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Castelli “stellati” pagati con i soldi degli italiani grazie ai “bonus” di Conte. Giuli: “Scelte sciagurate”

Lo scandalo grillino

Castelli “stellati” pagati con i soldi degli italiani grazie ai “bonus” di Conte. Giuli: “Scelte sciagurate”

Politica - di Luca Maurelli - 31 Maggio 2025 alle 08:53

“In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti. Passai per un ponte levatoio sconnesso…”, scriveva Italo Calvino, che forse, se fosse vissuto nell’era dei superbonus a pioggia, dall’altra parte del ponte avrebbe scoperto una cassa di soldi. Ma nel crack dei sostegni alle ristrutturazioni varati dal premier grillino, c’è poco spazio per la fantasia. “Della misura introdotta dal governo Conte nel 2020, è stato fatto un uso sciagurato per quel che riguarda il restauro delle dimore storiche”, sono le parole del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che alla Camera – due giorni fa – ha risposto a un’interpellanza sui castelli “stellati” (sia per i costi che per l’origine grillina del provvedimento) restaurati grazie al finanziamento a pioggia arrivato “erga omnes” col bonus 110% del governo Conte. Il bubbone dei “castelli d’Italia” era esploso qualche mese fa ed è sbarcato adesso anche in Parlamento, su iniziativa di Fratelli d’Italia. Secondo il report di Enea, che monitora gli interventi che sono stati incentivati con il Superbonus, sono stati ristrutturati otto castelli in quattro regioni: Piemonte, Lombardia, Lazio e Basilicata per un costo complessivo di circa 1 milione di euro (135 mila euro cadauno). Finora, però, solo una struttura pare abbia ricevuto i soldi: sulle altre, il caos normativo.

I castelli e le dimore storiche (dei privati) finanziate dal bonus di Conte

Al fine di poter usufruire delle detrazioni spettanti al 110 per cento era sufficiente inviare una semplice comunicazione alla Soprintendenza da parte dei proprietari delle dimore storiche, aprendo peraltro al pubblico le strutture soltanto un giorno al mese per cinque anni. Il Decreto Rilancio – come aveva ricordato Il Foglio a marzo – aveva escluso inizialmente la possibilità di applicare il Superbonus per le unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8, nonché alla categoria catastale A/9, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 119 comma 15-bis; tuttavia in seguito, per iniziativa dell’ex Ministro della cultura Franceschini, i medesimi incentivi fiscali furono estesi anche alle dimore storiche accatastate nella categoria A/9, a condizione che potessero essere aperte al pubblico, come disposto dall’articolo 80, comma 6, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge n. 126 del 2020.

Il 10 aprile scorso il deputato Guerino Testa (Fratelli d’Italia) aveva presentato un’interpellanza parlamentare nella quale segnalava che il quotidiano richiamato “evidenzia l’attuale mancanza di un quadro complessivo in merito alla conoscenza effettiva degli altri sette castelli, considerato che i dati a disposizione non coincidono con quelli in possesso dell’Enea, dimostrando palesemente come la vicenda pubblicata desti evidente sconcerto e confusione, data l’impossibilità attuale di conoscere il numero esatto delle dimore storiche accatastate nella categoria A/9 castelli e i nomi dei palazzi di eminenti pregi artistici o storici, che hanno usufruito della detrazione fiscale pari al 110 per cento ai fini della ristrutturazione”.

La risposta del ministro Giuli a Fratelli d’Italia

I deputati di FdI avevano chiesto al Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro della cultura di sapere “se siano a conoscenza del numero effettivo delle dimore storiche che hanno usufruito degli incentivi fiscali del superbonus e in caso affermativo se intendano rendere note anche le località interessate”, e “quali siano stati gli oneri complessivamente sostenuti a carico della finanza pubblica sull’estensione alle dimore storiche dell’incentivo superbonus, il cui impatto finanziario risulterebbe essere pari a circa 160 miliardi di euro, a fronte di 35 milioni di euro inizialmente previsti”

Il ministro Giuli, al momento, ha fatto sapere che “non dispone di dati idonei a monitorare le unità immobiliari catastalmente individuate come A/9”, ovvero castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici, che, “avendo usufruito del Superbonus, avrebbero dovuto garantire l’apertura al pubblico”. L’unico dato in possesso degli uffici, ha ricordato il ministro, riguarda il castello medievale di Gioiosa Ionica in Calabria (come avevamo già scritto qui), che a seguito della sottoscrizione della convenzione tra proprietari e comune sarà aperto al pubblico a partire da gennaio 2026.

Della misura introdotta dal governo Conte nel 2020, è stato fatto un “uso sciagurato” per quel che riguarda il restauro delle dimore storiche, ha aggiunto Giuli, sottolineando come il ministero sia comunque “impegnato nell’attività di approfondimento” rispetto all’apertura al pubblico delle dimore storiche ristrutturate, come previsto dalla normativa. Attività, ha concluso, “resa difficile dalla mancata previsione di un adeguato sistema di controlli del Superbonus, a dimostrazione dell’assoluta irrazionalità della misura. Un pasticcio”.”

“Possiamo dire che la vicenda del superbonus, targata Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, rappresenta il più clamoroso spreco di risorse pubbliche del nostro Paese: siamo indignati di tutto quello che è accaduto in questi anni in Italia. Parliamo di uno spreco di oltre 130 miliardi di euro, uno spreco che andrà a ricadere sulle tasche dei nostri cittadini anche in futuro”, ha replicato Guerino Testa, deputato di Fratelli d’Italia e segretario in commissione Finanze. Sì, possiamo ben dirlo, purtroppo.

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di Luca Maurelli - 31 Maggio 2025