
La scelta giusta
Smartphone a scuola, il divieto mette d’accordo tutti: condiviso dal 59% degli italiani e dagli esperti
La decisione del ministro Valditara di dire no anche all'uso didattico convince a tutti i livelli. Il pediatra Frentani: «Insegnare a staccarsi dal supporto elettronico è un elemento educativo e formativo che va anche nell'ottica della promozione della salute dei minori»
Tra la maggioranza degli italiani e tra gli esperti: registra consensi a tutti i livelli la decisione del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di vietare l’uso degli smartphone a scuola anche a scopo didattico e di estendere anche alle superiori il divieto già in atto dallo scorso anno fino alle medie. Secondo l’ultimo sondaggio Youtrend per Materia Grigia, l’approfondimento in prima serata di Sky TG24, il 59% degli italiani la vede come il ministro, dicendosi contrario agli smartphone durante l’orario scolastico qualsiasi sia il loro utilizzo.
Il 59% degli italiani d’accordo con Valditara
Solo il 36% ritiene invece che lo smartphone a scuola dovrebbe poter essere usato per specifiche attività educative, mentre il 5% non esprime un giudizio. D’accordo con la decisione di Valditara anche il pediatra, docente universitario e divulgatore scientifico Italo Frentani. L’esperto non demonizza l’uso dei cellulari e ritiene che anche la scuola possa essere utile per far sviluppare consapevolezza, ma avverte sulla necessità di limitare i tempi e sul rischio «dipendenza». «Ho sempre approvato l’uso del cellulare prima e poi dello smartphone da parte dei bambini anche piccoli. Ma l’uso di tutti questi dispositivi (smartphone, pc, tablet, Tv) non deve durare più di 2 ore al giorno. Fino a un utilizzo di un’ora e mezzo ci può essere infatti un guadagno dal punto di vista intellettivo, da 1,5 a 2 ore la situazione resta stazionaria e poi decresce», ha spiegato il medico all’agenzia di stampa Adnkronos.
Il ministro: «Non avere dipendenze significa essere liberi»
«Non avere dipendenze significa essere liberi. Perché se io non riesco a staccarmi da un oggetto, qualunque esso sia, è chiaro che non ho realizzato appieno la mia libertà, e quindi non sono riuscito a strutturarmi come persona nella sua completezza», ha detto Valditara, parlando anche lui con l’Adnkronos. «Dipendenza – ha aggiunto il ministro – può essere quella dal cellulare, come dalla droga, dai video giochi, dall’alcol. La capacità di essere realmente liberi, di non dipendere da qualcosa ce lo insegnano anche i classici, ho in mente quanto scriveva un imperatore come Marco Aurelio nei “Colloqui con se stesso” libro che i ragazzi dovrebbero leggere. La capacità di vincere ogni dipendenza credo che sia uno degli elementi costitutivi della maturità».
Il pediatra Frentani: «Insegnare a staccarsi dai dispositivi è educativo e formativo»
Per Frentani anche la scuola deve accompagnare bambini e ragazzi nell’uso corretto delle «risorse tecnologiche», ma – è l’avvertimento – «i supporti elettronici devono essere uno strumento, non devono creare dipendenza». Da qui l’approvazione per il divieto di smartphone raccomandato dal ministro. La scuola «non è solo un luogo di trasmissione di nozioni, ma un ambiente di formazione. Insegnare a sapersi staccare anche momentaneamente dal supporto elettronico – sottolinea Frentani – è un elemento educativo e formativo che va anche nell’ottica della promozione della salute dei minori».
Sugli smartphone a scuola una decisione presa col supporto della scienza
Presentando la circolare che ha esteso il divieto dell’uso degli smartphone anche alle superiori, del resto, lo stesso Valditara ha fatto esplicito riferimento ai numerosi studi scientifici sulla materia, citando in particolare quelli di Ocse, Oms e Istituto superiore di sanità. Lo stop, dunque, «appare ormai improcrastinabile alla luce degli effetti negativi, ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica, che un uso eccessivo o non corretto dello smartphone può produrre sulla salute e il benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche», ha chiarito il ministro, ricordando anche la «sempre maggiore attenzione da parte degli organismi internazionali e delle istituzioni sanitarie sulla necessità di adottare politiche in grado di contrastare i preoccupanti fenomeni che tali ricerche mettono in luce».