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Toni da campagna elettorale

Crisi iraniana, opposizione in tilt: a Conte e Schlein mancano solo i gessetti colorati, Faraone scherza sul burraco

Esteri - di Carlo Marini - 23 Giugno 2025 alle 21:06

Mentre la crisi iraniana incombe, l’opposizione perde un’altra occasione per dare una parvenza di serietà e responsabilità: l’intervento del premier Giorgia Meloni in un momento di grave instabilità internazionale, viene accolto con ingiustificati toni da campagna elettorale.

«Ascoltare le repliche delle opposizioni alle parole del Presidente Meloni getterebbe nello sconforto chiunque non conosca la pochezza delle stesse. Si presentano con cinque risoluzioni, balbettano sul sostegno doveroso all’Ucraina, non riescono a comprendere la lunare pericolosità dell’Iran, farneticano sulle spese militari e sulla necessità di rispondere presente ad una politica di sicurezza internazionale». In poche parole Paolo Trancassini sintetizza al meglio le dichiarazioni di voto degli esponenti dell’opposizione «alle parole chiare della premier sulle grandi emergenze che segnano il nostro tempo, e che meriterebbero una condivisione senza colori e senza divisioni».

Crisi iraniana: l’opposizione si presenta con cinque risoluzioni

Invece, sottolinea il deputato di Fratelli d’Italia, «rispondono con slogan anni ’70 che pensavamo doverosamente finiti nel dimenticatoio, frustrando quella visione diplomatica e negoziale che incarna il governo Meloni. Gli italiani, però – conclude Trancassini – hanno chiaro tanto il grande lavoro svolto dalla premier, che si inserisce in un quadro di solida concertazione con i nostri principali partner ed alleati, quanto il carattere strumentale e drammaticamente privo di argomentazioni delle opposizioni italiane».

Come Elly Schlein, che schiera il Pd pancia a terra sulle vecchie posizioni contro la Nato del Pci di Togliatti. «Siamo contrari all’obiettivo di portare al 5% la spesa militare, è irrealistico e dannoso». E ancora: «Lei ha detto che le carte internazionali scritte molte decenni fa non sarebbero più in grado di affrontare le grandi questioni del nostro tempo. Io non sono d’accordo, gliene cito una attualissima, la costituzione italiana che dice che l’Italia ripudia la guerra e vuole la pace». Mancano solo i gessetti colorati e i fiorellini da Hippy.

La battutona del renziano Davide Faraone, la replica di Meloni

Anche chi dovrebbe avere una posizione all’apparenza più responsabile, come il renziano Davide Faraone, scivola nella battute da talk show: Meloni «ha esaltato l’azione del governo definito ‘protagonista in tutti i tavoli’. L’unico tavolo dove è protagonista è quello di Burraco, negli altri siamo assenti». Una battuta che Meloni in replica non manca di liquidare in poche parole: «È parecchio che non mi capita di passare giornate al tavolo da burraco, le passo spesso cercando di affrontare le grandi crisi in atto».

Ma il colmo del ridicolo è raggiunto dal leader M5s, Giuseppe Conte. «Sono tre anni che ci chiediamo quale traccia ha lasciato, su quale dossier ha inciso, quale sia la politica estera dell’Italia. La verità è che lei ha sempre provato a stare nel mezzo, cercando di non scontentare mai le decisioni prese a Bruxelles, Washington o alla Nato». Lo ha detto colui che Donald Trump chiamava Giuseppi e che da premier ha firmato con la Cina la via della Seta, che ha fatto fregare le mani solo a Pechino.

Chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Anzi, il primo sasso. Come Angelo Bonelli dei Verdi, che stavolta sulla crisi iraniana non tira fuori volantini né oggetti folcloristici, ma  slogan sessantottini contro gli amerikani. «Questo governo svende la nostra politica estera all’industria bellica americana, abbandona il diritto internazionale, e umilia l’Italia. Ma noi non ci stiamo. Non nel nostro nome», tuona l’esponente di Avs. Che con gli ayatollah probabilmente andrebbe a trattare armato dei sassi dell’Adige.

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di Carlo Marini - 23 Giugno 2025