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Zingaretti e Nardella svelano cosa c’è dietro gli attacchi del Pd a Ursula von der Leyen

Carte conosciute

Il Pd finalmente l’ha ammesso: dietro gli attacchi a Ursula sui dazi c’è il solito giochetto di potere per aggirare il voto popolare

Zingaretti e Nardella hanno rilasciato due illuminanti interviste nelle quali hanno chiarito che tutta questa grancassa è per costringere von der Leyen a ignorare il Consiglio europeo e consegnarsi ai socialisti

Politica - di Annamaria Gravino - 31 Luglio 2025 alle 09:56

Aggirare il potere del Consiglio europeo, dove siedono i governi nazionali democraticamente eletti, e imporre la linea al Parlamento Ue, dove oggi si devono accontentare di una maggioranza variabile dopo gli anni di maggioranza solida. Dietro la grancassa Pd contro Ursula von der Leyen e i dazi c’è questo disegno, che poi è sempre il solito: governare a dispetto del voto popolare. Non gli riesce più in Italia, ci provano in Europa.

Zingaretti spiega il piano: il Pd attacca von der Leyen sui dazi per aggirare la volontà popolare

A svelare i piani sono stati il capodelegazione Pd a Strasburgo, Nicola Zingaretti, e l’eurodeputato, Dario Nardella. Lo hanno fatto in due distinte interviste rilasciate ieri rispettivamente al Corriere della Sera e a Repubblica. «Von der Leyen è ostaggio del Consiglio. Sbaglia a non investire sulla sua maggioranza parlamentare europeista, quella che nel Parlamento europeo le ha dato 401 voti nel luglio 2024», ha detto Zingaretti, sottolineando che «il Consiglio ha un altro indirizzo politico, di destra, ma proprio per questo ci sarebbe bisogno di una grande autorevolezza per bilanciare le scelte con il peso del Parlamento». «Von der Leyen – ha aggiunto il dem – si ricordi che ogni volta che si sposta a destra in Parlamento, perde voti (…). Se continua così, il destino è scritto. Quindi, cambi totalmente approccio mettendosi alla guida, difficile, di una nuova stagione».

Nardella lo conferma

Il messaggio di fondo è lo stesso che emerge dalle parole di Nardella. Favorito da una domanda su un ipotetico scenario dell’Italia isolata sui dazi, l’ex sindaco di Firenze ha detto che «lo vedremo quando si dovrà votare in Consiglio europeo».
«La Commissione è stata fiaccata dai governi nazionalisti, a partire proprio da quello italiano, che hanno sempre avuto una posizione ambigua sull’Europa». «Il Pse è molto critico nei confronti di von der Leyen ormai da qualche mese», ha proseguito Nardella, avvertendo anche lui che «per avere il nostro appoggio dovrà cambiare radicalmente». «L’accordo sui dazi appesantisce un rapporto già difficile: se l’intesa non verrà modificata in modo più equilibrato e credibile non mi sorprenderei se i socialisti non lo sostenessero».

Il vero problema della sinistra non sono i dazi, ma le dinamiche democratiche

Appare evidente che il vero problema non è la questione dei dazi, ma che il Pd e i socialisti europei non riescono ad arrendersi al fatto che nelle dinamiche di alternanza democratica oggi sei maggioranza e domani non lo sei più. Così, nei nuovi equilibri che si sono definiti nelle istituzioni europee, hanno preso ad arrancare, continuando a pensarsi con il pallino in mano, salvo poi ritrovarsi incapaci di dettare il bello e cattivo tempo come facevano una volta. Un esempio su tutti è il dossier immigrazione.

La cartina di tornasole degli attacchi a Meloni

È in questa cornice di dinamiche di potere svincolate dalle dinamiche della democrazia che si inserisce anche lo slittamento dei piani che il Pd compie quando accusa Meloni di avere la responsabilità dell’esito della trattativa. La dimostrazione sta nelle due principali contraddizioni di questi attacchi: il fatto che prima dicevano che a trattare doveva essere l’Ue e, ora che l’Ue ha trattato, se la prendono con Meloni; e il fatto che prima dicevano che l’Italia non conta niente e ora parlano come se fosse la padrona d’Europa. Detto in maniera brutale, per loro vale tutto e il contrario di tutto pur di sostenere che sono gli unici adeguati al governo. Della Nazione e dell’Europa.

L’Europa messa nei guai dall’Europa (a trazione socialista)

Quello che sta avvenendo intorno ai dazi, però, dice esattamente il contrario. Se c’è un aspetto su cui tutte le analisi concordano è che l’Ue si trova in una situazione problematica non a causa di Trump, ma di se stessa. Per la debolezza del mercato interno, l’eccesso di regolamentazione, i vincoli delle politiche fiscali e finanziarie, l’annosa rinuncia alla produttività. Per tutte quelle belle faccende su cui in questi giorni si spendono fiumi di inchiostro e che sono state poste al centro del dibattito da qualche tempo a questa parte. La destra aveva avvertito da molto prima che quell’Europa si esponeva a gravi rischi, ma finché era opposizione è rimasta inascoltata. Quando poi è arrivata al governo, conquistando un nuovo peso anche nel Parlamento europeo, è stata consequenziale, lavorando per il cambio di passo.

Le “carte conosciute” del Pd

Questa Europa, che sotto la spinta principale della destra italiana sta faticosamente correggendo il tiro, sconta però i danni di quella Europa, che ancora sopravvive in un processo che è in atto, ma che è accidentato, spesso frenato e comunque non miracoloso. Il fatto è che “quella” Europa è l’Europa a trazione socialista. Ora però il Pd ci vuole far credere che le cose sono andate come sono andate perché c’è “questa” Europa e non la sua, sonoramente bocciata dai cittadini di numerosi Stati membri e ampiamente messa in discussione dal loro insieme come cittadini europei. E qui si torna al punto di partenza: la costante ambizione della sinistra a governare senza avere il mandato per farlo.

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di Annamaria Gravino - 31 Luglio 2025