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Waltz chat

Caos a Washington

Caso Signal, top secret (ma non troppo): Waltz aggiunge per errore un giornalista nella chat del Pentagono. Ora rischia il posto

Trump minimizza: "Non ne so nulla". L'incidente è ora sotto esame. E il futuro del consigliere per la Sicurezza nazionale è appeso a un filo

Esteri - di Alice Carrazza - 25 Marzo 2025 alle 10:12

Il destino politico di Mike Waltz, consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, è appeso a un filo. Un errore, una chat, un giornalista. Tanto è bastato per scatenare quello che The Atlantic definisce «una delle più clamorose violazioni della sicurezza militare americana di cui si abbia memoria recente». E Jeffrey Goldberg, direttore della rivista e protagonista della vicenda, lo racconta personalmente: «Non potevo credere che i leader della sicurezza nazionale potessero davvero comunicare piani imminenti di guerra via Signal».

Il giornalista finito accidentalmente nella chat del Pentagono

È il 13 marzo quando Goldberg viene incluso in una chat denominata Houthi PC small group. Nessuno si accorge della sua presenza. Nessuno chiede chi sia. Tra i partecipanti: il vicepresidente J.D. Vance, il capo della Cia John Ratcliffe, il segretario alla Difesa Pete Hegseth, il consigliere Stephen Miller, e altri diciotto alti funzionari dell’amministrazione Trump.

Tre giorni dopo, alle 11:44 del mattino, Hegseth invia nella chat i piani operativi per l’attacco agli houthi: armi, obiettivi, sequenza degli strike. Alle 14:00, le bombe cadono davvero.

La svista che potrebbe costare la testa di Mike Waltz

Il dito sbagliato sembra essere però quello di Waltz. È lui che avrebbe aggiunto per errore il numero del direttore di The Atlantic alla chat. È lui che, secondo fonti interne raccolte da Politico, potrebbe essere indotto alle dimissioni. Il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale, Brian Hughes, conferma: «Stiamo verificando come un numero non autorizzato sia stato aggiunto alla conversazione».

Fonti della Casa Bianca lasciano intendere che The Donald deciderà entro le prossime 48 ore se confermare la fiducia al suo consigliere. La valutazione, spiegano, sarà politica, non tecnica. E non è escluso che una decisione venga presa prima ancora che si concluda l’indagine interna.

Intanto, nell’editoriale del New York Times, l’ex legale dell’esercito David French commenta l’accaduto: «Non c’è un ufficiale la cui carriera sopravviverebbe a una violazione del genere. Normalmente si tradurrebbe in conseguenze immediate, seguite da un’indagine e potenzialmente da accuse penali».

Che cos’è Signal? Cosa c’è in ballo?

Ma che cos’è Signal? Fondata dall’imprenditore Moxie Marlinspike, l’app è ormai passata da strumento di nicchia per dissidenti a canale informale privilegiato da molti funzionari di Washington. Priva di crittografia governativa e indipendente da server federali, solleva non poche preoccupazioni legali. Secondo gli esperti sentiti da The Atlantic, questo uso improprio potrebbe violare l’Espionage Act, mentre la presenza accidentale di un giornalista in chat riservate configurerebbe ulteriori reati. Infine, la funzione di autodistruzione dei messaggi solleva ulteriori dubbi in materia di conservazione degli atti pubblici.

In pochi minuti, conversazioni che avrebbero dovuto restare circoscritte al livello più alto della catena di comando sono invece finite in un circuito potenzialmente vulnerabile. «È troppo presto per dire se l’incompetenza di Hegseth sia anche criminale», scrive French, «ma una violazione della sicurezza così significativa richiede un’indagine approfondita».

L’Europa, il petrolio e il fastidio degli alleati

Nella chat si parlava anche d’altro. Dei costi. Dei vantaggi. Degli alleati. J.D. Vance, non convinto dell’operazione, suggerisce di posticipare l’attacco. «Non sono sicuro che il presidente sia consapevole di quanto tutto questo contrasti con il suo messaggio sull’Europa», scrive. «C’è anche il rischio concreto di un aumento moderato o severo dei prezzi del petrolio». Alla fine però si fida, «se pensi che dobbiamo farlo, allora andiamo», dice a Hegseth.

Poi la frase che ha fatto il giro di Washington: «Odio salvare di nuovo l’Europa…». E il segretario alla Difesa risponde: «Condivido pienamente il tuo disgusto per gli scrocconi europei. È patetico». Miller chiude il cerchio: «Il presidente è stato chiaro: luce verde. Ma spieghiamo all’Egitto e all’Europa cosa ci aspettiamo in cambio… dev’esserci un guadagno economico se gli Usa ripristinano con successo la libertà di navigazione ad alto costo».

Trump minimizza: “Non ne so nulla”

Eppure, interpellato dai giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha tagliato corto: «Non ne so nulla. Non sono un grande fan del The Atlantic». Poche ore dopo, la portavoce dell’amministrazione fa sapere che il presidente è stato informato dell’incidente e che la questione è sotto esame. «Il thread dimostra la profonda e articolata coordinazione politica tra gli alti funzionari. Il successo continuo dell’operazione contro gli houthi dimostra che non vi è stata alcuna minaccia né per i nostri militari né per la sicurezza nazionale», ha tentato di smarcarsi Heghset.

Tulsi Gabbard, capo dell’Intelligence americana, ha invece scelto un’altra linea. In un post pubblicato il 14 marzo su X, scrisse: «Qualsiasi diffusione non autorizzata di informazioni classificate è una violazione della legge e verrà trattata come tale». Tuttavia, «il presidente Trump continua ad avere piena fiducia nella sua squadra per la sicurezza nazionale, incluso il consigliere Mike Waltz», ha dichiarato la portavoce Karoline Leavitt a Reuters.

Oggi Gabbard è attesa davanti alla commissione Intelligence del Senato, dove riferirà sulle minacce globali alla sicurezza del Paese. L’errore della chat sarà inevitabilmente sul tavolo.

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di Alice Carrazza - 25 Marzo 2025