
L'intervento
Tripodi, uomo del dialogo coerente e grande “organizzatore” del pensiero nazionale
Con il saggio “Il realismo della politica” Rodolfo Sideri ha tracciato la biografia intellettuale di Nino Tripodi: l’archetipo del patriota italiano votato all'impegno totalizzante
Riceviamo e pubblichiamo
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Caro direttore,
occasione per ricordare Antonino Tripodi (meglio conosciuto come Nino) l’ha data il saggio “Il realismo della politica” di Rodolfo Sideri. Così lo scorso 19 giugno, presso la fondazione An, in tanti hanno seguito il convegno promosso da Realtà Nuova “Nino Tripodi e l’Istituto Nazionale di Studi Politici ed Economici”. Perché nella memoria missina Tripodi ha rappresentato l’archetipo del patriota italiano impegnato in politica: l’uomo che nella carriera parlamentare ha presentato ben 282 progetti di legge e 475 atti di indirizzo e di controllo, senza considerare gli oltre 144 interventi in aula e nelle commissioni su questioni di cogente interesse nazionale. Il vice presidente della Fondazione An Antonio Giordano ha portato i saluti del presidente Giuseppe Valentino, che condivide con Tripodi l’origine reggina. L’occasione ha permesso a Domenico Gramazio (direttore di Realtà Nuova) di salutare gli ospiti della Fondazione ricordando Tripodi intellettuale che si divideva tra politica e giornalismo, saggistica e studi economici sul Mezzogiorno: e di questo hanno dibattito lo stesso Rodolfo Sideri, l’editore Enzo Cipriano (Settimo Sigillo), Pietro Giubilo (già sindaco di Roma), lo scrittore Massimo Magliaro, a moderare l’incontro proprio lei, Antonio Rapisarda, direttore de Il Secolo d’Italia e uomo del Sud come Tripodi.
Un vero, e aperto, intellettuale militante
Un appuntamento tutto dedicato all’intellettuale militante, i cui studi e pubblicazioni non passavano inosservati nel dopoguerra, procurandogli l’epurazione e la decadenza dalla cattedra universitaria: perché pur non avendo aderito alla Repubblica Sociale, i suoi detrattori gli rivolsero contro persino l’opera sulla dottrina del fascismo che incontrava il pensiero politico di Vico. Tripodi era assolutamente privo di paraocchi intellettuali, anzi aperto al dialogo ed alla critica; valga l’esempio del suo settimanale (Rataplan), che favoriva il dialogo con Francesco Saverio Nitti per superare la frattura tra fascismo e antifascismo. Soprattutto lanciava le basi della rappacificazione nazionale degli anni ’50 del passato secolo; ricetta che favoriva non poco il miracolo italiano. Tripodi genuino pensatore cattolico e meridionalista, che nel 1946 partecipava alle riunioni preparatorie del Msi a Roma e, soprattutto, nel suo Sud. Le sue capacità, la sua arte pratica, verranno apprezzate col tempo. Al punto che, nel 1984, figurava tra i migliori europarlamentari italiani: eletto ovviamente nelle liste del MSI-DN.
Il modello: Giambattista Vico
La sua fine dialettica veniva fraintesa, e qualcuno insinuava potesse fare il salto in Democrazia Nazionale: ma l’uomo era coerente e rimaneva nel Msi, pur mantenendo l’amicizia con Mario Tedeschi; il direttore editore de Il Borghese che gli aveva pubblicato “Italia Fascista In Piedi!”. libro che trovavi in bella mostra nei più disparati salotti. Uomo concreto, quindici anni di direzione del Secolo d’Italia, che amava confrontarsi con tutti i pensatori italiani. Di fatto Tripodi potrebbe essere considerato l’ultimo vero allievo di Gianbattista Vico, contemplava ogni elemento filosofico italiano per far andare bene le cose politiche: ecco perché nel 1982 diveniva presidente del Msi gradito a tutti.
Il politico, il direttore e l’organizzatore
Il libro di Sideri è la sintesi dell’esperienza umana e intellettuale di Tripodi, permette d’inquadrare dall’alto la storia del Msi e dell’intera area di riferimento. Non dimentichiamo che, nel 1970, in occasione della rivolta di Reggio Calabria, Nino Tripodi (deputato della città) assumeva subito posizione contraria alla sommossa, perché da cattolico e uomo delle istituzioni reputava che le questioni amministrative non potessero essere risolte nelle piazze. Tripodi considerava la protesta una manifestazione di regionalismo antinazionale: successivamente dovette dare retta alla linea di Almirante, che impose s’assecondasse la rivolta. Lui, dubbioso, cercava in qualche modo di dirigerla. Tripodi, pur vivendo l’esperienza politica fuori del “cosiddetto arco costituzionale”, godeva della stima di tutti gli avversari politici: era per una cultura fatta di proposte e dialogo, in questo la sua attualità. Valga come prova “l’Istituto nazionale di studi politici ed economici” fondato e diretto da Tripodi che, oltre a veicolare princìpi e valori della destra nazionale in maniera profonda e articolata, permetteva si lanciassero proposte condivise anche oltre lo stesso Msi. Non è un caso che, come deputato membro della delegazione per le relazioni con la Repubblica Cinese, ebbe a comprendere prima di altri dove andasse economicamente il mondo.
Il suo best-seller
Nino uomo del dialogo nella coerenza, e pesano come macigni le sue parole in “Intellettuali sotto due bandiere”: «Con ciò non vogliamo dire che, per essere nel vero, entrambi sarebbero dovuti restare fedeli al fascismo vita natural durante. Vogliamo solo dire che la verità, per essere vera, avrebbe dovuto consigliare sia a Zangrandi che ad Aldo Moro un comportamento semplicissimo e nemmeno eccessivamente coraggioso. Invece di star lì a negare di essere stati fascisti e di avere partecipato da fascisti alle istituzioni del regime, avrebbero dovuto limitarsi ad ammettere: per me è vero che lo siamo stati, ma è anche vero che, le successive esperienze e la mutata realtà storica ci sconsigliò di continuare ad esserlo”.