
Uccise il padre per difendere la madre, assolto Alex Cotoia: “Ora spero di poter andare avanti con la mia vita”
Assolto. Alex Pompa, il 22enne accusato di aver ucciso il padre con 34 coltellate per difendere la madre, è stato assolto dalla Corte di Assise di Appello a Torino. I fatti risalgono alla sera del 30 aprile 2020, quando il giovane – che ora porta il cognome della madre, Cotoia– sarebbe intervenuto nell’ennesima tragica lite in famiglia per difendere la sua mamma. La conferma della sentenza di primo grado- assoluzione per legittima difesa – è arrivata al termine dell’appello bis a carico del giovane. Dopo che la Cassazione, nel luglio scorso, accogliendo la richiesta della procura generale aveva disposto un nuovo processo. Alex era stato assolto in primo grado per legittima difesa. In appello, nel dicembre 2023, era stato invece condannato a 6 anni, 6 mesi e venti giorni di reclusione.
“Sono frastornato. Spero che sia finita e di poter andare avanti con la mia vita”. Così Alex commenta la sentenza. “Devo ancora metabolizzare, non sono giornate facili”, ha aggiunto il giovane, sottolineando che festeggerà con la sua cagnolina, un golden di nome Zoe. In aula, alla lettura della sentenza, era presente la fidanzata mentre fuori dal tribunale c’era la mamma. A chi gli domandava cosa gli dirà la madre, Alex si è limitato a rispondere “mi abbraccerà, non parliamo tanto, non ce n’è bisogno”. Quanto alla ripresa degli studi, Alex, che ha conseguito la laurea triennale e ora ha un lavoro partime, ha risposto “vediamo, ci penso un attimo, devo trovare anche il percorso di studi giusto”.
A chiedere l’assoluzione di Alex Cotoia sono stati naturalmente gli avvocati della difesa: Enrico Grosso e Claudio Strata. “Alex lo ha detto chiaro, ‘non avevo alternative, vorrei essere morto io al posto di mio padre‘. È sempre stato sincero”, hanno affermato i suoi legali. Di diverso parere Giancarlo Avenati Bassi, avvocato generale che chiedeva la condanna del giovane: “Infierire su un uomo agonizzante è ancora legittima difesa? Questa è la domanda a cui la difesa deve rispondere. Non è legittima difesa: è un caso di odio, non di paura”.
Nel nuovo processo i giudici – su indicazione della Suprema Corte – hanno rivalutato il contesto in cui si è svolta la vicenda, il clima che si viveva in famiglia e lo stato di disagio del giovane. Il padre, Giuseppe Pompa, è stato descritto come un uomo irascibile, prevaricatore e ossessivo, che spesso si lasciava andare a delle sfuriate. La moglie, Maria Cotoia, cassiera in un supermercato, raccontò che una volta il marito l’aveva contattata 101 volte al telefono solo perché credeva che al lavoro avesse salutato un collega. “È una gioia indescrivibile – ha commentato l’avvocato difensore Claudio Strata -. Spero che questa pronuncia, autorevolissima, metta fine alla vicenda”. Alex, invece, ha detto: “Ora voglio trovare il mio posto nel mondo, che sia in Italia o all’estero”.
La condanna in appello aveva suscitato un’ondata di indignazione: il fratello minore Loris, salvato anche lui dalla furia del padre, avev a dichiarato all’epoca: “Alex deve essere assolto perché ci ha salvato la vita. Se vogliamo che qualcosa cambi, se vogliamo evitare che le donne continuino a morire e che non ci siano più casi come quello di Giulia, la sentenza non può essere questa”. Ora è arrivata l’assoluzione. “Alex ora deve essere lasciato in pace, non ha praticamente ancora vissuto. Siamo contenti che sia finito un calvario giudiziario”. Lo dice a LaPresse l’avvocato Claudio Strata, difensore di Alex Cotoia. L’avvocato evidenzia una “linea durissima” da parte della pubblica accusa: “Avevano schierato l’artiglieria pesante, ma per fortuna siamo riusciti a dimostrare l’innocenza di Alex”.
La criminologa: applicato il principio della legittima difesa
“Nella sentenza di appello bis sul caso di Alex Cotoia è stato applicato in pieno il principio della legittima difesa. Sostanzialmente ci dice che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio altrui. Volendo approfondire il discorso della legittima difesa, occorre che ci sia un pericolo attuale di offesa e, nel concetto di attualità, ne rientra anche il pericolo perdurante che, a mio avviso, si ravvisa nel comportamento maltrattante del padre nei confronti della madre e degli stessi ragazzi per un lungo periodo di tempo. E poi è stata rilevata anche la reazione che è stata ritenuta necessaria per salvaguardare il bene che è posto in pericolo, quindi la vita”. Così all’Adnkronos l’avvocato penalista e criminologa Chiara Penna sull’assoluzione di Alex Cotoia.
“L’alternativa che si presenta davanti a chi agisce è o reagire o subire l’offesa. In questo caso – prosegue Penna – la reazione di Alex è stata considerata proporzionata: tra difesa e offesa c’è stata questa rilevazione della proporzionalità. Perché sostanzialmente il principio della legittima difesa è un principio che deriva da un concetto: se lo Stato non è in grado di intervenire tempestivamente, come è ovvio che sia nel momento in cui si verifica un fatto imprevedibile, non ci sono forze dell’ordine, non ci sono possibilità di intervenire per impedire l’evento e allora è un’estrema possibilità che si concede al cittadino quella di difendere la propria vita o quella altrui per l’impossibilità dello Stato di intervenire”. Alex Cotoia, nel primo processo di appello, era stato condannato nel 2023 a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione: una condanna, secondo l’avvocato e criminologa Chiara Penna “abbastanza esigua considerando il fatto, quindi già qualcosa che faceva scricchiolare un po’ l’impianto accusatorio, sicuramente c’era” ma che comunque, per avere un’idea più chiara “dovremo aspettare di leggere le motivazioni”.