Monsignor Suetta sfida la chiesa al contrario: “Attenti ai tromboni del progressismo”. Il testo integrale dell’omelia

1 Set 2024 10:45 - di Giovanni Pasero
monsignor Suetta

“Vediamo bene, ad essere schietti ed onesti, come oggi sia pervasiva una criminalizzazione del dissenso. Si registra a tutti i livelli della compagine sociale un’azione repressiva tendente a criminalizzare chiunque si opponga a determinati nuovi dogmi come immigrazione indiscriminata, aborto come ‘diritto fondamentale’, utero in affitto, ‘transizione di genere’, catastrofismo climatico e altre situazioni similari”. È questo il messaggio del vescovo della diocesi di Ventimiglia e Sanremo, Antonio Suetta contenuto nel discorso ai recenti festeggiamenti di Sant’Ampelio, a Ventimiglia, con il quale, nell’ambito di un più articolato discorso, ha attaccato il politically correct.

“Nel nome del progressismo criminalizzano il dissenso”

“Un siffatto tipo di censura qualifica la prospettiva socioculturale, che va sotto il nome di progressismo, parola ‘magica’, dinanzi alla quale non si ammettono reticenze e ritardi – aggiunge Suetta -. Anche ai tempi di san Secondo per l’autorità imperiale romana esisteva un ‘politicamente corretto’, che sinteticamente coincideva con la ‘religione di stato’: il problema dell’imperatore non era certo la fede o la salvezza eterna dei sudditi, ma piuttosto quello di garantire un ordine e relative conseguenze di bene e di sicurezza”.

Ma non è tutto. Suetta prende anche di mira l’espansione del mondo islamico. “Non possiamo però, d’altra parte, omettere salutari riflessioni sulle cause che hanno provocato il declino di questo o quel contesto: per l’Africa del tempo ha influito la decadenza della civiltà romana prima e l’avanzata islamica poi. Come non riconoscere anche oggi una profonda e grave decadenza di civiltà insieme all’avanzare di varie perniciose dottrine; penso all’espansione del mondo islamico con tutte le conseguenze religiose, politiche e socio-economiche, che sono sotto i nostri occhi”.

Non manca neppure una stoccata: “All’avanzata di forme di neo paganesimo, spacciate come progresso e propagandate come emancipazione e libertà; basta guardare alla sceneggiata predisposta per l’apertura dei giochi olimpici”.

Suetta, non nuovo per le sue uscite polemiche, dal fine vita al Festival di Sanremo, dalle elezioni politiche alle unioni gay, sferra un altro attacco anche alla chiesa di Bergoglio, sempre più conforme alle mode del mondo occidentale e sempre meno distinguibile rispetto al Wwf, all’Unicef o a qualsiasi altro ente di beneficenza.

Berrino (FdI): “In un mare di conformismo apprezzo il coraggio di Suetta”

“Desidero rivolgere il mio sostegno al vescovo di Sanremo e Ventimiglia, la mia diocesi, mons. Antonio Suetta. In un mare di conformismo che ormai dilaga in ogni contesto, da uomo di Chiesa qual è, ha il coraggio di esprimere, ad esempio sul tema dell’immigrazione, concetti di buonsenso ma considerati politicamente scorretti dal pensiero dominante. Dovremmo fare tesoro, in particolare, dell’allarme che mons. Suetta lancia a proposito del tentativo, da parte della diffusa cultura dell’eliminazione conosciuta con il termine woke, di eliminare le tracce delle radici della nostra civiltà, perché perdere un’identità equivale alla morte di un popolo per asfissia culturale”. Lo dichiara in una nota il senatore di Fratelli d’Italia Gianni Berrino, componente del comitato parlamentare Schengen.

Chi è il vescovo di Ventimiglia

Nominato vescovo dieci anni fa da Papa Francesco, allora era il più giovane vescovo italiano, oggi ha 62 anni ed è uno dei rappresentanti dell’ala più conservatrice dell’episcopato. Nei suoi discorsi non critica il Papa ma le sue posizioni sembrano lontane dalla linea tracciata del pontificato di Bergoglio. Papa Francesco, per esempio, dopo avere definito nell’ultima udienza generale “un peccato grave” la mancata accoglienza dei migranti, anche oggi è tornato a porre l’accento su quelle “chiusure dove l’indifferenza e l’egoismo sembrano prevalere sulla disponibilità, sul rispetto e sulla condivisione, con conseguenze gravi ed evidenti, come l’iniquo sfruttamento dei poveri e la devastazione ambientale”.

Il testo integrale dell’omelia di Monsignor Suetta

Ventimiglia – Chiesa Cattedrale 26 agosto 2024

Oggi siamo qui, in festa, perché i nostri antenati, nel 1579, decisero, nel corso di una pestilenza, di affidarsi a San Secondo e poi, in ringraziamento della ottenuta protezione, lo dichiararono, nel 1602, patrono della Città di Ventimiglia e dell’intera Diocesi e ne istituirono la festa annuale.

Sorgono spontanee alcune domande: noi siamo degni figli di quegli antichi padri? Incappiamo ancora in pestilenze tali da indurci ad invocare i Santi? Riteniamo il coraggioso martire San Secondo un modello ancora valido di cristiano e di cittadino?

Conosciamo abbastanza bene la storia di San Secondo, soldato della famosa “Legio Angelica”, la Legione Tebea, ma alcuni particolari hanno sempre il potere di scuoterci dal confinamento leggendario, in cui molti vorrebbero rinchiudere la vicenda.

La provenienza di questi soldati copti, cioè egiziani, conduce il nostro cuore alla fioritura della Chiesa che, nei primi secoli dell’era cristiana ha reso il Nordafrica un giardino di fede e di santità: è l’Africa di Sant’Agostino e di San Cipriano, dei martiri di Abitene (quelli del famoso “senza domenica non possiamo stare”), l’Africa che già nell’anno 189 dava alla Chiesa un papa, San Vittore I.

Da questi pochi esempi citati, possiamo trarre alcune considerazioni.

Innanzitutto, un criterio storico-sapienziale, con cui leggere il tempo presente e specialmente la crisi della cristianità nel mondo occidentale; occorre da una parte considerare come il tramonto di un contesto non significhi la fine dell’esperienza cristiana e della Chiesa.

Siamo nelle mani di un Padre buono, che con la sua provvidenza conduce la storia secondo il suo disegno di amore e di salvezza e verso la méta del compimento eterno.

Non possiamo però, d’altra parte, omettere salutari riflessioni sulle cause che hanno provocato il declino di questo o quel contesto… per l’Africa del tempo ha influito la decadenza della civiltà romana prima e l’avanzata islamica poi. 

Come non riconoscere anche oggi una profonda e grave decadenza di civiltà insieme all’avanzare di varie perniciose dottrine; penso all’espansione del mondo islamico con tutte le conseguenze religiose, politiche e socio-economiche, che sono sotto i nostri occhi.

Penso pure all’avanzata di forme di neo paganesimo, spacciate come progresso e propagandate come emancipazione e libertà; basta guardare alla sceneggiata predisposta per l’apertura dei giochi olimpici.

Non mi dilungo in considerazioni articolate, ma credo che non sia così sbagliato affermare che abbiamo qualcosa da recuperare dall’attitudine degli avi, i quali, con autentico sguardo di fede, hanno scelto un protettore così limpido e coraggioso.

È pure curioso pensare che gran parte dell’evangelizzazione delle nostre terre europee dipenda anche dal vivace cristianesimo nordafricano: molti soldati cristiani della legione tebea, sfuggendo al massacro finale di Agaunum (oggi Sankt Moritz), si sono sparsi sul territorio annunciando il vangelo e morendo poi come martiri ad opera delle popolazioni pagane locali.

Così come sarebbe stimolante per i cristiani di oggi tornare a far prevalere lo slancio della evangelizzazione anche nei confronti di appartenenti ad altre religioni, con cui si viene in contatto, riconoscendo che, se dal punto di vista della pacifica convivenza umana, è sufficiente il dialogo, sotto il profilo dell’appartenenza alla Chiesa e nella prospettiva superiore del bene sommo della salvezza è essenziale ed indispensabile l’annuncio di Cristo, unica speranza ed unico Salvatore.

Questo aspetto dovrebbe opportunamente dare compimento all’impegno di accoglienza ed integrazione, che l’odierna sfida migratoria suscita nel mondo occidentale e nella comunità cristiana.

Sono molteplici anche oggi le pestilenze da affrontare; possiamo certamente contare sul progresso medico e scientifico benché il miraggio dell’immortalità e dell’eterna giovinezza, tanto caro al transumanesimo contemporaneo, faccia parte del libro dei sogni irrealizzabile o, meglio, sia espressione diabolica di un clamoroso e terribile inganno. 

Se registriamo con grata soddisfazione le conquiste della medicina per le malattie del corpo, non possiamo tuttavia distogliere lo sguardo dalle sempre più profonde e diffuse malattie della psiche e dello spirito: una vera e propria pandemia, che curiosamente sembra accompagnarsi agli standards più elevati del benessere. Invochiamo anche per questo San Secondo affinché faccia comprendere alla Chiesa e al mondo intero che non ci si può accontentare di aggiungere giorni alla vita, ma che, piuttosto, come insegna la fede, occorra aggiungere vita, vita vera, ai giorni. 

Infine, l’ultima domanda: San Secondo può essere ancor oggi un valido modello?

Tenterei di rispondere dando per scontato che lo sia come testimone della fede, uomo coraggioso e deciso a non tradire il Signore della verità né per le lusinghe del mondo né per le sue minacce.

Siccome il nostro Patrono è stato pure un valoroso e leale soldato vorrei far notare come la intrepida fierezza dei martiri costituisca anche  un prezioso esempio di intelligente cittadinanza.

Vediamo bene, ad essere schietti ed onesti, come oggi sia pervasiva una criminalizzazione del dissenso. Si registra a tutti i livelli della compagine sociale un’azione repressiva tendente a criminalizzare chiunque si opponga a determinati nuovi “dogmi” come immigrazione indiscriminata, aborto come “diritto fondamentale”, utero in affitto, “transizione di genere”,  catastrofismo climatico e altre situazioni similari. Un siffatto tipo di censura qualifica la prospettiva socioculturale, che va sotto il nome di progressismo, parola “magica”, dinanzi alla quale non si ammettono reticenze e ritardi.

Anche ai tempi di san Secondo per l’autorità imperiale romana esisteva un “politicamente corretto”, che sinteticamente coincideva con la “religione di stato”: il problema dell’imperatore non era certo la fede o la salvezza eterna dei sudditi, ma piuttosto quello di garantire un ordine e relative conseguenze di bene e di sicurezza.

Rispetto al martirio della legione tebea, da circa due secoli la scintilla della fede cristiana accendeva nei cuori di tanti un profondo anelito di libertà autentica e una prospettiva di vita piena non consistente in espressioni di forza e di piacere, ma umilmente consegnata alla sequela di Gesù.

I cristiani allora, anche per estrazione sociale, non erano in grado di “disturbare” la struttura imperiale con la potenza militare o con altre forme di rivoluzione secondo la logica mondana.

La fede però risvegliava le coscienze, che si aprivano ad una novità di vita assolutamente deflagrante per l’ideologia di allora. È stata questa la ragione della decimazione di quasi un’intera legione (6.600 uomini), che, dal punto di vista militare, si era pure distinta per imprese gloriose. La maggioranza di quei soldati, tra i quali San Secondo, era cristiana, e questo non poteva essere tollerato.

Anche oggi i tromboni del pensiero dominante riconoscono a qualsivoglia prospettiva, anche religiosa, diritto di parola e cittadinanza, ma fanno difficoltà con i veri cristiani perché portatori della “verità che rende liberi” (cfr. Gv 8, 32). Penso che San Secondo anche oggi risplenda per l’invitto coraggio e la splendida intelligenza della fede. 

Per questo oggi lo invochiamo a protezione di questa Città e Diocesi e sull’intera umanità affinché possa guardare e credere a Colui che “ieri, oggi e sempre” (Eb 13, 8) è “via, verità e vita” (Gv 14, 6).

+ Antonio Suetta, Vescovo di Ventimiglia – San Remo

 

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