CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Batman Begins compie vent’anni

Il tempo dell'eroe tragico

Batman Begins compie vent’anni: il capolavoro di Nolan parla ancora a chi rifiuta il conformismo

Nel 2005 il regista britannico riscriveva il mito di Bruce Wayne. Oggi resta il ritratto lucido di un potere che agisce nel silenzio, tra giustizia, lacerazione e fedeltà a un codice morale

Cultura - di Alice Carrazza - 15 Giugno 2025 alle 07:00

Vent’anni fa, il 15 giugno 2005, usciva nelle sale americane Batman Begins. Un film che non ha soltanto rilanciato una delle saghe fumettistiche più iconiche, ma ha impresso un marchio di fuoco nella memoria cinematografica di un’intera generazione. Non era più tempo di supereroi in calzamaglia che volteggiano tra gli skyline di cartone. Era il tempo dell’uomo solo, del peso insopportabile della scelta, della responsabilità che piega le ginocchia. Ed era, soprattutto, il tempo di un regista come Christopher Nolan, che con questo film firmava un nuovo patto narrativo con lo spettatore: niente voli pindarici, solo cadute reali.

Batman Begins e la psiche del simbolo: tra realismo e trauma

A chi ha visto la pellicola in sala, specie nei rarissimi Imax dell’epoca, il ricordo si imprime con la forza di un trauma elaborato. Nolan non chiede di credere ai supereroi. Chiede di domandarsi: cosa spinge un uomo, un miliardario orfano, a indossare una maschera e sfidare il crimine nel cuore della notte? Il film non cerca risposte semplici. Mette in scena un’esplorazione: del dolore, della paura, della rancore e della colpa. Il pipistrello non è un simbolo di potenza, ma il riflesso di un trauma infantile, di un pozzo oscuro in cui il giovane Bruce Wayne precipita per poi risalire solo da adulto, armato della stessa ombra che un tempo lo atterriva.

La linea che non si attraversa

«La tua compassione è una debolezza che i tuoi nemici non condivideranno», dice Ra’s al Ghul in una scena. Ma Bruce risponde con un codice morale che resta intatto: non uccidere. Perché il confine tra giustizia e vendetta non è un orpello etico. È la linea rossa che separa l’uomo dal mostro. Ed è proprio questa tensione morale, non la violenza, a costituire il vero cuore pulsante del film.

Gotham come metafora del potere

Wayne, come ogni uomo politico autentico, affronta il paradosso del potere: governare il caos senza esserne travolti. Gotham non è una città: è l’allegoria di un corpo sociale corrotto, dove ogni istituzione è stata conquistata dalla paura o dalla complicità. La risposta di Batman non è il populismo, né la rassegnazione. È la creazione di un simbolo, di un’idea che vive al di sopra della carne. «Come uomo, sono carne e sangue: posso essere ignorato, posso essere schiacciato. Ma come simbolo, posso essere incorruttibile. Posso essere immortale».

Il potere che non ha bisogno di urlare, solo di agire

Ecco il punto. In Batman Begins non c’è solo l’origine di un “vigilante”, ma il ritratto politico di un uomo che sceglie di portare sulle spalle il peso della città. Non chiede il consenso, non cerca applausi. Agisce, ne paga la conseguenze, resiste. Con un rigore che ricorda certe figure tragiche del potere reale. L’eroe nolaniano non è mai un salvatore. È un uomo che sceglie di non piegarsi. Un uomo di cui il nostro tempo ha disperata nostalgia.

Vent’anni dopo

A distanza di un ventennio, Batman Begins non ha perso un grammo della sua forza. Non solo perché ha imposto un nuovo paradigma al cinema di genere. «Servono eventi drammatici per scuotere la gente dall’apatia», dice Wayne. Una riflessione che sembra anticipare il concetto di “levigatezza” di Byung-Chul Han: una condizione propria della nostra epoca, in cui gli individui appaiono smussati, senza spigoli, conformati a un’estetica che rifugge il conflitto ed evita la profondità. In questo contesto, Batman Begins ci ricorda che il potere autentico non ha bisogno di esibirsi. Agisce nel silenzio. E nel buio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Alice Carrazza - 15 Giugno 2025