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Landini cinque euro lavoratori

Sindacalismo ideologico

Lavoratori svenduti con contratti a cinque euro: figuraccia dello smemorato Landini che straparla di salario minimo

Non c’è niente di rivoluzionario in chi difende lo status quo: il leader della Cgil che firmò il contratto della vergogna e continua a pontificare come se nulla fosse insieme ai compagni

Politica - di Ginevra Lai - 2 Maggio 2025 alle 15:13

Maurizio Landini sale ancora una volta sul palco del primo maggio con l’elmetto calcato in testa, la voce roca di indignazione e le tasche colme di contraddizioni. Invoca “la mobilitazione”, promette barricate, evoca piazze infuocate, eppure dimentica — con quella prodigiosa smemoratezza tipica di chi spera che la memoria collettiva duri meno di un talk show — che la sua Cgil, la sigla di cui è gran sacerdote, ha firmato contratti da cinque euro l’ora. No, non è una fake news, né un complotto meloniano: è storia sindacale documentata, con tanto di firma in calce.

Il segretario dei due pesi e due misure

Landini straparla di “salario minimo” a nove euro, ma poi, di fronte alle telecamere di Restart, barbettava. Annalisa Bruchi lo aveva infatti già incalzato: «Li avete firmati o no quei contratti a 5 euro?». E lui, goffamente: «Abbiamo aperto un’altra trattativa…». Una trattativa sulla trattativa, come nei peggiori sketch da cabaret. Ma la verità resta lì: quei contratti per i vigilantes, rinnovati dopo sette anni di silenzio sindacale, portano la sua firma. Centoquaranta euro in tre anni: un’elemosina spacciata per conquista epocale. E guai a farglielo notare: si finisce accusati di non capire la complessità del mondo del lavoro. Quella che, evidentemente, capisce solo lui.

La sinistra che firmava e taceva

È curioso osservare il Landini bellicoso che si scatena contro il governo Meloni dopo un decennio di remissività. Dove stava il leader barricadero quando governavano Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi? Dov’erano i cortei, le minacce di sciopero, le invettive roboanti? Evidentemente, il “compagno” Maurizio funziona a targhe alterne: se al potere c’è il centrosinistra, l’indignazione si spegne, si firma e si tace. Se c’è la destra, si urla e si marcia. Una coerenza a senso unico, più utile a proteggere la rendita ideologica del sindacato che i lavoratori.

Il paradosso Bombardieri

Ma il colmo è arrivato pochi giorni fa ad Agorà, dove Antonio Rapisarda — direttore del Secolo d’Italia — ha ricordato a tutti il senso autentico del primo maggio: la tutela dei lavoratori veri, quelli che si alzano alle cinque del mattino, non quelli che fanno carriera tra i salotti. A rispondergli c’era Pierpaolo Bombardieri, segretario della Uil, pronto a polemizzare, ma attento a schivare accuratamente il nodo cruciale: quello dei salari miseri firmati dai sindacati stessi. Perché nessuno — né Landini né Bombardieri — ha avuto il coraggio di affrontare pubblicamente il peccato originale della stagione contrattuale del sindacalismo italiano: la svendita dei diritti in nome della sopravvivenza politica di sigle ormai slegate dai lavoratori.

Rapisarda: “Partecipazione, non più maestrismo”

«Questa è anche la stagione della partecipazione», ha affermato Rapisarda. «Mi ha sorpreso sinceramente che la Cgil la Uil su questo tema — che dovrebbe essere quello della partecipazione dei lavoratori alla gestione agile delle imprese — abbia fatto scena muta».

 

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E ha aggiunto: «Un 1 maggio con la parola d’ordine “partecipazione” segna un cambio di paradigma. È fuori dal mainstream, ma la comunità del lavoro come comunità nazionale, organica e solidale, è presente». Alla fine dei giochi, gli italiani hanno capito che dietro i proclami si nasconde spesso la più triste delle verità: i sindacati hanno smesso di rappresentarli.

Sindacalisti fuori tempo massimo

Soggetti politici come Landini sono fuori tempo massimo ormai, rimasti intrappolati in una narrazione che non regge più e si contraddice da sola. Lui stesso agita la bandiera rossa ma firma contratti in bianco. Urla alla disuguaglianza ma difende stipendi da dirigente, e soprattutto il suo — ben 7616 euro al mese, con un bell’aumento di 257 “per adeguarlo all’inflazione”. E mentre il governo vara misure concrete — un miliardo e duecento milioni per la sicurezza sul lavoro, un milione di posti in più, record storico di occupati, interventi a favore delle donne e vicini alle famiglie — lui risponde con una sola parola: “mobilitazione”. Ma tutti si chiedono: “Di chi”

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di Ginevra Lai - 2 Maggio 2025