Tajani: “No a scelte unilaterali per la Palestina. Dal 7 ottobre non abbiamo più inviato armi a Israele”

18 Giu 2024 15:13 - di Redazione

“No a scelte unilaterali, è il tempo di fatti concreti a sostegno della Palestina”. È la posizione ribadita dal ministro degli Esteri Antonio Tajani sulla crisi mediorientale in un’audizione davanti alle commissione congiunte al Senato. “Il nostro governo è fermamente convinto della necessità di arrivare in tempi ravvicinati alla creazione di uno Stato palestinese. Che riconosca Israele e sia al contempo riconosciuto da Israele”.

Tajani: le scelte unilaterali sulla Palestina non aiutano

Tajani ha messo in guardia da scelte unilaterali. “La risoluzione dell’Assemblea Generale sul riconoscimento della Palestina non aiuta a perseguire concretamente questo obiettivo”, spiega. “La soluzione, per essere efficace e sostenibile, non può che scaturire da un negoziato con Israele”. “Noi lavoriamo per la pace”, ha detto ancora il capo della nostra diplomazia. “I profughi palestinesi sono quelli che ci preoccupano maggiormente perché sono senza protezione di un loro Stato. Noi siamo favorevoli al riconoscimento dello Stato palestinese, però per esserci uno Stato, deve esserci un’autorità, deve esserci una unità nazionale. Perché adesso mi pare che nella striscia di Gaza, Hamas non riconosca l’Autorità nazionale palestinese. Perché se Hamas tratta con Israele e non fa trattare l’Autorità nazionale palestinese, vorrei capire qual è lo Stato palestinese, quello di Hamas o quello dell’Autorità nazionale palestinese”.

Sì alla ricostruzione dell’unità territoriale sotto l’Onu

L’Italia è favorevole alla ricostruzione dell’unità territoriale palestinese sotto guida delle Nazioni Unite, con una missione anche militare a guida dei Paesi arabi. “Tema – ha detto Tajani –  del quale si è discusso, anche con i Paesi arabi amici del popolo palestinese. E noi siamo pronti anche ad inviare militari che possano come l’Unifil essere parte di questa organizzazione delle Nazioni Unite. Per quanto riguarda i coloni, abbiamo approvato le sanzioni nei confronti di quelli violenti. Quindi da parte del governo italiano non c’è nessuna tolleranza nei loro confronti”.

Dal 7 ottobre non più armi a Israele

Tajani ha poi sottolineato che dal 7 di ottobre l’Italia non ha più autorizzato l’invio di armi a Israele. “Cosa che ha provocato anche una polemica forte nei miei confronti da parte del governo e sulla stampa israeliani. Le licenze autorizzate prima del 7 di ottobre sono state analizzate tutte caso per caso. In base alle caratteristiche dei materiali, sono stati inviati in Israele solo quelli che non possono essere utilizzati contro la popolazione civile, come pezzi di ricambio radio, perché formalmente sono ausili militari, ma non sono bombe antiuomo”. Israele – ha detto ancora – è una democrazia, con tutti i difetti che può avere. “Ci sono manifestazioni contro il governo e a favore, ma non è l’Italia che può dire a un governo straniero ‘dimettiti’, dobbiamo rispettarlo, non è una dittatura”.

Non si può pretendere che l’Italia risolva i problemi del mondo

E ancora, sull’attacco a Rafah. “Abbiamo sempre detto che eravamo contrari e abbiamo invitato il governo israeliano a non attaccare. Non si può accusare il governo italiano di non essere stato determinante. Se non sono ci sono riusciti gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, le Nazioni Unite, il Vaticano e il mondo intero, non si può pretendere che l’Italia sia il dominus che risolve i problemi del mondo”.

Nono pacchetto di aiuti a Kiev

Sul fronte russo-ucraino il ministro degli Esteri ha confermato l’impegno totale a favore di Kiev fornendo gli aiuti militari necessari. In questa direzione si inserisce il nono pacchetto di aiuti, che verrà illustrato dal ministro Crosetto nei prossimi giorni alla Camera.

La proposta di Putin non è la pace, ma la resa

“Durante l’incontro informale dei ministri degli Esteri dei Paesi membri della Nato a Praga ho ribadito con fermezza la nostra contrarietà all’uso delle armi fornite dal governo italiano per colpire obiettivi militari in territorio russo. Il sostegno all’Ucraina non significa essere in guerra con la Russia. Per questo ci opponiamo all’ipotesi di inviare soldati in Ucraina”. E ancora: “Quella del presidente Putin non è stata una proposta di pace, ma di resa. E come tale è inaccettabile. La pace è un’altra cosa. E per la vera pace noi continuiamo a lavorare”.

 

 

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