Le gaffe rivelatrici di Carrère al seguito di Macron: “Meloni? So che non devo parlarne bene ma è brava e sincera”
Politica
- di Lucio Meo - 28 Luglio 2025 alle 12:57
“So che Meloni è considerata di estrema destra e che non bisogna parlarne bene”, ammette lo scrittore Emmanuel Carrère, nel racconto del suo viaggio al seguito del presidente francese Macron, racconto contenuto nel supplemento domenicale del “Corriere della Sera” , “La Lettura“. Un viaggio con Macron al G7 in Canada, con tappa a Nuuk in Groenlandia. Il grande scrittore, autore di capolavori come “Limonov” e “V13”, che ha seguito gli incontri dei massimi leader mondiali, Trump compreso, il mese scorso, nel suo racconto si imbatte in Giorgia Meloni e ammette: “Non dovrei parlarne bene…”. Ma poi ne parla bene. Non parla male di Macron ma un po’ lo sfotte: “Mostra sempre i bicipiti, si vede che ha fatto palestra…”.
Carrère con Macron e i giudizi positivi sulla Meloni
Nonostante la cautela iniziale, la presidente del Consiglio italiano emerge nel racconto con una sorprendente vivacità. «Questa piccola donna bionda» si distingue «per una sorta di franchezza spigliata» e un abito «blu cielo, leggerissimo», quasi da mare, che spezza la monotonia dei tailleur austeri degli altri leader. Non è solo questione di stile. Meloni entra a gamba tesa nella discussione con Trump, mostrando due mappe colorate per dimostrare quanto il mondo occidentale stia perdendo terreno rispetto alla Cina: «Sarebbe meglio trovare un accordo tra di noi, i blu, rispetto ai rossi». Una sortita applaudita anche da Carrère, che arriva a chiedersi — non senza imbarazzo — se, vedendola da lontano, potrebbe trovare simpatica anche Marine Le Pen.
I bicipiti del presidente francese
Il quadro tratteggiato da Carrère nel suo reportage dal G7 è quello di un mondo in disfacimento, dove il disordine globale diventa terreno di affermazione per un Macron che, bruciato in patria, si reinventa stratega internazionale. Il Macron di oggi, racconta lo scrittore, è ancora quello degli inizi: cool, seduttivo, dotato di una memoria inquietante (ricorda persino un oscuro adattamento cinematografico di Carrère stesso), ma ora con bicipiti scolpiti e una t-shirt nera con una civetta ricamata — richiamo hegeliano alla saggezza che si dispiega solo a sera, quando i giochi sono fatti. Dietro al carisma, però, il vuoto: un summit senza conclusioni, un’Europa che cerca solo di “esistere” senza offendere il Ratto, il soprannome dato a Trump — arbitro capriccioso e onnipotente di una partita globale in cui le regole cambiano senza preavviso. Nel cuore di questa rappresentazione, Meloni recita un ruolo sorprendente per il suo modo di stare in scena: diretta, emotiva, teatrale. Fa ridere, sospira, tocca il braccio di Macron per sottolineare il suo intervento. E Carrère, che pur resta critico, non può fare a meno di notare il contrasto: tra chi sembra indossare la propria funzione come un dovere grigio e chi, come Meloni, sembra trovarci ancora un gusto personale. Il giornalismo embedded dello scrittore francese si trasforma così in un racconto letterario sul potere, i suoi simulacri e le sue contraddizioni, dove persino un vestito azzurro può diventare un gesto politico. “Non è certamente una poket face”, conclude Carrére, facendo riferimento a chi non sa nascondere le proprie emozioni.