
A oltranza
Dazi, la trattativa all’«ultimo miglio». Pesa l’ipotesi del 15%, ma si va avanti. Tajani: «La priorità è una soluzione negoziata»
Il commissario Sefcovic è tornato da Washington e ha riferito agli ambasciatori degli Stati membri. Secondo indiscrezioni di stampa, non è contento dell'esito della missione. Ma i giochi non sono chiusi
A Bruxelles lo definiscono «l’ultimo miglio»: la fase finale della trattativa sui dazi. Il commissario al Commercio, Maros Sefcovic, è rientrato dalla missione negli Usa, dove – ha spiegato il portavoce della Commissione, Olof Gill – ha avuto «colloqui intensi con i negoziatori Usa», che sono stati «una nuova occasione per cercare una soluzione negoziata, a dimostrazione del nostro impegno costruttivo e in buona fede».
Il rientro di Sefcovic dalla missione negli Usa
Nulla di ufficiale, allo stato attuale, è stato riferito rispetto alla riunione di Sefcovic con gli ambasciatori degli Stati membri prevista nel pomeriggio di oggi. Ma secondo alcune indiscrezioni Sefcovic avrebbe illustrato tutti gli scenari possibili dall’auspicata intesa su un’aliquota tra il 10 e il 15%, fino all’ipotesi più onerosa per l’industria continentale, con tariffe al 20%. Senza dimenticare la minaccia del 30% messa nero su bianco da Trump. Secondo indiscrezioni del Financial Times, che ha citato due fonti informate sul dossier, il commissario sarebbe tornato con un giudizio negativo sugli incontri. Pesa quel 15% indicato da Trump come soglia minima per molti partner, compresa – sempre secondo il Ft – anche l’Ue. Di più, secondo il quotidiano il presidente Usa starebbe spingendo per dazi minimi tra il 15% e il 20% e comunque superiore al 10% anche in caso di intesa con Bruxelles.
Tajani: «Non è solo questione di percentuale, bisogna vedere l’accordo nel suo complesso»
In ogni caso si continuerà a trattare a oltranza: «La nostra priorità è una soluzione negoziata», ha ribadito ancora il portavoce Olof Gill. Il 15% viene letto in chiaroscuro dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. «Non è soltanto una questione di percentuale. Se ci sono delle eccezioni e sono il 15%, allora potrebbe anche essere ragionevole. Ma se è il 15% e poi ci sono dei picchi in altri settori… Bisogna vedere l’accordo nel suo complesso. Non basta dire il 10 o il 15%. Certamente sopra il 15 non è accettabile, e già il 15 è difficilmente accettabile».
Il ragionamento dunque si allarga. Tajani cita «l’acciaio, l’alluminio, l’auto, la meccanica, l’agroindustria, i vini che sono un altro settore fondamentale. Noi dobbiamo avere sempre come obiettivo la protezione del nostro sistema produttivo. Quindi l’accordo deve essere visto nel suo insieme».
Resta la fiducia nell’accordo, «senza essere né arrendevoli, né arroganti»
Il vicepremier resta fiducioso. «Io sono abbastanza ottimista che si troverà un accordo prima del primo di agosto. Non dobbiamo essere arrendevoli, neanche arroganti. Una trattativa leale a schiena dritta — prosegue — Però contemporaneamente dobbiamo andare a esplorare nuovi mercati o a rafforzare la nostra presenza in mercati dove siamo presenti ma non abbastanza».
Tajani si riferisce anche all’atteggiamento della controparte americana: «Le dichiarazioni di Trump lasciano, mi pare, ben sperare per un accordo positivo. Vedremo come andrà. L’Europa ha bisogno degli Usa, ma anche gli Stati Uniti hanno bisogno di noi. Mi auguro che le parole concilianti di Trump siano la dimostrazione di voler trovare una soluzione che non sia punitiva per l’Europa».
Fitto: «Bisogna lavorare per l’intesa»
A Bruxelles, intanto, i toni restano istituzionali. Il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Raffaele Fitto, anche lui al congresso della Cisl, evita commenti: «È opportuno che si trovi un’intesa. I commenti in questo momento non servono a nessuno. Bisogna lavorare».
Rampelli: «Dobbiamo tenere unito l’Occidente»
Nel dibattito entra anche Fabio Rampelli. Il vicepresidente della Camera afferma che «ogni trattativa che si rispetti si tiene in piedi fino all’ultimo secondo utile». E aggiunge: «Questa sui dazi non fa eccezione. Anzi… Anticipare la conclusione del negoziato con un accordo iniquo o una rottura violenta equivarrebbe a un atto di masochismo».
Rampelli rivendica la postura ferma del governo Meloni. «Dobbiamo tenere unito l’Occidente, come ha sottolineato il presidente Meloni a Trump fin dal primo incontro a Washington, dimostrando anche per questo di essere perno insostituibile di un’alleanza atlantica che si fonda su valori comuni e non solo su economia e commercio. Se l’emergenza finanziaria degli Usa fosse incomprimibile dovremo certamente rispondere».
E se la trattativa con Bruxelles dovesse fallire? «Io sono del parere che occorra sempre fare l’impossibile per difendere gli interessi nazionali. Quindi non escluderei – qualora fosse compatibile con la legislazione europea – taluni accordi bilaterali».