Putin investe sugli armamenti ma per non perdere la guerra in Ucraina gli resta solo un anno e mezzo
Putin rilancia, sul piano politico, agganciando ancora una volta la Cina, ma investe ancora tanto sugli armamenti, sebbene il tempo che i vertici militari hanno ipotizzato per la fine campagna militare in Ucraina, pena una pericolosa stagnazione, si aggiri sui 12-18 mesi. In tanti ritengono che la spesa militare sia l’indicatore della crescita economica per la Federazione russa, in particolare per il Ministro della difesa Andrej Belusov. Al contrario, Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa, ritiene che questo modello possa non resistere poi così a lungo come immaginato da molti. Indipendentemente dalle divergenze, Putin sembra avere le idee chiare sul futuro: dare priorità all’industria militare, anche come volano per l’economia di guerra, soffocata dalle sanzioni occidentali.
Dopo la presentazione del bilancio alla Duma, previsto per il 2025-2027, molti esperti di economia come Aleksandra Prokopenko hanno focalizzato la propria attenzione su altri particolari. Secondo l’economista russa, il paese eurasiatico potrebbe subire uno shock economico tra 5-7 anni. Alla fine del conflitto russo-ucraino, sarà più difficile gestire le tre variabili economiche principali: il piano welfare-state, l’equilibrio macroeconomico e le sovvenzioni sugli armamenti.
Per investire sugli armamenti Putin deve aumentare le tassazioni e tagli
Dal 2025, il Cremlino aumenterà le imposte per garantire nuovi investimenti: il 73 per cento degli introiti arriverà dall’aumento delle tassazioni e dai tagli sulla spesa pubblica. Una scelta che dovrà ritrovarsi in simbiosi con la revisione degli armamenti, poiché sarà necessario un rinnovo in base alle esigenze future. Tuttavia, le sanzioni nei confronti della Russia non hanno dato grandi risultati fino a questo momento, soprattutto dopo l’immobilizzazione dei capitali in loco. Prima dello scoppio della guerra, la Russia muoveva grandi capitali verso i territori occidentali: gli acquisti riguardavano prevalentemente beni di lusso e contante in dollari. Tra questi figurano anche i beni confiscati agli oligarchi in Europa.
La globalizzazione economica ha salvato Vladimir Putin e la sua idea di Russia
Sebbene Vladimir Putin si ritenga contrario alla globalizzazione, bisogna ammettere che quest’ultima deve aver avuto un ruolo importante nei piani economici della Russia. Gas e petrolio verranno univocamente vendute a tutti quei paesi che il Cremlino e la Duma stessa non considerano ostili in termini politici. Gli acquirenti non mancano, ma ciò che frena maggiormente la fabbricazione industriale bellica è il tasso di disoccupazione, assestato tra il 2.3 e il 2.4 per cento. Qualche punto debole quindi esiste, chissà che gli stati occidentali dalla parte dell’Ucraina non decidano di prelevare forza-lavoro proprio dalla Russia stessa. In tal caso sarà necessario accertarsi che una simile azione non comporti eventuali sabotaggi, soprattutto nell’epoca nuova dell’intelligence.