
Teatro e lotta alla mafia
La tragedia di Sofocle a Siracusa. Fiammetta diventa l’Elettra nella tragedia del giudice Paolo Borsellino
Non so perché, ma l’Elettra di Sofocle mi ha ispirato sentimenti così contemporanei. Forse troppo. E tanto soggettivi, lo riconosco. Sicuramente mi ha determinato l’efficace drammaturgia posata da Roberto Andò sul magico Teatro di Siracusa. E più di ogni altra cosa l’interpretazione di Sonia Bergamasco: passionale, fortemente scenica, corporale e vocale, consustanziale rispetto all’eroina immaginata dal tragico greco; una vertiginosa mimesi mistica.
La figlia di Paolo Borsellino come Elettra: il mito, la finzione e la realtà
Nella mia – lo riconosco – discutibile percezione – tra finzione, mito e realtà – ho immaginato Elettra come Fiammetta Borsellino decisa ad avere giustizia per il padre macellato dalla mafia: attendo la relazione finale dell’Antimafia presieduta da Chiara Colosimo che ha lavorato per due anni alla morte del giudice; e anche, su un piano più artistico, ma non meno “reale”, l’uscita imminente del film-sfida di Aurelio Grimaldi (“Il depistaggio Borsellino”) per recuperare un altro frammento di verità su questa realissima tragedia che segna le carni della nostra storia nazionale.
La madre di Fiammetta non è, in questo mio audace parallelo, la dolce e fedele Agnese, ma la Sicilia peggiore che sa essere violenta, volgare, cruenta. Ed Egisto è uno dei traditori di Paolo: in toga. “Mi ha sorpreso scoprire che dopo 32 anni nemmeno i figli del giudice Borsellino conoscessero i contenuti del verbale che sequestrava quello che c’era nel suo ufficio in procura” ha detto Colosimo. Inquietante.
Un’eroina giustiziera di indicibili patti e inganni
Una delle ragioni che ha spinto la mia mente a “vedere” Elettra-Sonia come Fiammetta e viceversa: eroina “forsennata”, senza freni e moderazioni, giustiziera di apparenze e inganni. E di indicibili patti, di orrendi e stratificati appeasement tra pezzi di Stato e Anti-Stato: il tradimento peggiore. Come la figlia di Agamennone, Fiammetta é toccata dal Tragico; che era dipinto sul viso di Paolo, vittima consapevole del suo certo destino di morte, a differenza dell’Atride, che non lo sospettava.
La Sicilia é Ellade, dove – mi spiegava a inizio spettacolo una grande grecista come Monica Centanni – si conservò la lingua che lì andò perduta e recuperata dopo quattro secoli di dominazione straniera: per ciò il teatro di Epidauro ospita eventi che non possono avere la tradizione e la qualità delle rappresentazioni classiche siciliane; le quali hanno attraversato e superato due guerre mondiali e non poche opposte incomprensioni, da Marinetti a Vittorini. E danno ancora il senso di ciò che ci accade, l’eterno presente del nostro drammatico quotidiano. Un theáomai di vita e di morte; che é ciclica lezione di umana sapienza e divina bellezza.