Toti: patteggiare non significa ammettere la colpevolezza. Il centrodestra può procedere a testa alta”

20 Set 2024 17:40 - di Eugenio Battisti

“Un accordo con la Procura non significa ammettere la propria colpevolezza”. Così Giovanni Toti sulla sua pagina Facebook rilanciando un sondaggio di ieri di Porta a Porta in cui per la maggioranza degli intervistati l’ex governatore della Liguria finito ai domiciliari ha fatto bene a patteggiare. “Un accordo con la Procura non significa ammettere la propria colpevolezza, come qualche giustizialista continua a sostenere, facendo strame del diritto. Significa – puntualizza Toti – semplicemente che dopo 3 anni di intercettazioni, indagini, filmati, registrazioni, pedinamenti, evitiamo di portare in aula una vicenda che sarebbe durata almeno un’altra decina di anni”.

Toti sui social: patteggiare non significa non essere innocenti

Poi aggiunge: “I magistrati  hanno riconosciuto che nessuno di noi ha messo in tasca un euro. E che gli atti approvati, dalle concessioni ai supermercati, per chiarirci, erano dovuti e legittimi. E aggiungo anche indispensabili alla crescita della Liguria”. E ancora, a proposito della tesi che il patteggiamento avrebbe danneggiato politicamente la coalizione di centrodestra. “Chi lo dice e scrive non sa di cosa parla, o ha interessi diversi dalla verità. Questo sondaggio lo dimostra. Al contrario: oggi la coalizione che ha governato la regione può andare a testa alta, rivendicando tutto ciò che di buono è stato fatto in nove anni che hanno cambiato la Liguria. E deve farlo senza timidezze e reticenze. Perché il modello costruito qui di politica liberale e di riforme dovrebbe essere un esempio su come si può cambiare il Paese. Chi non saprà farlo butterà via un pezzo importante della sua dote politica”.

Il centrodestra può andare avanti a testa alta

Nessun isolamento durante la detenzione domiciliare. “Non mi sono sentito lasciato solo come amministratore dagli amici della mia maggioranza. Anzi, molti mi hanno dimostrato amicizia al di là della convenienza. Semmai – spiega l’ex governatore ligure – mi sono sentito lasciato solo come cittadino da una politica che dovrebbe risolvere molte delle sue incertezze e ipocrisie. Resta di questa vicenda una domanda di fondo. Se un imprenditore finanzia la politica lo fa per creare un clima favorevole ad avere atti che comunque gli sarebbero dovuti, oppure lo fa perché finalmente ha trovato una politica che gli dà risposte serie in tempi certi, come tutti chiedono? E tutto ciò è un reato? In Liguria io sono certo che si tratta della seconda ipotesi. In Italia di una legge chiara e non ipocrita deve occuparsi il Parlamento e non il Tribunale di Genova. Senza girare per l’ennesima volta la testa da un’altra parte”.

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