CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Il Ponte sullo Stretto

L'intervento

Il Ponte sullo Stretto, la mafia vera e quella immaginaria: la criminalità non si combatte impedendo le opere e il lavoro

È possibilissimo che le cosche vogliano infiltrarsi come in qualsiasi altra cosa dove girino i soldi, ma l'antidoto non sono né l'immobilismo né l'antimafia di maniera: la mafia è una potenza nemica organica e come tale va affrontata

Politica - di Ulderico Nisticò - 8 Giugno 2025 alle 07:00

A scanso di sofismi malevoli, preliminarmente dichiaro che io voglio il Ponte sullo Stretto, come voglio qualsiasi cosa scuota la mia Calabria dal suo eterno e contemplativo “poi vediamo”, e il “poi” non arriva mai. Qualcuno paventa che si potrebbe infiltrare la mafia… Con questo bel ragionamento da tema in classe copiato (e dall’insegnante copiata anche la traccia!), non si potrebbe fare nulla, in Calabria. A dire il vero, da nessuna parte del mondo si può fare qualcosa che non attiri sciacalli di ogni stirpe e natura; e non dico solo la criminalità “organizzata”, anche quella occasionale e autogestita. Solone pare abbia informato i suoi amici della legge sull’abolizione dei debiti, e giù tutti a comprare in anticipo a credito, e poi gratis! Catullo accusa Cesare di conquistare la Britannia per ingrassare i suoi amici ladroni. Leggete poi il XIX dell’Inferno, il XX del Purgatorio… eccetera.

E veniamo alla mafia. È possibilissimo che essa voglia interessarsi al Ponte come a qualsiasi altra cosa dove girino i soldi. Vero, ma cos’è questa mafia che si teme dovrebbe mettere le mani sul manufatto e sui relativi finanziamenti? Davvero qualcuno pensa che la mafia del 2025 sia “don Cicciu” e “don Micu” con la coppola e la faccia tagliata, i quali vengano a chiedere all’operaio il 5% del suo magro peculio, magari sotto forma di un bicchierino al bar? E già, questo è il significato originario di “pizzo” da “bagnare”. A proposito di significati, ora vi rivelo cosa vuol dire “ndrangheta” secondo me: greco andragathìa, valore di un uomo, omertà; valore, parola greca moralmente neutra, mica vuol dire bontà; vuol dire capacità di fare quello che si deve fare, soprattutto se si riceve un ordine da chi è a capo di una gerarchia; obbedienza attiva, e senza “sgarro”. Da ciò derivò un mondo di simboli, a volte pittoreschi e buffi, però all’occorrenza terribilmente seri. Mi è stato raccontato di un tizio che vantava, in mafia, il titolo, udite udite, di “comandante di un corpo di cavalleria formato”, però faceva il sarto, e in vita sua non era mai salito nemmeno sopra un asinello. Altri sono abili a qualsiasi cosa, omicidi inclusi, e senza vantare gradi da ragazzi della via Pal.

Cose di una volta, forse, e in buona parte inventate per vanteria. La ‘ndrangheta del XXI secolo non pilucca il pizzo di mediocre vino; oggi manovra miliardi di euro e dollari e qualsiasi altra valuta visibile e cripto. Quando era povera gente, iniziò ad arricchirsi con i sequestri di persona, altro mistero dell’Italia degli anni 1960-80 che nessuno ha mai credibilmente svelato. Accumulato tal malvagio denaro, lo investì in spaccio di droga, turpe ignobile affare molto redditizio. Conserva ancora, per accortezza, qualcuna di quelle reminiscenze del passato, se dovesse servire un sicario molto volenteroso e pochissimo informato… e sovente destinato a breve vita.

Qualcuno le applica ancora all’antica in qualche area arcaica, roba superata; e la mafia odierna i soldi li ha in qualche banca di Singapore e Vanuatu; banca, s’intende, di sua proprietà; e certo non li tiene in un conto intestato alla “Cosca di Bosconero” con capobanda semianalfabeta; li gestisce una legalissima multinazionale, ovvero “holding” mondiale il cui “manager” è plurilaureato con “master”, e, ovviamente, è incensurato, e mai ammazzò qualcuno, anzi nemmeno da bimbo rubò la marmellata al compagno di banco, se mai gliene offriva… e a scuola pigliava otto e nove nei termini antimafia (vedi sopra!), e sfilava tra i primi durante una bella salata di massa per il convegno antimafia con relatore pagato. Questa è la mafia, non fantasie da romanzi.

E qui, consapevole di entrare in un terreno spinoso, lancio una provocazione. Sarebbe il caso di distinguere il singolo mafioso, colpevole di personali reati, e anche le singole cosche intese come somme di singole persone, e ciò è di competenza di forze dell’ordine e magistratura, il cui compito è accertare le responsabilità individuali, meglio se solo quelle e non dei quarti cugini (è successo!); dico la mafia intesa come una potenza nemica organica; e una eventuale potenza nemica non è una casuale somma di singoli nemici da processare uno per uno in quattro o cinque gradi. Mi fermo qui, confidando nell’intelligenza del lettore.

E c’è un problema culturale: dobbiamo combattere fieramente la mafia, ma la mafia vera, non quella immaginaria degli antimafia di mestiere e degli intellettuali sempre cittadini onorari di Fontanasecca; la mafia autentica e non quella lombrosiana e da romanzo e da discorsi fiume. E la mafia certo non si combatte impedendo le opere pubbliche e il lavoro; anzi, esattamente il contrario.

Problema culturale è anche liberare la Calabria da un’immagine folcloristica di maniera, che spesso il forestiero crede sia quella di un terra di delinquenza quotidiana; cosa che non è avallata dalla cronaca, tutt’altro: e su questo si dovrebbe riflettere. La mafia, ripeto, non è una questione sociologica, è una realtà criminale; criminale ma bene, troppo bene organizzata.

Un corollario. Se la mafia calabrese, e tutte le altre mafie del mondo, esistono e resistono, è anche perché tra i disonesti conclamati e i più o meno onesti c’è una zona grigia di non mafiosi e non criminali, che ha rapporti di fatto con il crimine, senza però giurare con rito mafioso e recarsi ogni tanto a mangiare la capra. Rapporti muti: sono i Calogero Sedara del Gattopardo, borbonico e garibaldino, poi liberale e sindaco e deputato sabaudo, cui la mafia siciliana fa il favore di eliminare il suocero impresentabile, però a don Calogero non lo dice; e, attenti qui, non è stato lui a ordinare la comoda esecuzione. Ecco un bell’esempio di zona grigia, molto più delinquenziale della mafia, eppure dalla fedina penale immacolata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Ulderico Nisticò - 8 Giugno 2025