È ufficiale, il Vaticano ha scomunicato Monsignor Viganò: “È colpevole del delitto di scisma”
Dunque, è ufficiale: il Dicastero per la Dottrina della Fede ha dichiarato la scomunica latae sententiae per Monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio negli Stati Uniti, accusato e ora riconosciuto colpevole di scisma. L’alto prelato ha ricevuto la scomunica comminata d’ufficio (Viganò non si è mai presentato in Aula) per avere abbandonato la comunione col Vescovo di Roma e la chiesa cattolica.
È ufficiale: dal Vaticano arriva la scomunica per Monsignor Viganò
«In data 4 luglio – ricorda l’ex S. Uffizio e riporta l’Adnkronos – il Congresso del Dicastero per la Dottrina della Fede si è riunito per concludere il Processo penale extragiudiziale ex can. 1720 CIC a carico di S.E.R. Mons. Carlo Maria Viganò, Arcivescovo titolare di Ulpiana, accusato del delitto riservato di scisma (cann. 751 e 1364 CIC; art. 2 SST). Sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti, e della legittimità e dell’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II».
La scomunica del Vaticano: Monsignor Vigano riconosciuto «colpevole di scisma»
«All’esito del processo penale – scrive il dicastero presieduto dal cardinal Victor Manuel Fernandez – Monsignor Carlo Maria Viganò è stato riconosciuto colpevole del delitto riservato di scisma. Il Dicastero ha dichiarato la scomunica latae sententiae ex can. 1364 § 1 CIC. La rimozione della censura in questi casi è riservata alla Sede Apostolica. Questa decisione è stata comunicata a S.E.R. Monsignor Viganò in data 5 luglio».
Non può celebrare messa né altri sacramenti
Dunque, Monsignor Carlo Maria Viganò ha ricevuto la scomunica “latae sententiae” per scisma. Ma che succede ora? Intanto, «allo scomunicato è proibito celebrare la messa e gli altri sacramenti. Di ricevere i sacramenti; di amministrare i sacramentali e di celebrare le altre cerimonie di culto liturgico; di avere alcuna parte attiva nelle celebrazioni appena citate; di esercitare uffici o incarichi o ministeri o funzioni ecclesiastici; di porre atti di governo. Il senso della scomunica – sottolineano i media vaticani – è comunque quello di essere una pena medicinale che invita al ravvedimento. Quindi, si resta sempre in attesa di un ritorno della persona alla comunione».
L’ex nunzio apostolico aveva più volte criticato l’operato del Santo Padre e il Concilio Vaticano II
Lo scorso 21 giugno era stato lo stesso ex nunzio negli Stati Uniti a divulgare il decreto che lo convocava a Roma per rispondere delle accuse, dandogli la possibilità fino al 28 giugno di nominare un avvocato difensore che lo rappresentasse o facendo pervenire una memoria difensiva. Non essendo avvenuto, gli è stato attribuito un difensore d’ufficio, che ha svolto secondo le norme del diritto la difesa di Viganò. Oggi il verdetto. Una sentenza che era nell’aria: d’altro canto, come noto, l’ex nunzio apostolico aveva più volte criticato l’operato dell’attuale Santo Padre, Papa Francesco, e il Concilio Vaticano II.
Non solo. Da parte sua, Viganò si è sempre definito «onorato» delle accuse, asserendo di considerare «le accuse rivolte nei miei riguardi come un motivo di onore». E aggiungendo alla dichiarazione scritta di cui dà conto il sito di Qn tra gli altri, che «la formulazione stessa dei capi d’accusa conferma le tesi che ho più e più volte sostenuto nei miei interventi». Parole a cui vanno ad unirsi quelle delle rivendicazioni finali, quando Viganò ha sottolineato «di non riconoscere l’autorità né del tribunale che pretende di giudicarmi. Né del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato». Concludendo: «Questa mia decisione certamente molto sofferta, non è frutto di precipitazione o di spirito di ribellione. Bensì dettata dalla necessità morale che come vescovo mi obbliga in coscienza a rendere testimonianza alla Verità». Oggi però, il Vaticano ha sentenziato sulla sua verità.