
Per una memoria condivisa
Cinquanta anni fa l’assassinio di Ramelli. “Mai più odio, Sergio un esempio di libertà per tutti”
Il ricordo dello studente del Fronte della Gioventù massacrato a morte a colpi di chiave inglese il 29 aprile 1975. La sua colpa? Un tema contro le Brigate rosse. La Russa: la sua memoria è un impegno civile
È un giorno molto particolare per la destra italiana e per tutta la comunità nazionale che voglia ricordare e ricucire una ferita profonda che si consumò nel buio degli spietati anni di piombo. Cinquant’anni fa, il 29 aprile 1975, a Milano lo studente Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, veniva aggredito sotto casa e massacrato a colpi di chiave inglese da un commando di Potere operaio. Colpevole di aver scritto un tema contro le Brigate Rosse, Sergio, appena 19enne, morirà dopo 47 giorni di agonia. Dopo mezzo secolo la destra lo omaggia con una serie di eventi e commemorazioni per non dimenticare un pezzo della storia d’Italia da cui trarre lezione.
Ramelli 50 anni dopo, il dovere di ricordare perché non succeda mai più
Ieri un videomessaggio della premier Meloni all’inaugurazione della mostra “Sergio Ramelli, il coraggio delle idee” ha tracciato la linea. “Sergio era una persona libera, che amava più di ogni altra cosa l’Italia”, ha detto ricordando che all’epoca ci voleva una grande dose di coraggio. L’esempio di amore e di liberà di Ramelli sia monito per i giovani, perché non si facciano incantare dai cattivi maestri che ancora oggi hanno nostalgia dell’odio profuso in quegli anni. Tanti i ricordi e gli omaggi delle istituzioni e della politica, tutti improntati alla necessità di non tornare indietro e di superare quella stagione di odio per una pacificazione nazionale oltre gli schieramenti di parte. “Cinquanta anni fa, la giovane vita di Sergio Ramelli veniva tragicamente spezzata dalla violenza degli anni di piombo. Oggi, più che mai, abbiamo il dovere di ricordare per evitare che la storia si ripeta in un mondo in cui il conflitto è tornato anche in Europa”. Così il ministro Adolfo Urso che ricorda l’emissione di una francobollo commemorativo. “Parte di una serie che celebra tutte le vittime del terrorismo, senza distinzioni di parte”.
La Russa: ricordare Sergio è un impegno civile
Anche i presidenti di Camera e Senato dedicano un pensiero a Ramelli. “Sono trascorsi 50 anni da quando Sergio Ramelli, uno studente di 19 anni, fu barbaramente ucciso a Milano a colpi di chiavi inglesi da militanti comunisti di Avanguardia Operaia”. Così Ignazio La Russa, all’epoca responsabile regionale del Fronte della Gioventù, che conosceva bene Ramelli e che è stato fin dall’inizio legale della famiglia per ottenere la giustizia. “Ricordare Sergio non è solo un atto di memoria”, spiega la seconda carica dello Stato. “Ma un impegno civile affinché il sacrificio di chi ha perso la vita in quegli anni non venga dimenticato e simili orrori non si ripetano più in futuro. A prescindere dal colore politico, rigettiamo con fermezza ogni forma di odio e violenza e ci impegniamo per favorire una vera pacificazione nazionale. Sergio Ramelli vive nella memoria di chi crede nella libertà, nel rispetto e nella democrazia”.
Rampelli: un delitto maturato a scuola, complici i cattivi maestri
Anche Lorenzo Fontana ha rivolto un omaggio e un pensiero commosso alla memoria dello studente milanese. “La sua tragica storia resta un monito vivo contro gli orrori della violenza. E un richiamo alla necessità di un impegno comune per preservare il libero dibattito civile e democratico”. Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, si sofferma su un delitto “maturato all’interno della scuola di Ramelli con la complicità di docenti cattivi maestri che resero pubblico un tema in cui Sergio osava condannare le Brigate Rosse, su un sistema giudiziario poco attento ai “figli di un dio minore”. Oggi – scrive su Facebook Rampelli, “è giusto che tutti ricordino Sergio Ramelli, così come alla sinistra spetta il compito di non dimenticare i propri martiri e offrirli alla memoria condivisa. Meno nobile è citare i ragazzi di sinistra assassinati negli anni di piombo in occasione dei 50 anni dell’orribile esecuzione di Sergio Ramelli, come qualcuno oggi ha fatto. È come dire che, in fondo, se lo meritava”. E ancora: “Noi difendiamo non solo il diritto della nostra parte ad avere uno spazio politico in questa democrazia, ma quello di tutti. Per Sergio, e per tutti coloro che l’hanno seguito in quel tragico destino, questo è il nostro impegno. Ai colleghi di sinistra offro ancora una volta la possibilità di istituire una commissione d’inchiesta parlamentare bipartisan limitata esclusivamente ad approfondire la verità storica sulla violenza politica di quegli anni”. Anche Paola Frassinetti, che conosceva bene Sergio, intervenendo all’inaugurazione della mostra dedicata a Ramelli, ha ricordato che il suo omicidio “è maturato nelle scuole in nome dell’antifascismo militante. Nelle scuole bisogna ricordare i giovani di destra e di sinistra” aggiunge la sottosegretaria all’Istruzione ricordando il suo omaggio anche a Fausto e Iaio, i due militanti del centro sociale Leoncavallo uccisi a Milano nel 1978.
Foti e Bignami: la morte di Sergio diventi simbolo di libertà
Il ministro Tommaso Foti ricorda la brutale aggressione a Ramelli e la morte l’anno successivo del consigliere missino Enrico Pedenovi per mano di un commando di Prima Linea. “Quale “colpa” avevano? “Sergio ed Enrico hanno pagato con la vita il prezzo delle proprie idee e la fedeltà ai propri valori. Cinquant’anni dopo, i nostalgici degli anni di piombo tentano di infangare la loro memoria. Ma sempre più persone riconoscono in lui il volto innocente di una generazione tradita, vittima di un odio politico che non deve più tornare”. “Assassinato perché aveva idee diverse, perché credeva e amava la propria Patria. Per questo si iscrisse al Fronte della Gioventù”, ricorda il capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami. che sottolinea l’isolamento, la persecuzione subita “senza che nessuno osasse opporsi a tutto ciò. Sergio Ramelli – conclude Bignami – toccò vivere tutto questo. Oggi lo ricordiamo, come facciamo ogni anno, perché il suo sacrificio non resti vano. La morte di Sergio Ramelli diventi, quindi, un simbolo di libertà”.