CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Iran Teheran funerali

Medio Oriente

Teheran, funerali di Stato per le vittime dei raid: torna lo slogan “Morte all’America”. Trump: “Ho risparmiato Khamenei”

Esplosioni udite sabato mattina alle porte di Teheran prima della cerimonia funebre. Dopo le tensioni crescenti tra il presidente americano e la Guida suprema dell'Iran

Esteri - di Alice Carrazza - 28 Giugno 2025 alle 14:55

Teheran si infiamma, e non per il caldo. Migliaia di iraniani hanno invaso le strade per scortare le bare, elevate a simbolo, interamente rivestite con la bandiera della Repubblica islamica. Dentro, i corpi di almeno sessanta tra alti ufficiali delle Guardie rivoluzionarie e scienziati del programma nucleare – il vero potere dietro gli ayatollah – uccisi nei raid israeliani dell’ormai ribattezzata “guerra dei dodici giorni”. Il cuore della capitale si è fatto così corteo: da piazza Enghelab ad Azadi, undici chilometri di dolore e rabbia, scanditi da slogan che riportano l’orologio della storia agli anni della rivoluzione. «Morte a Israele», «morte all’America» e, adesso anche, «morte a Trump».

Teheran: funerali come simbolo del potere iraniano

Le immagini trasmesse dalla tv di Stato e rilanciate da media internazionali mostrano un Paese che si avvita su sé stesso attorno alla Guida suprema, Ali Khamenei, che è riapparso in video proclamando: «I sionisti sono stati schiacciati, abbiamo vinto». Un’affermazione che ha fatto levare la voce della Casa Bianca.

Trump: “Avrei potuto farlo uccidere, l’ho salvato io”

Dagli Stati Uniti, il presidente Donald Trump ha risposto con un post su Truth, nel quale ha rivelato ciò che finora era stato solo sussurrato: «Sapevo esattamente dove si trovava, e non ho permesso a Israele né alle Forze Armate statunitensi di porre fine alla sua vita. L’ho salvato da una morte veramente brutta e ignominosa, e dovrebbe dire “grazie, presidente Trump!”».

Non un caso, ma la conseguenza della denuncia da parte della rappresentanza iraniana in seno alle Nazioni unite. «Terrorismo di Stato» da parte di Stati Uniti e Israele, colpevoli – secondo Teheran – di aver minacciato l’assassinio dell’ayatollah. Trump non ci sta e sentenzia: «Negli ultimi giorni stavo lavorando a una possibile rimozione delle sanzioni… ora non più».

L’apertura era reale ma, secondo il presidente, «l’Iran deve rientrare nel flusso dell’ordine mondiale, altrimenti le cose peggioreranno per loro». La miccia si sarebbe spenta lì, tra l’indignazione di Teheran e il realismo di Washington.

Esplosioni all’alba, l’aria resta tesa

Mentre il corteo attraversava la capitale, diverse esplosioni sono state udite nei sobborghi occidentali. Le difese aeree iraniane sono entrate in azione a Karaj, Islamshahr, Parand e Mallard. Un déjà-vu ormai familiare, ma che stavolta si è innestato su una giornata già tesa. Il Pentagono ha confermato che i siti nucleari iraniani sono stati «gravemente danneggiati» e, per gli israeliani, l’Iran non sarebbe più «a un passo dalla bomba».

Ma Teheran non arretra. Le parole del ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi – nella foto inchinato su una delle bare – suonano come una chiusura netta: «Se il presidente Trump vuole davvero un accordo, dovrebbe mettere da parte il tono irrispettoso… Non permetteremo l’ingresso a Grossi (Aiea) negli impianti». E ancora: «Non conosciamo la parola resa».

Le vittime, il corteo, l’orgoglio

In mezzo a questa guerra di nervi, la scena dei funerali è quella che più fotografa il momento: le bare dei generali Bagheri, Hajizadeh, Tehranchi, Salami e dei loro familiari sfilano tra due ali di folla. Alcuni sono stati sepolti insieme a mogli e figli, in un rituale che sa più di sfida che di lutto. Il presidente Masoud Pezeshkian è presente, così come Esmail Qaani – dato più volte per morto – e il consigliere Shamkhani, visibilmente ferito ma ancora in piedi.

Le agenzie riportano che almeno 627 civili sono rimasti uccisi. Ma nel racconto ufficiale, nessuna esitazione: «I nostri martiri hanno portato progresso scientifico e rafforzato la deterrenza del Paese», si legge in un comunicato rilanciato dall’agenzia Isna.

Emirates chiude, l’Iran si isola

Nel frattempo, Emirates Airlines ha esteso fino al 5 luglio la sospensione di tutti i voli da e per Teheran. Una decisione motivata con la «situazione regionale», che è ormai instabile su ogni fronte. Intanto l’Iran si chiude sempre di più: no alle telecamere negli impianti nucleari, nessun permesso a Grossi e rifiuto totale all’Occidente.

Non ci sono commenti, inizia una discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Alice Carrazza - 28 Giugno 2025