Rivolta a Regina Coeli, la sinistra fa sciacallaggio. Il cappellano riporta alla realtà su detenuti e immigrazione
Ha provocato “danni ingenti” la rivolta che si è verificata nella serata di ieri nell’ottava sezione del carcere di Regina Coeli, dove è anche divampato un incendio che, secondo quanto ricostruito, sarebbe stato appiccato da alcuni detenuti con le bombolette di gas da campeggio che vengono usate per cucinare. Nella rivolta non ci sarebbero stati scontri fisici e non si registrano feriti gravi: solo un agente, secondo quanto riferito dai sindacati delle Polizia penitenziaria, è stato colto da un lieve malore, probabilmente per i fumi inalati.
Rivolta nel carcere di Regina Coeli: l’ottava sezione “devastata”
“I medici hanno visitato tutte le celle e mi hanno parlato di una sezione devastata, c’era molta acqua, molto fumo”, ha riferito il Garante dei detenuti di Roma Capitale, Valentina Calderone, che nella notte ha fatto un sopralluogo. Questa ennesima rivolta carceraria ha rilanciato il tema del sovraffollamento delle carceri, denunciato dai sindacati e cavalcato politicamente dalla sinistra.
Da Cucchi al Pd: lo sciacallaggio politico della sinistra
“Le rivolte sono sempre l’ultimo atto: prima ci sono le condizioni della struttura, le condizioni di vita, i diritti negati. Il governo Meloni resta distinto e distante da tutto questo, e le norme appena approvate come si vede non servono a nulla. La tensione crescente e l’escalation di violenza da nord a sud sono i sintomi di un malessere che va ascoltato e non solo represso con la forza”, ha detto la senatrice di Avs, Ilaria Cucchi, accusando il governo di aggravare il problema con misure come il decreto Sicurezza e di usare le carceri “come discarica sociale”.
Simile l’intervento del senatore Pd, Walter Verini: “Nella colpevole indifferenza e inerzia del ministero della Giustizia e dell’intero governo le carceri italiane continuano a scoppiare, ad essere una quotidiana, angosciante polveriera. Quanto accaduto a Regina Coeli ieri sera è drammatico. Dalla rivolta dei detenuti potevano verificarsi conseguenze incalcolabili per le persone recluse e il personale di custodia. Regina Coeli è emblema della situazione delle carceri”.
Il cappellano di Regina Coeli accende i riflettori sul “tipo di soggetto che sta riempendo le carceri”
Chi però il carcere di Regina Coeli lo conosce bene offre un altro punto di vista su ciò che è accaduto, e che accade in molte carceri. “Quanto sta accadendo è il frutto di diversi fattori, dalla struttura penitenziaria in sé, al tipo di soggetto che sta riempiendo le carceri: spesso si tratta di giovani che hanno problemi sulla strada, regolamenti di conti in sospeso tra loro”, ha detto padre Vittorio Traini, cappellano della struttura. “Ragazzi, uomini con la stessa vitalità che hanno nelle nostre strade, ai quali manca il senso della responsabilità, la consapevolezza del momento. E poi c’è la necessità di avere più agenti della polizia penitenziaria, per garantire maggiore ordine all’interno delle sezioni”, ha proseguito Traini. “È necessario rivedere la ‘situazione carcere’ in quanto tale, lavorare sulla cultura, disciplinare un po’ il discorso degli arrivi in Italia, che – ha sottolineato il sacerdote – portano una marea di persone che poi si ammazzano nelle periferie. È un discorso molto, molto serio, che poi si riflette sul piano pratico e sulla realtà delle carceri”.
La situazione nel carcere romano e le ipotesi di riconversione
A Regina Coeli, secondo quanto riferito dai sindacati, ci sono 1.170 detenuti a fronte di 626 posti. Il palazzo che ospita la struttura e che sorge nel quartiere Trastevere, nel cuore di Roma, è inoltre un ex convento del 1600. Visitando il carcere all’inizio di questo mese, il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, ha spiegato che “a mio avviso dovrebbe essere chiuso ma, vista la carenza di posti e in questa fase di riorganizzazione generale delle strutture penitenziarie, una strada percorribile potrebbe essere quella di trasformarlo in casa di reclusione, utilizzando invece Rebibbia come carcere giudiziario”. Oggi l’assessore Pd all’Urbanistica di Roma Capitale, Maurizio Veloccia, si è rivolto al ministro Nordio affermando che a suo avviso la chiusura e la riconversione, spostando i detenuti in strutture più moderne, sono l’unica soluzione. Veloccia ha poi ricordato che l’ipotesi era stata accarezzata anche dall’allora ministro Orlando e che era stato avviato un tavolo sul tema. Dunque, a quanto pare, il problema non è esploso improvvisamente a causa del governo Meloni. Ma ricordarlo non è funzionale alla narrazione del governo “indifferente” e “inerte” che tanto fa comodo alla sinistra.