Tragedia sfiorata a Terni, detenuto magrebino non vuole rientrare in cella: e pesta brutalmente l’agente

28 Ago 2024 15:21 - di Redazione
detenuto magrebino

Tragedia sfiorata a Terni, dove al culmine di nuovi disordini la casa circondariale umbra torna al centro delle cronache per le violenze agite contro appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio. Come riferisce Fabrizio Bonino, segretario per l’Umbria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria – e riporta l’Adnkronos – «un detenuto magrebino, trasferito da pochi giorni dal carcere di Spoleto, come sempre proveniente dalla Toscana per ordine e sicurezza, ha aggredito con calci e pugni il poliziotto di Sezione semplicemente perché gli diceva che era orario di chiusura e l’aggressore non voleva rientrare in cella.

L’aggressione è scattata intorno alle 19.00 nelle vicinanze della Sezione Lavoranti Media Sicurezza. Il collega ha ricevuto le prime cure nella locale infermeria per poi essere inviato al Pronto Soccorso in stato confusionale». E dovei medici lo hanno dimesso in tarda serata con «prognosi iniziale di sette giorni».

Terni, detenuto magrebino non vuole rientrare in cella e aggredisce l’agente che lo accompagna

Sulla drammatica vicenda, allora, Bonino evidenzia che «non si è sfiorata la tragedia solo grazie all’intervento degli altri detenuti, che sono riusciti a salvare il collega e a chiudere l’aggressore in cella». Rilevando a margine quanto sia «paradossale che la sicurezza del poliziotto penitenziario in Sezione debba essere “affidata” alla bontà dell’intervento dei detenuti. Ci chiediamo cosa succederebbe se i detenuti che dovessero assistere ad un altro evento critico decidessero di rimanere “impassibili”. Urge più che mai che la politica mantenga fede ai propri impegni chiudendo nell’immediato la “partita” non più procrastinabile relativa al ripristino del Provveditorato regionale per l’Umbria”.

Quella del detenuto magrebino è un’aggressione gratuita e brutale a un servitore dello Stato

Per il sindacalista del Sappe, «la vicenda ripropone nuovamente le difficoltà in cui versa il sistema penitenziario italiano. Un’aggressione a un servitore dello Stato è un’offesa alla Nazione. Un gesto vile e da censurare in quanto commesso in stato di detenzione all’interno di un carcere, mentre si è soggetti ad un’opera di risocializzazione. Uno scempio unico e senza appelli!».

Per continuare a leggere l'articolo sostienici oppure accedi