Amministrazione.
Ok la sentenza della Consulta che boccia il tetto stipendi
Il merito anzitutto. Il ministro ha infatti ribadito e approfondito il discorso accogliendo con favore il pronunciamento della Corte. “La sentenza della Consulta corregge, a mio avviso in modo opportuno, una situazione che non si giustificava più da tempo”, afferma in un colloquio con il Foglio. “E cioè continuare a ritenere che ci fosse un’emergenza che dura da undici anni: questo mi pare non fosse più corretto. Ma da qui a pensare che con questa sentenza della Corte costituzionale i dirigenti possano stappare bottiglie di champagne, ecco questo no, non credo sia serio. E invece il tema meriterebbe di essere affrontato con grande serietà. E’ esattamente quello che stiamo cercando di fare”. Facciamo un passo indietro: il “tetto” era stato introdotto nel 2014 all’epoca del governo Renzi. Adesso la remunerazione massima tornerà alla soglia stabilita nel 2011, all’epoca del governo Monti: quando si decise che quel tetto non poteva superare lo stipendio ricevuto dal primo presidente della Corte di Cassazione (311.658,23 euro). Questo in attesa che un decreto della presidenza del Consiglio stabilisca una nuova soglia.
Attirare le eccellenze che altrimenti sceglierebbero il privato
La finalità non sfugge: attirare nel pubblico le eccellenze che altrimenti scelgono il privato. “Anche nel pubblico, come nel privato – spiegava appunto Zangrillo tempo fa- le posizioni apicali comportano grandi responsabilità. E, per ricoprirle, servono competenze specialistiche e capacità manageriali. Puntare a una classe dirigente con queste caratteristiche, significa uscire dai recinti ideologici e guardare al pubblico come al privato”. Oggi queste parole alla luce del pronunciamento della Consulta vanno nella direzione di una serie di misure concrete volte a un’approccio più improntato al merito. “Come dicevo, è un tema serio. E per affrontarlo in modo serio dobbiamo creare le condizioni per gestirlo in modo altrettanto serio. Vuol dire, in sostanza, fare in modo che anche la Pa sia capace di gestire le proprie persone, di individuare le fasce di eccellenza e premiarle”, ragiona oggi Zangrillo con Luca Roberto. E, a tal proposito, “il disegno di legge che è arrivato in Parlamento contiene delle novità significative”. Tra queste, come aveva annunciato il ministro in precedenza, spicca l’introduzione di un sistema di valutazione, all’interno della Pubblica amministrazione: più basato sul lavoro per obiettivi che per avanzamenti di natura burocratica.