
Intolleranza di sinistra
“Remigration Summit”: va in scena il diritto di parola e pensiero, ma sotto scorta dopo le minacce dei “compagni”
Matteo Salvini: "Proibirlo? Roba da Urss. Se qualcuno pensa che l’immigrazione di massa sia un problema enorme e devastante, e io sono fra questi, deve poterlo esprimere"
Forse a Gallarate, forse in un auditorium di provincia, forse in un campo di mais. Il “Remigration summit” oggi si farà. Si farà nonostante le telefonate anonime, i teatrini da tragedia greca con vocabolario resistenziale, e le invettive da salotto radical chic. Si farà perché il diritto a discutere non è stato ancora abolito, sebbene una parte della sinistra ci si stia applicando con metodo.
Remigration summit: la sinistra va in tilt
L’evento, bersagliato dal Partito democratico, dalla Cgil, dai centri sociali e da altri custodi autoproclamati della “virtù democratica”, è diventato in pochi giorni un caso politico nazionale. Doveva tenersi a Milano, ma tra disdette, veti incrociati e ostruzionismi degni del miglior comitato d’epoca, ha cambiato sede più volte. Ora è diventato itinerante, quasi carbonaro. Più si tentava di zittirlo, più la sua eco si allargava.
Salvini: “Proibirlo? Roba da Urss”
«Proibirlo? Roba da Urss», ha commentato con schiettezza il vicepremier leghista Matteo Salvini. E ancora: «Se qualcuno pensa che l’immigrazione di massa sia un problema enorme e devastante, e io sono fra questi, deve poterlo esprimere». Concetti tanto evidenti quanto, ormai si sa, “scandalosi” per la sinistra da salotto. Del resto, quando si tratta di censurare il pensiero altrui, il riflesso pavloviano è sempre lo stesso: tacitare. Il principio di libertà d’espressione, evidentemente, resta per molti ancora un mistero.
L’antifascismo da parata
In questo clima, il pensiero non conforme viene trattato, dunque, come un virus. Il Pd ha subito infatti alzato le barricate. «È un dovere impedire un raduno di razzisti che inneggia a odio e intolleranza», ha dichiarato il senatore dem Alessandro Alfieri, offrendo così un vivido esempio di quanto la sinistra sappia essere, a sua volta, profondamente intollerante verso tutto ciò che sfugge al suo controllo.
Landini, Schlein e compagni: tutti col pugno alzato
Insomma, cambiano i nomi, resta lo spartito: ieri “fascisti”, oggi “razzisti”, domani chissà. Maurizio Landini poi non poteva mancare. «Il pericolo di un ritorno all’estrema destra, al nazismo è sotto gli occhi di tutti». Forse sotto i suoi. La maggioranza degli italiani è ancora alle prese con i danni lasciati dai governi amici di quelli che oggi sfilano col pugno alzato.
Elly Schlein, Nicola Fratoianni e compagnia cantante sfileranno a San Babila come in un 25 aprile fuori stagione, con cartelli “No pasaran” convinti che basti un paravento ideologico per coprire la perdita di consenso, sì, perché il cosiddetto campo largo sta crollando come un domino. Loro parlano di “lotta al fascismo”, gli elettori rispondono: “basta ipocrisia”.
La stampa e il teatrino emergenziale
Il circo mediatico non si è fatto attendere. Titoli a effetto: “Scontro sul Remigration summit dell’ultradestra”, “Raduno xenofobo in Lombardia”. Il solito calderone dove finiscono insieme conservatori, populisti, nostalgici, e chiunque osi parlare di immigrazione fuori dal perimetro progressista. Una confusione lessicale che assomiglia sempre più a propaganda.
Tra gli ospiti più discussi: Martin Sellner, teorico della remigrazione; Jean-Yves Le Gallou, ex eurodeputato del Front National; Eva Vlaardingerbroek, giovane volto del conservatorismo olandese. Anche Rasmus Paludan, noto per le sue posizioni dure contro l’islam, è stato espulso due giorni fa all’arrivo a Malpensa. Un parterre che fa inorridire la stampa, ma che in fondo racconta un dissenso politico legittimo — a patto di vivere in una democrazia.
Il paradosso della censura progressista
«Fa un certo effetto vedere che un convegno di persone che esprimono idee non allineate alla forma mentis che vorrebbe imporci una sola verità, susciti una censura strumentalizzata ad ogni livello della scala politica», ha dichiarato Andrea Ballarati, referente italiano del summit. «Ma noi i nostri risultati li abbiamo già ottenuti». Difficile dargli torto, visto che ormai tutti ne sono informati.
Lo ha detto chiaramente anche Alessandro Corbetta, Lega Lombardia: «Con la polemica montata ad arte, la sinistra è riuscita a far conoscere a tutta Italia il concetto di remigrazione». Un boomerang da manuale.
“Chiedere il permesso al Pd e a Beppe Sala? Non scherziamo”
Andrea Cassani, sindaco di Gallarate, ha riportato il dibattito a un principio basilare: «Se domani, anziché il Remigration summit, volessero fare la manifestazione gli antifascisti, i pro-vita o altri, chi può vietarlo? Dobbiamo forse chiedere il permesso a Beppe Sala e al Pd per autorizzare un evento?». Un’accusa diretta a chi brandisce la Costituzione come arma per zittire. Forse è davvero giunta l’ora di rileggere — e comprendere — l’articolo 21.