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Perché non possiamo fare a meno della lezione patriottica di Giovanni Gentile

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Perché non possiamo fare a meno della lezione patriottica di Giovanni Gentile

Il filo condutture del libro che Alessandro Campi ha dedicato all’omicidio di Giovanni Gentile è nell’insuperabile lezione di Niccolò Machiavelli sul potere, sugli uomini di potere di ogni latitudine ed epoca

Cultura - di Fernando Massimo Adonia - 25 Maggio 2025 alle 07:00

«Dopo una mutazione di Stato o da repubblica in tirannide o da tirannide in repubblica, è necessaria una esecuzione memorabile contro a’ nemici delle condizioni presenti». Il filo condutture del libro che Alessandro Campi ha dedicato all’omicidio di Giovanni Gentile è nell’insuperabile lezione di Niccolò Machiavelli sul potere, sugli uomini di potere di ogni latitudine ed epoca. E sulla loro capitolazione personale. Il titolo è infatti Una esecuzione memorabile. Giovanni Gentile, il fascismo e la memoria della guerra civile (Le Lettere, 2025).

Le date sono importanti e servono a rimettere assieme i cocci di una vicenda politica e intellettuale che può essere letta anche dalla fine, dal tragico agguato avvenuto oltre ottant’anni fa, il 15 aprile 1944, per mano gappista a Firenze. A patto però che quella stessa storia sia letta tutta. Centocinquanta anni fa, il 29 gennaio 1875, nasceva in Sicilia, più precisamente a Castelvetrano, l’uomo che più di altri ha inteso cementificare i pilastri della cultura italiana e renderli patrimonio comune della Nazione. Alessandro Campi, al Secolo d’Italiaha già spiegato le ragioni delle sue scelte. Scelte che, seppur controverse e tragiche, trovano nell’ideale Risorgimentale la chiave di lettura imprescindibile. 

La morte di Gentile rappresenta l’esito tragico e, allo stesso tempo, il «sacrificio necessario» di un italiano che ha visto crollare, pezzo per pezzo, l’edificio di un percorso unitario compromesso pesantemente da una guerra civile che soltanto dalla coraggiosa ricostruzione di Claudio Pavone (1991) è possibile leggere come tale. L’omicidio del filosofo che ha aderito alla Repubblica sociale italiana è il frutto insanguinato del conflitto fratricida scatenato dal collasso sia del fascismo che delle istituzioni monarchiche. Un massacro che Gentile avrebbe voluto evitare in tutti i modi possibili, consapevole peraltro delle lacerazioni che avrebbero attanagliato il futuro del Paese. 

In tal senso, le suggestioni noir dell’ennesima morte eccellente, con tanto di mandanti occulti ancora da stanare, devono cedere il passo obbligatoriamente alle verità emerse negli anni. Ogni fase dell’omicidio, infatti, è stata portata alla luce. Non c’è più nulla da illuminare. Proprio nulla. È tutto lì, a disposizione degli studiosi e degli stakeholder istituzionali. Sul piatto resta quindi l’interpretazione storica – quella sì necessaria – di uno snodo altamente significativo della vicenda patriottica.

Alessandro Campi, storico delle dottrine politiche a Perugia, accompagna il lettore per mano e spiega perché l’eredità culturale di Gentile – da distinguere dall’imprescindibile opera filosofica – sia più viva che mai. Questo perché il filosofo aveva in mente un programma che da ministro fece di tutto per realizzarlo: procedere, attraverso la partecipazione dei diversi segmenti della cultura nazionale, «all’edificazione della nuova Italia che il fascismo legittimato dalla vittoria nella Grande guerra aveva ereditato dal Risorgimento liberale». Cosa resta? L’Enciclopedia italianala Scuola Normale di Pisa, la Domus Galileiana, l’Istituto italiano per l’Estremo Oriente, la Bocconi, l’Istituto italiano di studi germanici, l’Istituto mazziniano e il Centro nazionale di studi manzoniani. E la riforma scolastica (nonostante sia stata demolita, dagli anni Novanta in poi, da continue revisioni decisamente meno visionarie). Un capitale importante.

Tutte opere sopravvissute al suo ideatore, benché siano state partorite sotto il Regime, perché – spiega Campi – «non erano funzionali solo al fascismo, evidentemente, ma servivano all’Italia, anche quella poi divenuta democratica e repubblicana». La capacità di Gentile fu quella di saper vedere nella parte il tutto. Il passato, il presente, il futuro. Ed è qui che si manifesta la sua grandezza umana e intellettuale. Sarebbe ora che anche i partigiani della cultura seguissero quella stessa lezione, mettendo da parte comicità e quel livore al veleno figlio dell’interesse particolare per abbracciare una visione che sia davvero orientata alla comunità. 

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di Fernando Massimo Adonia - 25 Maggio 2025