
L'alert dei medici
«La cannabis aumenta sensibilmente il rischio di infarto e ictus, anche nei giovani»: lo studio sui dati di 200 milioni di pazienti
L'analisi è stata condotta dall'università di Tolosa ed è una delle più ampie mai realizzate sulla correlazione tra marijuana e malattie cardiovascolari. L'esperta Usa: «Non è più quella degli anni '70, il principio attivo è 510 volte più forte e dà dipendenza»
La cannabis aumenta considerevolmente il rischio di morte per infarto e ictus, indipendentemente dall’età di chi ne fa uso. Dunque, anche nei giovani. È quanto emerge da uno studio dell’Università di Tolosa, che ha preso in considerazione dati medici aggregati di 200 milioni di persone tra i 19 e i 59 anni di Australia, Egitto, Canada, Francia, Svezia e Stati Uniti negli anni dal 2016 e al 2023. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Heart e rappresenta una risposta scientifica a quanti si ostinano a considerare la cannabis “innocua” sotto tutti i punti di vista, tanto da chiederne la legalizzazione.
Lo studio che svela il rischio di infarto e ictus legato all’uso della cannabis
«Ciò che è stato particolarmente sorprendente è stato che i pazienti interessati, ricoverati in ospedale per questi disturbi, erano giovani (e quindi, difficilmente presentavano le caratteristiche cliniche dovute al fumo di tabacco) e senza una storia di disturbi cardiovascolari o fattori di rischio cardiovascolare», ha affermato l’autrice principale Émilie Jouanjus, professore associato di farmacologia presso l’Università di Tolosa, citata dal sito della Cnn che dà conto dello studio.
Anche gli alimenti a base di marijuana sono pericolosi
Secondo lo studio, chi faceva uso di cannabis aveva un rischio maggiore del 29% di infarto e del 20% di ictus rispetto ai non consumatori. Secondo un altro studio, stavolta presentato a maggio su Jama Cardiology, va anche molto peggio se la cannabis viene assunta sotto forma di alimenti: «Abbiamo scoperto che la funzione vascolare era ridotta del 42% nei fumatori di marijuana e del 56% negli utilizzatori di prodotti commestibili a base di Thc rispetto ai non utilizzatori», ha dichiarato in una precedente intervista alla Cnn la dott.ssa Leila Mohammadi, ricercatrice associata in cardiologia presso l’Università della California di San Francisco.
La ricerca smonta l’idea che la cannabis non comporti rischi
La pediatra Lynn Silver, professoressa clinica di epidemiologia e biostatistica presso l’Università della California di San Francisco, ha sottolineato che quello dell’Università di Tolosa «è uno degli studi più ampi finora condotti sulla correlazione tra marijuana e malattie cardiache, e solleva seri interrogativi sull’ipotesi che la cannabis comporti un rischio cardiovascolare basso».
L’appello degli esperti a prendere in seria considerazione i dati
Lo studio, così come altri simili, sebbene meno estesi, è diventato un’ulteriore leva per medici e consulenti della sanità per chiedere una seria valutazione delle scelte politiche intorno alla cannabis e delle informazioni trasmesse al grande pubblico sui suoi effetti. La richiesta è di creare alert come avviene per il tabacco, smontando la vulgata secondo cui la cannabis non farebbe male, in quanto “naturale”. Un’idea «sbagliata», ha spiegato alla Cnn la dottoressa Beth Cohen, professoressa di medicina presso l’Università della California di San Francisco.
La marijuana non è più quella degli anni ’70: «Il principio attivo è 510 volte più forte»
Anche perché di “naturale”, ormai, c’è davvero poco o, forse, niente. «Il mercato della cannabis è un bersaglio in movimento. Diventa ogni giorno più potente», ha detto ancora la dottoressa Silver che è anche consulente senior per la questione cannabis della Onlus Public Health Institute. «Quello che viene venduto oggi in California è 510 volte più forte di quello che era negli anni ’70. I concentrati possono contenere il 99% di Thc puro. Le sigarette elettroniche (di marijuana, ndr) contengono oltre l’80% di Thc.
Altro che leggera: tra gli effetti ci sono dipendenza, psicosi e malessere
Tra gli effetti della cannabis moderna c’è anche la dipendenza, che il Centro per il controllo delle malattie e la prevenzione Usa ha osservato in tre persone su 10. «Sappiamo che una cannabis più potente aumenta la probabilità di sviluppare dipendenza», ha confermato Silver, aggiungendo che «sappiamo che una cannabis più potente aumenta la probabilità di sviluppare psicosi, vedere e sentire cose inesistenti, o schizofrenia. I consumatori abituali possono anche soffrire di vomito incontrollabile».
L’appello alla corretta informazione anche rispetto all’uso in ambito medico
«Mentre la scienza continua a studiarne i rischi, gli esperti affermano che è giunto il momento di riflettere due volte sui potenziali danni del consumo di cannabis, soprattutto se si teme di avere malattie cardiache», è dunque il commento di Sandee LaMotte, che firma l’articolo della Cnn. È stata poi ancora la dottoressa Silver a mettere in guardia anche rispetto all’uso medico della cannabis, che con va mai affrontato con leggerezza: «Se fossi una persona di 60 anni a rischio di malattie cardiache, sarei molto cauta nell’usare la cannabis. Ho visto persone anziane che usano cannabis per il dolore o per dormire, alcune delle quali hanno un rischio cardiovascolare significativo, o hanno avuto ictus, infarti o angina, e non sono consapevoli che questo potrebbe aumentarne il rischio».