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Un momento della presentazione del film Albatross, sulla vita di Almerigo Grilz

Nelle sale il 3 luglio

Abbiamo visto Albatross, il film su Almerigo Grilz. Giulio Base: «Polemiche? Me le aspetto». Giancarlo Giannini: «Futtitenn» (video)

La pellicola racconta la vita di Grilz, dall'impegno politico nel FdG a quello come inviato di guerra indipendente. Ne esce un ritratto che va oltre gli steccati ideologici. Il regista: «Era giusto raccontare questo personaggio»

Cronaca - di Annamaria Gravino - 30 Giugno 2025 alle 16:18

La prima cosa da dire su Albatross, il film scritto e diretto da Giulio Base sulla vita del giornalista triestino Almerigo Grilz che uscirà al cinema il 3 luglio, è che è un bel film: è ben girato, ben recitato, ben costruito, un piccolo miracolo di produzione, realizzato con un budget tutto sommato limitato (2,5 milioni di euro) da One More Pictures con Rai Cinema, il contributo del Ministero della Cultura, Apulia Film Commission e Friuli Venezia Giulia Film Commission e la distribuzione di Eagle Pictures. La seconda è che è un film coraggioso: Grilz, il primo giornalista di guerra italiano a morire sul campo dopo la fine del secondo conflitto mondiale, è stato a lungo “l’inviato ignoto”, secondo l’efficacissima definizione che di lui diede Toni Capuozzo. Aveva un peccato originale, per decenni considerato non superabile: aveva militato a destra, nel Fdg e nel Msi. Farsi carico di raccontare la sua storia non era una scelta scontata. La terza è che è un film politico, ma non nel senso che si potrebbe pensare. La politica percorre tutta la pellicola e incide sul carattere dei protagonisti, ma il suo intento politico è quello che Base ha sintetizzato in conferenza stampa spiegando che voleva «abbattere muri»: «Scavare nel passato, fare un film nel presente, dare una chiave per il futuro: dialogare».

“Albatross”, il film di Giulio Base su Almerigo Grilz

Il film – girato interamente in Italia, dove sono stati ricostruiti gli scenari dei diversi luoghi del mondo in cui Grilz ha operato da inviato – si apre con scontri di piazza, a Trieste, tra opposte fazioni: Grilz, interpretato da Francesco Centorame, guida quella della destra; Vito, un personaggio di fantasia interpretato nel passato da Michele Favaro e nel presente da un meraviglioso Giancarlo Giannini, quella della sinistra. Se le danno di santa ragione, ma quando è il momento di scappare dalla polizia si aiutano a vicenda. Da lì nascerà un legame, più che una vera amicizia, basato sul rispetto reciproco e sul riconoscimento dell’altro da sé nella sua umanità, oltre gli steccati ideologici che pure sono alti.

Un richiamo a mettere da parte i pregiudizi e le ideologie

È attraverso Vito, soprattutto quello del presente, che Base restituisce allo spettatore la necessità di mettere da parte i pregiudizi e le ideologie e ricominciare a guardare alle persone. Mentre è lo stesso regista, in una breve partecipazione come attore, ad assumersi l’onere di interpretare il personaggio «più antipatico», quello che si oppone all’apposizione di una targa in memoria di Grilz sulla sede dell’Ordine dei giornalisti di Trieste. «Quel personaggio – ha spiegato Base – è un po’ un cortocircuito, ma voluto. Volevo sottolineare che qui non c’è propaganda, che qui c’è cinema, c’è complessità».

Vita avventurosa di un «inviato di guerra indipendente»

Base ha ammesso di essersi «un po’ fatto prendere la mano dall’affetto» nei confronti di Grilz e di aver voluto dare conto anche delle «critiche» che nel tempo gli erano state mosse. In sintesi, la narrazione ancora oggi in vigore in alcuni ambienti secondo cui Grilz sarebbe stato prima di tutto un “picchiatore fascista” e uno che faceva il giornalista di guerra non per amore della notizia, ma per raccontare in modo partigiano le storie che sentiva più affini.

A quel punto del film, però, quella narrazione è già lontanissima: nella pellicola vediamo lo slancio con cui Grilz abbraccia la professione di «inviato di guerra indipendente», come amava definirsi; il modo in cui ci arriva dopo un periodo “sabbatico” in cui muove i primi passi come fotoreporter sulle strade d’Europa, inseguendo prima di tutto la sua voglia di scoprire il mondo; l’entusiasmo e quasi l’incoscienza giovanile con cui, insieme a Gian Micalessin e Fausto Biloslavo (che hanno partecipato attivamente al perfezionamento della sceneggiatura ed erano alla presentazione, ndr), fonda l’agenzia di stampa Albatross per avere una “copertura” professionale durante il lavoro nelle zone delle guerre più dimenticate. Lo vediamo sgomento di fronte al sangue dei combattimenti, sofferente nelle lunghe marce al seguito dei contingenti, consapevole che «sono uno dei pochi appagati dal lavoro che fa» e orgoglioso nel rivendicare di non aver pulsioni vittimiste, anche se il suo lavoro, per motivi politici, è più apprezzato all’estero che in Italia.

E, ancora, lo vediamo innamorato, scanzonato, entusiasta, arrabbiato, emozionato, come può esserlo un ragazzo prima e giovane uomo poi che abbraccia la vita con coraggio, fino al momento in cui il 19 maggio 1987, a 34 anni, filma la sua morte, colpito in Mozambico durante gli scontri a fuoco tra i guerriglieri della Renamo e i governativi del Frelimo.

Il regista: «Era giusto raccontare questo personaggio»

«Era giusto raccontare questo personaggio», ha detto Base, spiegando di aver studiato moltissimo per capirlo. Il film ha avuto una lunga gestazione, la prima idea si è affacciata nel 2019, le riprese sono partite nel novembre 2023. Per Base è stata determinante l’introduzione di Toni Capuozzo, cui è ispirata la figura di Vito, a uno dei libri che stava leggendo: un giornalista di tutt’altra impostazione politica che avvertiva sul fatto che alla figura di Grilz si deve rispetto.

Il cardinale Zuppi: «La storia di Almerigo Grilz è una storia importante»

«La storia di Almerigo Grilz è una storia importante, di un uomo coraggioso che faceva conoscere quello che era nascosto, che non esisteva perché non c’erano immagini. Davvero dobbiamo a lui la conoscenza di una realtà, quella del Mozambico, e il coraggio di andare e rischiare la vita come purtroppo poi è avvenuto per lui», ha detto il cardinale Zuppi, in un videomessaggio mostrato durante la conferenza stampa e realizzato per la presentazione di un altro lavoro su Grilz, il documentario Missione Mozambico 2025 di Davide Arcuri, che racconta il viaggio di Biloslavo e Micalessin per apporre una targa sull’albero secolare sotto il quale nel Paese africano riposano le spoglie di Almerigo.

Le possibili polemiche? Giancarlo Giannini a Base: «Futtitenn»

«Si aspetta polemiche? E, in caso, come risponde?», è stato chiesto a Base. «Se non me le aspettassi, sarei un illuso», ha risposto il regista, raccontando di aver ricevuto un messaggio da un importante giornalista che, prima ancora di aver visto il film, diceva che «Leni (Riefenstahl, ndr) ce l’ha fatta, vediamo tu dove arrivi». «A Trieste – ha aggiunto – qualcuno della troupe si è rifiutato di partecipare ai lavori. Io mi auguro che le critiche arrivino dopo aver visto il film perché col pregiudizio si fanno dei danni. Quando arriveranno, valuterò come rispondere». Intanto, un suggerimento impagabile l’ha dato Giancarlo Giannini: «Futtitenn».

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di Annamaria Gravino - 30 Giugno 2025