E’ morto Ismail Kadare, lo scrittore albanese che denunciò il regime comunista e fu costretto all’esilio

1 Lug 2024 14:52 - di Angelica Orlandi
Kadare

Lo scrittore e poeta albanese Ismaïl Kadare, considerato uno dei maggiori autori dell’Europa orientale e il più grande autore albanese, tradotto in 45 lingue e vincitore dei più prestigiosi premi letterari, è morto oggi a Tirana per infarto. Aveva 88 anni.

Critico feroce del regime comunista

Da tempo candidato al Premio Nobel della Letteratura, i suoi romanzi hanno esplorato i temi legati alla storia albanese e alla vita sotto il feroce regime comunista. Dal 1970 al 1982 Kadare era stato membro dell’Assemblea del Popolo durante la dittatura di Enver Hoxha (1908-1985) e vicepresidente del Fronte democratico dell’Albania. Ma in seguito, per ripetuti contrasti e censure, fu costretto a fuggire in Francia, dove ottenne l’asilo politico nel 1990 e dove era conosciuto come Ismail Kadarè. Kadare usò ogni occasione per attaccare il regime nelle sue opere, per mezzo di allegorie politiche. Tanto che diversi suoi romanzi, come Concerto alla fine dell’inverno, Il mostro e Il Palazzo dei sogni, sono stati banditi dallo stato albanese.

Kadare ottenne asilo politico in Francia nel 1990

Dopo aver esordito poco più che ventenne come poeta, fu il suo primo romanzo, Il generale dell’armata morta – pubblicato in Albania nel 1963 e nel 1982 in italiano da Longanesi – a portare Kadare alla notorietà, rendendolo immediatamente uno dei rari scrittori albanesi conosciuti a livello internazionale. Ambientato vent’anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il libro narra la storia di un generale e un cappellano dell’esercito italiano che vengono incaricati di ritrovare i resti dei soldati italiani caduti in Albania. Il romanzo è diventato un film del 1983 diretto da Luciano Tovoli con Marcello Mastroianni nei panni del generale Ariosto e Michel Piccoli nelle  vesti di padre Benetandi.

Kadare usò un linguaggio allegorico per criticare il regime comunista

Nei romanzi successivi, Kadare ha rielaborato storie e leggende dell’Albania e ha usato allegorie politiche per criticare il regime comunista. Tra i suoi romanzi I tamburi della pioggia (1970) e La città di pietra (1973), entrambi tradotti in italiano per la prima volta da Longanesi. In Italia negli ultimi anni è in corso di riedizione la sua opera presso l’editrice La nave di Teseo, che ha già pubblicato, tra gli altri, La bambolaLa provocazioneAprile spezzatoLa città di pietra e Le mattine al Café Rostand.

I romanzi recenti

Kadare ha sempre mantenuto alto il suo impegno come testimoniano anche romanzi più recenti come “Freddi fiori d’aprile” e “La figlia di Agamennone”: spietato resoconto del controllo delle vite private attuato dal regime comunista che prosegue anche in “Il successore”. “L’incidente” del 2008 è un’indagine sulle cause di un incidente stradale su cui si stagliano inquietanti trame politiche; mentre “Un invito a cena di troppo” del 2012 vede protagonista il sindaco di Argirocastro che invita a cena il colonnello delle forze di occupazione naziste albanesi per convincerlo a non eseguire la fucilazione dei prigionieri.

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