CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Cina Europa dazi

Il Dragone nascosto

Altro che Trump: è la Cina il vero “daziatore” dell’Europa, ma la sinistra continua a sbagliare bersaglio

«La lista dei problemi con Xi si allunga, non si accorcia» denuncia il commissario al Commercio Ue. Tariffe fino al 20%, sussidi illegali e appalti negati: Pechino è il vero aggressore commerciale del Vecchio continente

Politica - di Alice Carrazza - 29 Luglio 2025 alle 20:41

In Europa c’è una malattia che si chiama antiamericanismo selettivo. Si scatena ogniqualvolta un presidente repubblicano tocca il commercio o alza un sopracciglio, ma si tace — o si balbetta — di fronte all’aggressività economica sistemica della Cina. La prospettiva dei nuovi dazi americani sull’Unione europea ha immediatamente innescato commenti indignati, titoli urlati e il solito riflesso pavloviano di una sinistra europea che, quando vede Trump, perde il senso della realtà. Peccato che, a ben guardare, il vero protezionismo punitivo non arrivi da Oltreoceano, ma da oltre la Muraglia.

Sefcovic: “La lista dei problemi con la Cina si allunga, non si accorcia”

Parola del commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, che ieri in conferenza stampa ha scoperchiato il vaso: «Malgrado gli strenui sforzi miei e dei miei colleghi e diversi lunghi incontri con la mia controparte cinese, purtroppo la lista dei problemi accumulati nei rapporti commerciali tra Ue e Cina non si accorcia, ma diventa più lunga».

L’elenco delle grane è corposo: «Sovracapacità produttiva, sussidi illegali, ostacoli negli appalti pubblici per le imprese europee, misure di difesa commerciale assolutamente ingiustificate contro i nostri prodotti». Altro che dialogo paritario. Altro che reciprocità. La Cina, dietro l’etichetta di “partnership win-win”, impone dazi, esclude aziende europee dagli appalti e protegge il proprio mercato con un rigore che neppure il più trumpiano dei trumpiani avrebbe osato immaginare.

La realtà: Pechino impone dazi fino al 20% (e oltre) sui prodotti Ue

L’idea che l’Europa sia vittima esclusiva di un protezionismo americano è semplicemente falsa. I dazi cinesi sulle merci europee oscillano fino al 20%, con punte superiori per specifiche categorie merceologiche. Non si tratta di eccezioni, ma della norma: abbigliamento al 12%, elettronica fino al 14%, alimentari al 20%. E non basta. Sulla bilancia pesano anche l’Iva cinese, i costi doganali e le barriere non tariffarie. Il tutto mentre Pechino gode di un accesso relativamente agevolato al mercato europeo, complice la nostra storica indulgenza commerciale — causa di certi sinistri governi e rappresentanti.

Appalti sanitari? Europei esclusi. Dispositivi medici? Solo made in China

In risposta alla decisione di Bruxelles di escludere le aziende cinesi dagli appalti europei sopra i cinque milioni di euro per forniture mediche, Pechino ha pugnalato ancora: «Per i dispositivi medici con un budget d’acquisto superiore a 45 milioni di yuan (5,3 milioni di euro), la partecipazione delle aziende dell’Unione europea dovrà essere esclusa», ha dichiarato ufficialmente il ministero delle Finanze cinese. Chirurgia, endoscopia: tutto blindato. Eppure, non si odono denunce fragorose da parte delle anime belle del multilateralismo.

Da Trump 15% di dazi. Da Xi l’invasione dei mercati

Chi parla oggi dei dazi americani del 15%, dimentica che gli Stati Uniti hanno almeno avuto il coraggio della chiarezza. I dazi sono stati annunciati, discussi, negoziati e ancora la partita è ancora in corso. Invece, la Cina agisce per vie più opache: sussidi interni, dumping sui mercati terzi, uso selettivo degli appalti, boicottaggio di imprese europee non allineate.

Il risultato? L’export cinese, respinto dagli Stati Uniti a causa delle nuove tariffe, rischia di riversarsi in Europa come «un maremoto provocato da un sisma», per usare le parole del ministro Adolfo Urso. «Quella sovrapproduzione arriverà nel mercato europeo spazzando via la nostra impresa».

La sinistra sbaglia nemico: non è Washington a volerci danneggiare

Nel frattempo, mentre Pechino alza muri e sbatte porte, la sinistra continua a guardare in cagnesco Washington. Eppure, è proprio negli Usa che le aziende italiane trovano un mercato aperto, una società fondata sul diritto commerciale, e — con tutti i limiti — una lealtà negoziale che in Cina resta ancora una chimera. Trump, per quanto ruvido, non ha mai vietato alle aziende europee di partecipare agli appalti pubblici. Xi Jinping, sì.

Il paradosso è che il continente che predica la “libertà commerciale” si sta facendo fagocitare da chi pratica il protezionismo più strutturato del pianeta. E mentre si sollevano grida contro i dazi statunitensi, nessuno protesta per il fatto che centinaia di banche cinesi — secondo l’analisi del think tank Case — stanno sistematicamente violando le sanzioni contro la Russia, facendo da cassa nera al commercio bellico di Mosca.

La realtà che i compagni non vogliono vedere

Il problema, dunque, non sono i dazi americani, ma l’invasione silenziosa e pianificata dei prodotti cinesi. Il problema non è Trump, ma l’illusione — tutta europea — che si possa fare commercio con chi manipola i mercati, aggira le sanzioni e tratta le nostre aziende come ospiti sgraditi. A Bruxelles qualcuno comincia a rendersene conto. Sarebbe ora che anche certa sinistra uscisse dalla trincea ideologica e guardasse ai fatti.

Non ci sono commenti, inizia una discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Alice Carrazza - 29 Luglio 2025