
La decisione del Riesame
Riina junior e il marito in carcere: estorsione e mafia in Toscana per la primogenita del “capo dei capi”
La figlia del defunto capo dei capi corleonese e il marito vanno in galera. Avrebbero continuato ad usare metodi mafiosi nei confronti di alcuni imprenditori toscani
Riina junior, la primogenita del boss, va in galera. Il Tribunale del Riesame di Firenze, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, ha disposto l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello, rispettivamente figlia e genero del defunto capo di “Cosa Nostra” Salvatore Riina, indagati in concorso per i delitti di estorsione aggravata dal metodo mafioso e di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso commessi ai danni di due imprenditori toscani.
Le accuse per Concetta Riina e il marito
La vicenda processuale ha origine nel mese di agosto del 2024, allorquando gli indagati inviarono alle persone offese le prime richieste estorsive. L’attività d’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e compiuta dal R.O.S. Carabinieri di Firenze ha permesso di accertare che Maria Concetta Riina, in concorso col coniuge, ha reiteratamente inviato pressanti, ossessive, minacciose richieste di denaro ai due imprenditori.
Le minacciose richieste di denaro hanno sortito l’effetto voluto, tanto da costringere uno dei due imprenditori a consegnare all’indagata dei soldi. Non solo: Antonino Ciavarello era ristretto presso un penitenziario e, nonostante ciò, riusciva a inviare con un telefonino messaggi alla moglie e a una delle persone offese.
“Siamo sempre noi”, il proclama della figlia di Riina
Tra i messaggi che sarebbero stati inviati alle presunte vittime la donna avrebbe anche detto: «Noi siamo sempre gli stessi di un tempo, le persone non cambiano».
Antonino Ciavarello, durante la detenzione nel carcere di Rieti, a marzo scorso aveva intrapreso uno sciopero della fame a causa delle lunghe attese per il mancato rinnovo della carta di identità, vicenda per la quale la moglie aveva rivolto un appello alle istituzioni: «Aspetta da giugno che gli venga rilasciata la carta di identità e ha bisogno di assistenza sanitaria urgente in carcere. Non è giusto quello che gli sta accadendo», aveva detto in quella circostanza Concetta Riina.
Toto’ u curtu e la famiglia
Morto al 41 bis a 87 anni il 2017, detto “u curtu” per via dell’altezza (1,58), Totò Riina era il capo dello spietato clan dei corleonesi che si impadronì della “cupola” siciliana. A lui sono addebitate le stragi di Via D’Amelio e Capaci, dove morirono Falcone e Borsellino. Ma anche le uccisioni di altri martiri dell’antimafia, da Terranova a La Torre, da Costa a Dalla Chiesa e a tanti altri: lo sterminio di tutti i rivali della mafia.
Ebbe come unica compagna di vita Antonietta Bagarella. Dall’unione nacquero quattro figli: Maria Concetta (1974), Giovanni Francesco (1976), Giuseppe Salvatore (1977) e Lucia (1980), tutti nati nella clinica Pasqualino e Noto di Palermo dove la madre era regolarmente registrata con il suo nome. Mentre il marito era ufficialmente latitante.