
Per una giustizia giusta
Il sorteggio? La cura per liberare il corpo sano della magistratura dal virus del correntismo
La separazione delle carriere, con l’istituzione di due distinti Csm, segnerà il completamento della transizione del nostro ordinamento giudiziario da un modello di derivazione autoritaria a quello proprio delle forme di Stato liberal-democratiche. E il sorteggio è il cuore della revisione: per questo così osteggiato dalle correnti ideologizzate
Nella giornata di oggi, 22 luglio, è previsto il voto finale del disegno di legge di legge costituzionale sulla separazione delle carriere. Se la tabella di marcia sarà rispettata entro il mese di ottobre si potrebbe arrivare alla seconda lettura della Camera e poi, di seguito, a quella del Senato. Il percorso della revisione costituzionale potrebbe, dunque, essere completato con il referendum confermativo nella primavera del 2026. Come è noto, i pilastri della riforma sono tre: l’istituzione del doppio CSM, uno per la magistratura giudicante e uno per quella requirente; il sorteggio per i componenti, togati e laici, dei due istituendi organi di governo autonomo; l’introduzione dell’Alta Corte disciplinare.
La transizione (liberale) dell’ordinamento giudiziario
La separazione tra magistrati giudicanti e requirenti, con l’istituzione di due distinti Consigli Superiori, segnerà il completamento della transizione del nostro ordinamento giudiziario da un modello di derivazione autoritaria a quello proprio delle forme di Stato liberal-democratiche. Nel primo, infatti, la magistratura contribuisce al perseguimento dei fini dello Stato attraverso il processo cosiddetto inquisitorio, in cui la difesa dell’imputato è chiamata a smontare in giudizio l’accusa fondata su elementi probatori formati senza contraddittorio e al di fuori del dibattimento. Nel secondo, invece, il pubblico ministero formula una mera ipotesi accusatoria che è chiamato a provare in contraddittorio con la difesa, con parità di armi e davanti ad un giudice terzo e imparziale. Tale disegno si rispecchiava già, a Costituzione invariata, nell’introduzione del processo accusatorio con il codice Vassalli del 1988 e poi nella formula dell’art. 111 Cost., come modificato dalla revisione costituzionale del 1999.
A cosa servono i due Csm
È vero, tuttavia, che in fondo – come pure sostiene l’ANM – una certa divaricazione tra la carriera dei magistrati giudicanti e quella dei requirenti esiste già nel nostro ordinamento, quantomeno da quando nel 2022 la legge Cartabia ha fortemente limitato il passaggio dall’una all’altra funzione (una sola volta in carriera ed entro dieci anni dall’assegnazione della prima sede). La riforma costituzionale, quindi, istituendo due Consigli Superiori, uno per i giudicanti e uno per i requirenti, non fa altro che restituire coerenza al disegno complessivo, addirittura rafforzando l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero rispetto al modello attuale. Le garanzie costituzionali di indipendenza, infatti, oggi operano direttamente con riguardo alla magistratura giudicante, mentre sono affidate al legislatore ordinario con riferimento alla magistratura requirente (art. 107, IV comma, Cost.) Con la riforma, invece, il principio di autonomia e indipendenza è innalzato al livello costituzionale anche per i pubblici ministeri. L’affermazione secondo cui la riforma punterebbe a sottomettere il Pubblico ministero all’Esecutivo è, pertanto, una falsa narrazione, smentita da un testo davvero inequivocabile sul punto.
L’Alta Corte disciplinare
Anche l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare rappresenta l’esito finale e naturale di un processo già da tempo avviato proprio a garanzia dell’ordine giudiziario. Invero, il procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, a differenza di quelli delle altre magistrature e degli altri funzionari pubblici, è già attratto nell’orbita della giurisdizione e non ha, dunque, carattere amministrativo, ma pienamente giurisdizionale. Le decisioni sono rivestite dalla forma della sentenza; non sono impugnabili dinanzi alla giurisdizione amministrativa, ma in Cassazione; gli illeciti disciplinari sono tipizzati dal legislatore; esistono una serie di incompatibilità che impediscono ai componenti della Sezione disciplinare di far parte di alcune Commissioni del CSM particolarmente “sensibili” per la carriera dei magistrati. Se è così, appare assolutamente normale che il processo di giurisdizionalizzazione del “processo disciplinare” si concluda con il definitivo distacco dal Consiglio Superiore e con la previsione di un giudice terzo, vale a dire con un organo che si identifica perfettamente con l’istituenda Alta Corte disciplinare.
Il sorteggio: adieu correntismo
Rimane il terzo pilastro della riforma: la previsione del sorteggio per la scelta dei componenti togati e laici del Consiglio Superiore. È questo il cuore dell’intervento di revisione. L’elemento di portata più innovativa e quello che, non a caso, preoccupa maggiormente talune componenti della magistratura associata, le quali considerano l’organo di autogoverno la sede istituzionale della loro rappresentanza politica. Il sorteggio, infatti, punta diritto alla patologia che ormai da troppo tempo affligge il nostro modello di democrazia, con una evidente alterazione dell’equilibrio tra i Poteri dello Stato in palese contrasto con il testo della Costituzione repubblicana.
Già dal 1965, con il congresso di Gardone, l’Associazione Nazionale Magistrati impresse una svolta all’autorappresentazione della magistratura italiana, impegnandola sulla via della dimensione politica dell’attività giurisdizionale. In quel contesto storico l’applicazione diretta della Costituzione, la conseguente diretta disapplicazione delle leggi non ritenute conformi, l’interpretazione orientata dai valori costituzionali, l’uso del potere di rinvio alla Consulta, la dottrina del cosiddetto “uso alternativo del diritto” costituirono gli strumenti per la costruzione di una soggettività politica della magistratura, veicolata dalle correnti all’interno del Consiglio Superiore. Lo stesso organo di governo autonomo ha sviluppato, pertanto, strumenti non contemplati dalla Carta costituzionale e dalla legislazione primaria di attuazione, proprio per soddisfare le istanze politico-rappresentative delle correnti (basti pensare, per esempio, alle pratiche a tutela o ai pareri, non richiesti, sugli atti normativi in materia di ordinamento giudiziario).
Basta con la “supplenza”…
Tale attività di supplenza, se inquadrata nel contesto di una “democrazia bloccata”, poteva avere, forse, una spiegazione nella necessità di costruire circuiti alternativi a quelli della rappresentanza politica di fronte ad un Parlamento che il muro di Berlino costringeva ad un’unica possibile maggioranza (quella incentrata sulla Democrazia cristiana e i suoi alleati). Tale giustificazione è, tuttavia, venuta definitivamente meno quando anche in Italia all’inizio degli anni Novanta, dopo Tangentopoli e il crollo del Muro, si sono affermate, sia pure a fatica, le condizioni per una democrazia dell’alternanza.
Nel mutato contesto storico, politico e istituzionale l’acquisita soggettività politica della magistratura, delle sue correnti e del CSM ha determinato una anomalia istituzionale che si traduce troppo spesso in un controcanto che va ben oltre la garanzia dei cosiddetti limiti contro-maggioritari delle democrazie pluraliste. Si giunge, piuttosto, ad un vero e proprio, quanto inaccettabile indirizzo politico alternativo rispetto a quello espresso dai circuiti rappresentativi e, segnatamente, dal Parlamento e dal Governo. Nulla a che vedere con un fisiologico sistema di checks and balances proprio delle democrazie occidentali.
Medicina amara ma necessaria
Il cuore della riforma è, dunque, rappresentato proprio dal meccanismo di scelta dei componenti dei due Consigli Superiori. Il sorteggio vale, infatti, a scardinare quella autorappresentazione delle correnti come componenti politico-rappresentative dell’ordine giudiziario e la correlata visione dell’organo di governo autonomo come sede istituzionale della loro espressione. Questa è la ragione per cui la riforma è furiosamente avversata dalle componenti associative più ideologizzate della magistratura, che proprio in questi giorni puntano ad innalzare il livello dello scontro istituzionale dispiegando in modo pieno tutto il potenziale di strumenti giurisdizionali, istituzionali e mediatici affinato dagli anni Sessanta sino ad oggi.
Il sorteggio è una medicina certamente amara. Ma è una medicina a questo punto necessaria per liberare il corpo sano della magistratura italiana dal virus del correntismo ideologico e autoreferenziale, riconducendo al loro normale assetto democratico le relazioni tra l’ordine giudiziario e gli altri poteri dello Stato.