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La “mostruosa mente” di Magda Goebbels raccontata da Mauro Mazza: quando il fanatismo si fa orrore

Il libro

La “mostruosa mente” di Magda Goebbels raccontata da Mauro Mazza: quando il fanatismo si fa orrore

Mauro Mazza ci conduce nei meandri psicologici ed emotivi di Magda Goebbels: la "Medea" del nazismo. Moglie del sulfureo ministro della propaganda di Hitler, donna rimasta tristemente famosa per aver avvelenato i sei piccoli figli

Cultura - di Aldo Di Lello - 4 Maggio 2025 alle 07:00

Inizio maggio 1945, la Germania è un immenso cimitero e Berlino la rappresentazione dell’inferno in terra. Il nazismo è alla fine. Il Führer si è suicidato il 30 aprile nel suo bunker. L’8 maggio il Terzo Reich si arrende senza condizioni. Dopodiché si chiuderà il sipario sugli orrori del nazionalsocialismo. E la coscienza europea si troverà di fronte a uno dei grandi dilemmi della storia del Novecento: perché mai, il pur civilissimo popolo tedesco, s’è fatto trascinare da un uomo, Adolf Hitler, in un abominio assoluto?   

In questo ottantesimo anniversario non mancano le analisi e le ricostruzioni, alcune originali altre un po’ meno. Un approccio sicuramente originale, quanto ricco di pregio storico-letterario, è quello offerto da Mauro Mazza nel romanzo Mostruosa mente (Fazi, pp. 311, 18 eu.), dedicato a una delle figure più inquietanti del Terzo Reich, Magda Goebbels, moglie del sulfureo ministro della propaganda di Hitler, donna rimasta tristemente famosa per aver avvelenato i sei piccoli figli (cinque femminucce e un maschietto) nel bunker hitleriano dove erano ospiti insieme ai genitori.    

Mazza ha già pubblicato altri romanzi storici, un genere letterario che il giornalista e scrittore interpreta restituendo i personaggi del passato nel loro spessore umano e nei loro drammi psicologici, in quella cioè che può essere stata la loro verosimile  “concretezza” di vita, nel rigoroso rispetto della realtà tramandata dai documenti e dalle testimonianze. Ce ne ha già dato una pregevole prova nel romanzo Diario dell’ultima notte dedicato alla figura di Galeazzo Ciano nei suoi ultimi mesi di vita, dalla notte del 25 luglio 1943 all’11 gennaio del 1944, giorno in cui il genero del Duce fu fucilato a Verona. Ma è da ricordare anche L’albero del mondo, dedicato al convegno degli scrittori europei che si svolse a Weimar nell’ottobre del 1942 su iniziativa di Goebbels e a cui partecipò il giovane antifascista Giaime Pintor.

La “Medea” del nazionalsocialismo

Ora, con la “Medea” del nazismo, Mazza conduce il lettore nell’angosciante viaggio nei ricordi di una donna che ha immolato la sua vita e quella dei propri figli al culto malato di un dittatore. L’autore immagina che Magda ripercorra la sua esistenza negli ultimi giorni vissuti dentro il rifugio del Führer. La tecnica narrativa scelta dall’autore è sofisticata e potente: un flusso inarrestabile di coscienza, reso manifesto dall’assenza di punteggiatura per buona parte del romanzo, una particolarità a cui il lettore si abitua senza difficoltà perché gli permette di entrare più facilmente nel vortice di pensieri di una “perversa mente”.

Di questa perversione Mazza ci descrive le tappe e i momenti forti. Ogni capitolo del libro reca il nome di uno dei figli di Magda, più l’ultimo dedicato all’”Inferno” (“Hölle”). L’autore ripercorre l’itinerario mentale, emotivo ed esistenziale che ha condotto una giovane donna tedesca che in sé, in origine, non aveva nulla di perverso (Magda era solo una ragazza un po’ troppo ambiziosa) a trasformarsi in un’entità disumana.  Gela il sangue la lucida follia con la quale la moglie di Goebbels spiega i motivi che la spingono a sopprimere i propri figli con il veleno: «La vita non varrà la pena di essere vissuta nel mondo che verrà dopo Hitler e dopo la fine del nazionalsocialismo. Per questo motivo ho portato i bambini con me… sono troppo preziosi per poter vivere la vita che verrà dopo di noi».

Se è vero, come dice Carlyle nel libro degli “Eroi”, che la «storia non è che l’essenza di innumerevoli biografie», allora la biografia di Magda Goebbels, così come emerge dal racconto di Mauro Mazza, si impone come biografia rappresentativa delle vite dei tedeschi dal 1933 al 1945. «Hitler aveva affascinato me – e prima ancora Joseph – e molto presto sarebbe accaduto lo stesso all’intero popolo tedesco che da quell’uomo sarebbe stato sedotto conquistato guidato». La storia di questa donna è il paradigma dell’infatuazione di un popolo per il pifferaio che ha seguito fino alla morte.

I meccanismi di una seduzione oscura

La lettura del romanzo di Mazza induce a chiedersi quali possano essere i meccanismi profondi di questa turpe seduzione, al di là delle classiche interpretazioni economico-politiche. E qui vale la pena sottolineare che esiste sul tema una consistente letteratura “non convenzionale”. C’è chi, come ad esempio Giorgio Galli nel libro Hitler e il nazismo magico, spiega questo oscuro magnetismo del dittatore e delle forze che lo hanno portato al potere, facendo ricorso a piani esoterici. Nella gestualità del Führer c’era qualcosa di “sciamanico”. E in tal senso vale la pena anche menzionare il libro di Louis Pauwels e Jacques Bergier, Il mattino dei maghi, nel quale si riferisce la singolare tradizione secondo cui Braunau, il paese natale di Hitler, fosse un «vivaio» di medium: «Il medium è un posseduto. Liberato, ricade nella mediocrità».

Spiegazioni che possono apparire suggestive, ma che ci fanno capire quanto, il consenso che ha circondato il capo del nazismo fino alla fine, sia stato comunque alimentato da pulsioni tenebrose. Mazza collega l’attrazione di Magda per Hitler a una potente carica erotica, circostanza che spalanca paesaggi non meno inquietanti di quelli esoterico-occulti. Ad ammirare in modo ossessivo il Führer furono prima di tutto le donne tedesche. «Di Adolf Hitler mi innamorai fin dal primo giorno», dice la Goebbels. L’autore avvalora la voce di una relazione tra i due, fino al culmine di un solo amplesso.

Lo strano triangolo

È uno strano triangolo quello tra Adolf, Magda e Joseph. L’alto gerarca nazista è infastidito dalle attenzioni del Führer per la moglie, ma il dato grottesco è che egli non pare tanto geloso della moglie quanto piuttosto del suo capo. «Alcuni accenni nel suo taccuino ribadivano il suo risentimento e un certo malanimo nei miei confronti». 

L’azione finale del romanzo è il suicidio dei due coniugi, che avviene quando i corpi carbonizzati di Adolf Hitler ed Eva Braun giacciono coperti di terra appena fuori il bunker. Il libro si chiude con una frase che Magda non ha il tempo di completare perché in quell’istante il marito preme il grilletto: «Se ci fosse un po’ di luce sarebbe belliss…». È la speranza che l’autore immagina sia apparsa nella “mostruosa mente” nel momento estremo. Ma è anche altro. È un ardito volo, una sorpresa. Quelle parole di speranza nell’aldilà compaiono infatti nell’ultima lettera che Aldo Moro scrive alla moglie dalla prigione delle Br. E Mazza le riproduce a compimento del suo racconto.

Siamo tutti prigionieri nella storia del Novecento. Siamo prigionieri del fanatismo.  Siamo prigionieri dell’ideologia che uccide. E uccide anche il carnefice, dopo avergli rubato l’anima. 

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di Aldo Di Lello - 4 Maggio 2025