
Il capo della Cgil dà i numeri
Landini il cantastorie: non è riuscito a diffondere un dato vero sul lavoro. Appena parla l’Istat lo smentisce
Al numero uno del sindacato non resta che fare opposizione all'istituto di statistica che ristabilisce la verità dei numeri su occupazione, precarietà, contratti part time, ore lavorate
Un Maurizio Landini con l’elemetto contro il governo Meloni. E un Landini che ha fatto siglare ai vigilantes contratti a 5 euro e che poi sbraita sul salario minimo. Quale dei due è quello vero, visto che da settimane si sbraccia in lungo e in largo per il referendum contro il Jobs? Sono veri entrambi. Il bello è che nel suo grande sforzo propagandistico per promuovere i quattro quesiti sul lavoro dice tante di quelle inesattezze a favor di propaganda. Al punto che oggi il Foglio a buon diritto titola: le balle di Landini, raccogliendole una ad una, ricavandole dalle sue interviste. Non una dato vero cita mister Cgil. A partire dai dati sul lavoro e sulla precarietà.
Landini smentito dall’Istat in tempo reale
Landini sostiene infatti che c’è stato un aumento della precarietà “che nel nostro paese non ha precedenti, sono aumentati i contratti a termine” Non è così, ameno che non voglia fare opposizione all’Istat. “Negli ultimi anni, come mostrano i dati dell’Istat, è aumentata notevolmente l’occupazione a tempo indeterminato – ricorda il Foglio-. E si è ridotta quella a tempo determinato”. Nel IV trimestre 2024 l’Istat ha registrato +486 mila occupati permanenti e -295 mila occupati a termine: la quota di occupati a termine sul totale è così scesa dal 12,4 all’11 per cento. Un record.
Il Foglio “raccoglie” le balle di Landini
Altra “balla” di Landini: “L’occupazione è aumentata, ma perché sono cresciuti i part time: in nessun altro paese d’Europa c’è questo livello di contratti part time”. Anche in questo caso l’Istat si incarica di mettere i puntini sulle “i” alla propaganda del numero uno della Cgil. L’Istat certifica – scrive Luciano Capone- che nel IV trimestre 2024 gli occupati a tempo parziale sono 4 milioni: -328 mila rispetto al 2023 (-7,6 per cento), con un’incidenza che cala dal 18,2 al 16,7 per cento. Lo scrive anche l’Inps nel suo ultimo rapporto annuale: per i part time “i valori del 2023 sono inferiori a quelli del 2019”. Una balla è anche l’iperbole che si tratta del livello più alto in Europa. “Secondo i dati Eurostat, la quota di occupati part time sul totale in Italia nel 2024 è del 16,7 per cento: a fronte di una media dell’Eurozona pari al 20 per cento e dell’Ue pari al 17,2 per cento”.
Landini insiste: “Ma a essere aumentato è il part time involontario”, quindi “aumentano gli occupati ma diminuiscono le ore lavorate”. Ancor una balla numero tre. Sempre l’Istat certifica che le ore lavorate sono aumentate (indice a 117,2 a fine 2024 fatto 100 l’anno 2021). Ed è in diminuzione anche il part time involontario: ossia chi lavora a tempo parziale perché non trova un’occupazione a tempo pieno. Così l’Istat nell’ultimo rapporto sul Benessere equo e sostenibile: “Nel 2023 prosegue per il quarto anno consecutivo il calo della quota di occupati in part time involontario”, scrive l’istituto di statistica. Il tasso è sceso sotto il 10 per cento, attestandosi al 9,6 per cento, a fronte del 12,1 per cento del 2019. Insomma, Landini parla ma viene smentito in tempo reale. Quante ne sentiremo fino all’8 giugno?