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Odio rosso

“Un bastardo come la Russa”, dal palco della Cgil partono gli insulti: “Rimandiamoli nelle fogne”

Adelmo Cervi chiama alle armi: "Uniamoci tutti quanti a portare avanti questa battaglia: mandare a casa questo governo di destra. O siamo capaci di rimandarli nelle fogne da dove sono usciti o avremo sempre un prezzo pesante da pagare"

Cronaca - di Alice Carrazza - 20 Maggio 2025 alle 15:46

Quando la sinistra parla di “odio”, si riferisce sempre a quello degli altri. Il proprio, invece, lo chiama “memoria storica”, “resistenza”, o – nelle giornate storte – “legittima indignazione”. Ma ieri, in piazza Vittorio a Roma all’evento della Cgil, l’odio ha preso il microfono, indossato una felpa della Fiom e per bocca di Adelmo Cervi  si è messo a fare comizi. «Insulti gravissimi da parte di un uomo che, nonostante una storia personale e familiare tragica che va rispettata e ricordata, non possono trovare alcuna giustificazione», il commento del capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami.

Adelmo Cervi e gli indegni isulti a La Russa

Cervi, figlio del partigiano Aldo e nipote di quei fratelli Cervi ormai scolpiti nella mitologia resistenziale, è salito sul palco dell’iniziativa promossa dal sindacato per sostenere i cinque referendum (Jobs Act, cittadinanza e compagnia cantante), e ha regalato al pubblico un pezzo da antologia: «Di un bastardo come La Russa non ho bisogno di parlare. La cosa vergognosa è che un bastardo del genere sia la seconda carica dello Stato e che abbiamo chi ci governa che gira ancora con la fiamma tricolore appiccicata al vestito».

La rabbia rossa sul palco della Cgil

Applausi. Urla. Tripudio di pugni chiusi. E guai a chi osa scandalizzarsi: insultare è reato solo se lo fa un militante di destra. Se invece a sbraitare è un compagno, allora è “testimonianza”, “passione civile”, magari pure “diritto all’antifascismo”. Il solito doppiopesismo ideologico. Perché è chiaro: se La Russa querelasse, verrebbe accusato di voler “zittire il dissenso”.

“Rimandare la destra nelle fogne”

Cervi, che ha chiuso il suo sproloquio con una chiamata alle armi – «Uniamoci tutti quanti a portare avanti questa battaglia: mandare a casa questo governo di destra. O siamo capaci di rimandarli nelle fogne da dove sono usciti o avremo sempre un prezzo pesante da pagare» – ha di fatto trasformato il palco sindacale in una tribuna di livore militante, mentre la platea annuiva compiaciuta.

FdI: “Inaccettabile il silenzio di Landini”

«Torpiloquio inaccettabile», lo liquida il deputato Bignami, che non usa mezzi termini: «Va condannato con fermezza». Ma a preoccupare ancora di più è l’assordante silenzio del segretario della Cgil, Maurizio Landini. Un silenzio «rivelatore» che tuttavia non ci stupisce — aggiunge il capogruppo di FdI —: «è lo stesso ad aizzare le piazze, in più occasioni, con linguaggio violento ed aggressivo, alimentando odio e disordini, contro un governo, quello guidato da Giorgia Meloni, legittimamente eletto dagli italiani».

Sulla stessa linea Paolo Trancassini, deputato FdI e Questore della Camera: «Ci saremmo aspettati che il segretario della Cgil, al di là delle differenze politiche, prendesse nettamente le distanze da un linguaggio irrispettoso». E Bignami rincara: «Questa non è né democrazia né libertà d’opinione, ma semplicemente disprezzo per le istituzioni che non possiamo permettere e accettare».

Referendum? Solo una scusa per incendiare le piazze

La verità è che i referendum – cinque quesiti firmati Cgil, appoggiati con timidezza dal Pd e ignorati da Italia Viva – sono solo un pretesto. Nessuno crede davvero che il quorum verrà raggiunto. Ma lo scopo è un altro: tenere accesa la fiaccola dell’agitazione, mobilitare gli irriducibili, regalare un palcoscenico a chi si crede ancora in trincea. Non è più sindacalismo: è una messinscena permanente, dove il “compromesso” è eresia e il dissenso non è pervenuto.

Giordano: “Ha sempre cercato di unire il Paese nel ricordo, non di dividerlo nell’odio”

Ignazio La Russa, che ha semplicemente invitato gli elettori del centrodestra a non presentarsi alle urne — strategia più che legittima in una democrazia — , è diventato il bersaglio fisso dei progressisti esasperati. O forse sarebbe meglio dire: disperati. Invece di replicare nel merito, gli avversari lo aggrediscono sul piano personale, con una rabbia che non cerca ragioni ma solo nemici.

«Vale la pena ricordare che Ignazio La Russa è da sempre uno dei più coerenti sostenitori della pacificazione nazionale e del rispetto per i caduti di tutte le guerre», sottolinea Antonio Giordano, deputato e segretario di Ecr Party, neoeletto vicepresidente esecutivo dell’Idu. «La sua storia politica è contrassegnata dalla volontà di unire il Paese nella memoria condivisa, non di dividerlo con l’odio. Va detto con chiarezza: non è stata offesa soltanto una persona, ma è stata offesa la seconda carica dello Stato nella sua dimensione istituzionale, con parole che colpiscono l’equilibrio e il rispetto su cui si fonda la nostra Repubblica».

Antifa’ distruggono Milano, ma la colpa è della destra

Mentre a Roma volavano insulti, a Milano si agitavano i manganelli. Sabato, i centri sociali hanno letteralmente devastato la città in risposta al “Remigration Summit” di Gallarate, incontro discusso ma pacifico, che ha osato mettere sul tavolo il tema dei rimpatri. A giudizio della nuova “resistenza urbana pro-Pal”, però, chi parla di immigrazione fuori dal catechismo del multiculturalismo va cacciato a colpi di pietre.

E così è andata. Vetrine sfasciate, poliziotti presi a sputi e bastonate, slogan contro “i fasci”, mentre giornali faziosi titolavano sulla “protesta antifascista”. Il tutto con l’immancabile timbro di Nicola Fratoianni: «Questo Paese nasce e si fonda sulla costituzione antifascista – ha detto – che non tollera l’idea che qualcuno, in nome di una astratta libertà, possa andare in giro a diffondere idee, parole e linguaggi d’odio che negano le libertà fondamentali degli altri».

Tradotto: libertà sì, ma solo per chi la pensa come noi. Gli altri, nei casi fortunati, vanno censurati; in quelli meno fortunati, massacrati. Come accadde a Sergio Ramelli.

La sinistra allergica al dissenso

In questo clima da repubblica giudiziaria con licenza di insulto, non sorprende neppure che Tommaso Cerno, direttore del giornale Il Tempo ed ex parlamentare, sia stato tenuto fuori dalla Commissione Libe che indagava sullo stato di diritto in Italia. In quel consesso dove si finge di tutelare la democrazia, si è deciso di ascoltare però Report e Fanpage. Un po’ come fare un’inchiesta sull’alcolismo e poi interrogare solo i baristi.

«Non si può invocare la Costituzione e allo stesso tempo legittimare insulti e violenza verbale. Fratelli d’Italia continuerà a difendere le istituzioni e a promuovere un confronto politico fondato sul rispetto, rifiutando ogni tentativo di riportare la dialettica pubblica ai toni dell’odio ideologico», promette Giordano.

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di Alice Carrazza - 20 Maggio 2025