
L'addio a un mito
È morto Brian Wilson, fondatore dei Beach Boys: anima inquieta e spensieratezza californiana, così rivoluzionò il pop (video)
Avrebbe compiuto 83 anni il 20 giugno, soffriva di un grave disturbo neurocognitivo. Da Surfin' U.S.A a Barbara Ann, ha firmato alcune delle melodie più orecchiabili di sempre. Ma è God Only Knows a essere considerata il suo capolavoro: per Paul McCartney è "la canzone più bella mai scritta"
È morto a pochi giorni dal suo 83esimo compleanno un mito della musica pop americana e non solo: Brian Wilson, fondatore dei Beach Boys. La notizia della scomparsa dell’artista californiano è stata data dalla famiglia sui suoi social media: «Siamo addolorati nell’annunciare la scomparsa del nostro amato padre Brian Wilson. In questo momento siamo senza parole. Vi preghiamo di rispettare la nostra privacy, poiché la nostra famiglia è in lutto. Sappiamo di condividere il nostro dolore con il mondo. Con amore e misericordia». Da tempo la stessa famiglia aveva reso noto che Wilson soffriva di un «grave disturbo neurocognitivo» e stava assumendo farmaci per la demenza.
Come nacquero i Beach Boys
Wilson era nato il 20 giugno 1942 a Inglewood, una città nel sud-ovest della contea di Los Angeles, in California, e aveva mostrato fin da piccolissimo un grande interesse per la musica che lo portò negli anni del college a formare con i suoi fratelli Carl e Dennis e insieme a Mike Love e Al Jardine una band che inizialmente si chiamava Pendletones e che per volontà della loro prima etichetta discografica, la piccola Candix Records, venne ribattezzata Beach Boys.
Una rivoluzione musicale “surfando” sulla spensieratezza
Dopo aver raggiunto nel 1961 la Top 10 con Surfin’ U.S.A. e Surfer Girl, i Beach Boys raggiunsero la vetta delle classifiche nel 1964 con I Get Around, e ottennero il primo posto in classifica anche negli anni successivi del decennio con Help Me, Rhonda e Good Vibrations. Pet Sounds, del 1966, è una pietra miliare nelle classifiche dei migliori album rock, e includeva classici intramontabili come God Only Knows e Wouldn’t It Be Nice.
Brian Wilson, un visionario dall’anima inquieta
Wilson era l’anima visionaria dei Beach Boys, il ragazzo prodigio che trasformò le malinconie adolescenziali in «sinfonie per Dio», come lui stesso le definiva, rivoluzionando il concetto stesso di canzone pop e trasformando la spensieratezza californiana in arte sonora. Una “leggerezza” musicale dietro la quale però si celava un uomo tormentato, segnato da fragilità psichiche e da una lunga battaglia contro le dipendenze, che hanno reso la sua vita un cammino costellato da trionfi musicali ineguagliabili, ma anche da lotte interiori, fragilità profonde e rinascite inattese.
Dopo il grandissimo successo di uno stile che influenzò anche i Beatles, le tensioni all’interno della band, in particolare con Mike Love, e l’ossessione per il progetto Smile, mai completato all’epoca, portarono Brian a un crollo psicologico. L’abuso di droghe, la depressione e le terapie aggressive segnarono i suoi anni successivi, trasformandolo da star a figura quasi mitica, un recluso geniale che scriveva canzoni in un pianoforte incastonato nella sabbia del suo salotto.
Il ritorno sulle scene in grande stile
Dopo anni di silenzio, Wilson tornò in scena negli anni ’80 e ’90, sotto la controversa guida del terapeuta Eugene Landy. Iniziò una carriera solista che, tra alti e bassi, gli restituì in parte la luce. L’album Brian Wilson Presents Smile, completato nel 2004, fu accolto con entusiasmo e gli valse il suo primo Grammy.
Il film “Love & Mercy” (2014), con Paul Dano e John Cusack nei suoi panni, ne raccontò con delicatezza le ombre e la redenzione. Negli anni successivi, Wilson si riavvicinò a Jardine e ad altri membri storici dei Beach Boys per nuove collaborazioni e tournée celebrative, senza mai perdere il legame con la musica che lo aveva salvato e, allo stesso tempo, tormentato.
Quando Paul McCartney disse: «È sua la più bella canzone mai scritta»
Brian Wilson è stato molte cose: il Mozart del pop, come era stato definito, un innovatore sonoro, un poeta del sentimento adolescenziale. Ma soprattutto, è stato l’uomo che ha insegnato al mondo che anche i sogni più luminosi nascono dal buio dell’anima. La sua musica è stata un abbraccio a chi non si è mai sentito “abbastanza”, un invito a trovare bellezza nel dolore, e armonia nel caos.
Oggi lo piangono la moglie Melinda, i figli, i fan di ogni generazione. Ma, forse, il modo migliore per ricordarlo è riascoltare le sue canzoni, a partire da quella God Only Knows, che Paul McCartney ha definito «la più bella mai scritta».