CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Astensione ai referendum: l’8 giugno tutti al mare? Si può fare. FdI: è un diritto anche non andare a votare

Una scelta politica

Astensione ai referendum: l’8 giugno tutti al mare? Si può fare. FdI: è un diritto anche non andare a votare

Politica - di Carlo Marini - 5 Maggio 2025 alle 21:30

Chi andrà al mare domenica 8 giugno (e non si recherà al voto lunedì 9) farà anche una scelta politica. Nessun disimpegno. Un’astensione legittima e costituzionale, per gli elettori di centrodestra, che in tal modo eviteranno nel modo più efficace il raggiungimento del quorum sui 5 referendum voluti dalla sinistra e dalla Cgil. Quesiti in materia di lavoro e cittadinanza, a partire dall’abrogazione di alcune disposizioni del Jobs Act e il dimezzamento del tempo di residenza che consente agli stranieri di diventare cittadini italiani. Il centrodestra non ha formalizzato la decisione, ma in queste ore sembra prevalere l’opzione del non voto, in vista della consultazione prevista tra poco più di un mese.

Balboni: “Landini vada a lezioni di diritto Costituzionale”

“Se la legge prevede che ci deve essere un quorum vuol dire che i cittadini devono conoscere l’importanza dei quesiti, noi non condividiamo, quindi non andare a votare è una scelta politica, non è una scelta di disinteresse nei confronti degli argomenti”, spiega Antonio Tajani, ministro degli Esteri, vicepremier e segretario di Forza Italia, a margine degli Stati generali dello sport, chiarendo che per il partito azzurro l’indicazione precisa da dare agli elettori “è quella di non andare a votare”. Posizione che scatena le ire delle opposizioni, a partire da Elly Schlein e Giuseppe Conte.

Un invito “vergognoso e illiberale”, lo definisce il segretario di +Europa, Riccardo Magi, promotore del referendum sulla cittadinanza. Per il segretario della Cgil Maurizio Landini, promotore di quelli sul lavoro, è una scelta “grave e pericolosa”. “Tanto più – aggiunge – dopo che il presidente della Repubblica ha ricordato come il voto e la partecipazione politica siano l’essenza della nostra democrazia”.

Astensione ai referendum, una scelta legittima

Parole alle quali replica il presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia che invita il leader sindacale a prendere “lezioni di diritto Costituzionale” argomentando che “la nostra Costituzione – sottolinea – non riconosce il voto come dovere, ma piuttosto come diritto. Inoltre, per quanto riguarda il referendum sempre la nostra Costituzione prevede che sia pienamente legittima la scelta dell’astensione”.

Il capogruppo azzurro in Senato Maurizio Gasparri dice: “Siccome è legittimo attivare la procedura referendaria per abrogare questa o quella norma, è altrettanto legittimo difendere le norme esistenti, se le si condividono, anche utilizzando lo strumento del quorum”, confermando la scelta ‘politica’ del non voto. “Questa consultazione referendaria si presenta come un’operazione politica mascherata da partecipazione democratica”, chiarisce ancora Raffaele Nevi, portavoce nazionale di Fi.

Lupi (Noi moderati): “Referendum ideologici, voteremo no”

Sul tema resta defilata la Lega. Il partito del leader Matteo Salvini preferisce un profilo basso, perché è per l’astensione ed è convinta che meno se ne parla dei referendum e meglio è, anche per non politicizzare l’appuntamento, eventualità che potrebbe mobilitare più elettorato. Gli eletti del partito del vicepremier ad oggi non avrebbero comunque ricevuto alcuna indicazione sulla posizione da tenere.

L’alleato Maurizio Lupi, leader di Noi moderati pensa invece che i referendum vadano bocciati in cabina elettorale: “I quesiti sul lavoro guardano al passato con paraocchi ideologici, senza offrire soluzioni concrete alle questioni che dicono di voler affrontare”. Sul jobs act ricorda come “abbia permesso alle imprese di assumere di più, rafforzando il mercato del lavoro ed ha dato tutele a chi ne era sprovvisto. Lo dimostrano i dati record sull’occupazione, per questo Noi Moderati voteremo convintamente no. E voteremo no anche al quesito sulla cittadinanza, perché riteniamo che dieci anni siano un arco di tempo ragionevole per concedere la cittadinanza a chi ha intrapreso un reale percorso di integrazione”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Carlo Marini - 5 Maggio 2025