
Gli atti intimidatori
Incendi ai beni confiscati alle mafie: l’ultimo rogo ai terreni requisiti a “Sandokan” a Caserta
C’è il fuoco su diversi beni confiscati alle mafie. Ma gli incendi stavolta non sono colpa del caldo ma di veri e propri atti intimidatori. Per il terzo anno consecutivo è stato infatti incendiato il fondo confiscato a Francesco Schiavone “Sandokan” a Santa Maria la Fossa (Caserta), gestito dalla cooperativa sociale Terra Felix.
“In questo caso – ha affermato il presidente della cooperativa Francesco Pascale – è andato perduto tutto il raccolto che ci apprestavamo a raccogliere nei primi giorni di agosto e per questo i danni sono davvero ingenti”.
Per Anna Ceprano, presidente di Legacoop Campania, si tratta di “un’azione riprovevole e vile che condanniamo fermamente.Con l’ultimo caso, nel casertano, che ha riguardato un terreno che era di proprietà di “Sandokan”, alias Francesco Schiavone, uno dei capi storici della camorra, che mesi fa ha dichiarato di voler tornare a collaborare con la giustizia.
Chi è Sandokan, storico capoclan dei Casalesi
Francesco Schiavone, 70 anni, alias Sandokan, storico capoclan dei Casalesi, ha espresso nell’aprile scorso la volontà di riprendere la collaborazione con la giustizia. Come ha ricostruito il quotidiano Cronache di Caserta, riferendo quanto accaduto nell’aula della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, dove Schiavone è imputato – insieme al collaboratore di giustizia Giuseppe Pagano – per un triplice omicidio di camorra avvenuto nel 1983. A cadere sotto i colpi della criminalità organizzata furono Luigi Cantiello, Nicola e Luigi Diana.
Nel corso dell’udienza, l’ex boss ha chiesto di sottoporsi a esame in aula – fatto inedito nella sua lunga storia giudiziaria – ma la Corte ha rigettato la richiesta per l’assenza di un difensore di fiducia. Gli è stato quindi concesso di rilasciare dichiarazioni spontanee Schiavone ha affermato di aver reso ben 19 interrogatori durante il suo breve periodo di collaborazione, e si è detto sorpreso del ritorno al regime del 41 bis.
Gli incendi ai beni confiscati
Questo atto segue quello avvenuto in Calabria dove un altro incendio doloso ha colpito la cooperativa Valle del Marro: completamente distrutta una coltivazione di grano a Gioia Tauro, gestita dalla cooperativa. Si tratta dell’ennesimo episodio, dopo una lunga serie di danneggiamenti e furti, che colpisce chi si oppone con coraggio alla criminalità organizzata. La cooperativa Valle del Marro, associata a Libera, da oltre vent’anni coltiva i terreni confiscati alla ‘ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro, restituendoli alla legalità e al bene comune.
Infine, ancor prima a Ramacca, in provincia di Catania, sempre un furto ai danni della cooperativa Beppe Montana Libera Terra, da anni in prima linea nel recupero e nella gestione sociale dei beni confiscati alla mafia.