
Il giorno del giudizio
Pfizergate: mercoledì il tribunale Ue decide sugli sms segreti di Von der Leyen
Mercoledì il Tribunale di primo grado deciderà se gli scambi con Albert Bourla, Ceo di Pfizer vadano finalmente pubblicati: in gioco la credibilità della presidente e la trasparenza dell’intera Unione. "Il segreto non è accettabile"
L’eredità politica di Ursula von der Leyen è appesa a un sms. O a più d’uno. Mercoledì, il Tribunale dell’Unione europea emetterà una sentenza che rischia di intaccare profondamente la reputazione della presidente della Commissione. In gioco non c’è solo la trasparenza – parola già abusata a Bruxelles e dalla stessa von der Leyen– ma il principio stesso su cui l’Unione pretende di fondarsi: la responsabilità istituzionale.
Il caso Pfizer-von der Leyen, tutt’altro che “trasparente”
E stavolta il dito è puntato dritto contro chi, in teoria, avrebbe dovuto garantire la chiarezza ai tempi. La Commissione europea – e con essa la sua presidente, tutt’ora in pectore – è accusata di aver seppellito, tra le pieghe del protocollo, una conversazione privata ma decisiva: una manciata di messaggi con il Ceo di Pfizer, Albert Bourla, con cui venne negoziato il più grande contratto vaccinale nella storia Ue. Un affare da miliardi.
“La cultura del nascondere” nella Commissione
Una «cultura del nascondere». Così la definì, senza mezzi termini, Emily O’Reilly, il mediatore europeo in carica dal 2013 al 2025. «L’elefante che non era nella stanza», commentò ancora, riferendosi all’assenza di von der Leyen durante l’unica udienza sul caso. Di certo, non il miglior segnale per i cittadini europei.
Il nodo giuridico centrale è se gli sms possano essere considerati “documenti ufficiali“. Per la Commissione, no. Per attivisti, giornalisti e osservatori, ogni strumento usato per negoziati pubblici dovrebbe essere accessibile.
Shari Hinds, responsabile per l’integrità politica di Transparency International, ha rilasciato dichiarazioni lapidarie a Politico: «Il segreto non è accettabile quando si tratta di decisioni cruciali, specie in materia di salute pubblica». E ha avvertito: «Questa sentenza potrebbe segnare una svolta nell’Ue».
L’intervista che ha aperto il vaso di Pandora
A trascinare la questione davanti i giudici è stato il New York Times, assieme all’ex capo redattore della sede di Bruxelles. Tutto nasce da un’intervista dell’aprile 2021, in cui Bourla parlava di un rapporto di «profonda fiducia» con la tedesca Ursula von der Leyen e della loro corrispondenza. Da lì a poche settimane, Bruxelles firmò il contratto più imponente nella sua storia: 1,8 miliardi di dosi del vaccino Pfizer-BioNTech, con 900 milioni opzionabili per il biennio successivo.
Il contenuto del contratto? In gran parte oscurato. I dettagli? Inaccessibili. E dei messaggi, nessuna traccia ufficiale.
L’udienza e l’irritazione dei giudici
Nel novembre scorso, durante l’udienza a Lussemburgo, la pazienza dei giudici è stata messa alla prova. Dopo anni di ambiguità, l’avvocato della Commissione, Paolo Stancanelli, ha finalmente ammesso: «Non neghiamo che [gli sms] esistano».
Una frase accolta con risatine in aula e impazienza tra i togati. Subito dopo, il tentativo di minimizzare per dire “se fossero stati rilevanti, li avremmo conservati”. Peccato che siano spariti. Insieme al telefono della presidente. È stato controllato? Sono stati verificati backup, dispositivi, fatture? Nessuna risposta chiara. Nemmeno al capo di gabinetto è stato chiesto conto.
“Non sappiamo ancora che fine abbia fatto il telefono della von der Leyen”
José Martín y Pérez de Nanclares, giudice spagnolo, ha così accusato la Commissione di non aver adottato «misure adeguate e diligenti». Lo stesso membro belga Paul Nihoul ha definito il fascicolo «relativamente confuso».
L’avvocato del New York Times, Bondine Kloostra, ha commentato: «È stato davvero deludente quanto poco preparato fosse il rappresentante della Commissione». E ha rincarato: «Non sappiamo ancora che fine abbia fatto il telefono della von der Leyen, se i messaggi — anche su Signal — siano passati per il computer o altri dispositivi; e non sappiamo dove la Commissione abbia cercato».
L’indagini e le ombre
A peggiorare il quadro c’è l’intervento dell’Eppo, la Procura europea. Già a marzo, Laura Codruța Kövesi confermò che l’ufficio stava indagando sulla gestione dei contratti vaccinali da parte della Commissione. L’inchiesta è ancora in corso, ma il profilo penale sembra ormai sul tavolo.